Slow Food e la Fao uniscono le forze in una “gastronomia della liberazione”

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La Fao e Slow Food uniscono le forze per aiutare i piccoli agricoltori dei Paesi più poveri attraverso la promozione di sistemi agricoli e alimentari più inclusivi a livello locale, nazionale e internazionale. È questo il senso dell’accordo di collaborazione firmato il 15 maggio dal direttore generale della Fao, José Graziano da Silva e dal presidente di Slow Food Carlo Petrini, che punta ad assicurare più cibo agli stessi produttori locali, le loro famiglie e la comunità intera, ma anche a produrre piccole eccedenze da immettere sul mercato a sostegno dell’economia del territorio. In particolare le azioni congiunte di Fao e Slow Food si concentreranno sulla creazione di campagne di sensibilizzazione, nel rafforzare e facilitare l'accesso ai mercati dei piccoli agricoltori attraverso organizzazioni di produttori e cooperative e nel promuovere iniziative mondiali come l'Anno Internazionale dell'Agricoltura Familiare in agenda nel 2014.

Dopo la firma del documento di collaborazione da Silva, ha sottolineato come “Slow Food e la Fao condividono la stessa 
visione di un mondo sostenibile, libero dalla fame e che tutela la biodiversità a beneficio delle 
generazioni future. L'accordo di oggi ci permetterà di mettere in campo una serie importante di 
iniziative congiunte e ci porta un passo più vicini al mondo che vogliamo”. Una unità di intenti fondamentale anche per Petrini che ha ricordato l’impegno si Slow Food “nella valorizzazione del patrimonio gastronomico tradizionale locale che portiamo 
avanti da anni in tanti Paesi, basato sulla difesa dell’agroalimentare autoctono e sul sostegno agli 
agricoltori e produttori di piccola scala”. In quest’ottica gli aiuti allo sviluppo rurale già promossi da Slow Food con la campagna 1.000 orti per l’Africa possono continuare a contribuire a livello mondiale “alla creazione di inventari di 
specie indigene sotto-utilizzate potenzialmente importanti per la sicurezza 
alimentare, offrendo, in questo modo, un valido supporto all'impegno della Fao per la rivalutazione e 
la promozione delle colture sottoutilizzate”. Un esempio? La valorizzazione di prodotti locali come la Quinoa coltivata nelle Ande, che, ha annunciato da Silva, “sarà promossa e introdotta in altri Paesi nel riconoscimento delle sue proprietà salutari per l’organismo umano, ma anche per la sua peculiarità di resistere alla siccità sei volte più del frumento. […] Un fatto non da poco in tempi di forti cambiamenti climatici e con la tendenza alla riduzione di risorse idriche nel mondo”.


La collaborazione porrà così l’accento sul valore dei cibi locali e delle varietà di cereali sotto-utilizzate promuovendone la salvaguardia e la valorizzazione della biodiversità alimentare contro ogni forma di omologazione, spesso pericolosa sia dal punto di vista economico che nutrizionale. “Uno dei problemi dei paesi più poveri, specialmente dell’Africa, è il colonialismo gastronomico - ha aggiunto Petrini -. Si concepisce infatti l’alta gastronomia solo in riferimento a Francia e Italia. Non esiste invece una gastronomia superiore all'altra e vanno aiutate quelle più sottovalutate perché così si aiutano anche le comunità locali. Continueremo quindi, in questa alleanza con la Fao, nel nostro lavoro di catalogazione e valorizzazione dei prodotti e ricette locali e vedrete che dai cuochi africani arriveranno belle sorprese nei prossimi decenni”. Ma in attesa di nuove eccellenza gastronomiche si comincia dalla produzione dove Slow Food attraverso lo sviluppo e la promozione di linee guida specifiche per le pratiche migliori può già aiutare i piccoli produttori a ottimizzare e accorciare la filiera alimentare, ottimizzando anche aspetti come la commercializzazione, l’etichettatura e il confezionamento dei prodotti, ma sempre con prezzi equi sia per i produttori che per i consumatori.

Slow Food e la Fao, del resto, hanno già collaborato insieme alla realizzazione del progetto di Promozione dei prodotti d'origine dell'Africa occidentale. Guinea Bissau, Mali, Senegal e Sierra Leone, nato per salvaguardare le tradizioni alimentari e la ricchissima biodiversità dell'Africa occidentale. Grazie alla collaborazione di produttori, cuochi, tecnici, ricercatori e di tutta la rete locale di Slow Food e Terra Madre, è stata realizzata una mappatura della biodiversità alimentare di questi quattro Paesi (catalogati ora in quattro libretti, uno per paese con le schede dei prodotti tradizionali e alcune ricette) e sono stati identificati e avviati quattro nuovi Presìdi: cola di Kenema della Sierra Leone, olio di palma selvatica della Guinea Bissau, pasta katta di Timbuctu e Gao del Mali e cuscus salato di miglio dell'isola di Fadiouth del Senegal.

Sulla base di quanto già fatto assieme da Slow Food e Fao il primo banco di prova di questo nuovo accordo avverrà con iniziative della Fao già in corso: come il progetto Hunger-Free Africa che vede la partecipazione dell'Unione 
Africana e del brasiliano Instituto Lula in Angola, Etiopia, Malawi e Niger con l’obiettivo di eradicare la fame dal continente africano. 
Un’altra area di possibile collaborazione è per la Fao il sostegno alle donne rurali attraverso il progetto Dimitra. Frutto della partecipazione della Commissione Europea e del Belgio si tratta di un progetto 
d'informazione e di comunicazione partecipativa, che aiuta a migliorare la visibilità delle popolazioni 
rurali e in particolare delle donne. Infine anche lo sviluppo del 
Partenariato Internazionale per l'Educazione delle Popolazioni Rurali (Education of Rural People) che mira a garantire l'istruzione e la 
formazione professionale per tutte le popolazioni rurali si agevolerà della collaborazione con Slow Food.

Di riflesso questa nuova sinergia nello sviluppo alimentare toccherà anche la riduzione degli sprechi alimentari, il miglioramento del benessere degli animali e il modo di relazionarsi con il cibo, temi di stretta attualità non solo nei Paesi impoveriti. L'accordo con la Fao arriva, infatti, in un ”momento storicamente importante per l'industria del cibo” ha concluso Petrini.

 “Abbiamo perso la nostra strada. Ci siamo rinchiusi dentro gli show come Masterchef e altri formati referenziali dimenticandoci che la gastronomia non ha niente a che fare con il cibo bello da vedere”. Che sia l’inizio di una “gastronomia della liberazione”?

Alessandro Graziadei

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