Sardegna: dall’aeroporto ai social, in guerra contro i “ladri di sabbia”

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Ciottoli, sassolini di ogni forma e dimensione, cumuli di sabbia bianca, rosa o dorata, suggestive conchiglie, il tutto raccolto in sacchetti e bottigliette e riposto in valigia da turisti più o meno consapevoli, che vogliono a tutti i costi portarsi a casa un pezzo di Sardegna. E’ il desolante spettacolo a cui ogni giorno, soprattutto d’estate, gli addetti ai controlli dell’aeroporto di Elmas (Cagliari) si trovano ad assistere durante l’ispezione dei bagagli. Attività vietata dalla legge perché dannosissima per il delicato ecosistema delle spiagge e dell’ambiente, il furto della sabbia difficilmente sfugge ai raggi x dei loro scanner. “E’ da 15 anni che segnaliamo questo problema, cercando di coinvolgere le istituzioni, l’assessorato all’ambiente, la Regione, ma niente, non sembra essere una loro priorità” racconta a Unimondo un dipendente aeroportuale che, stanco di tutta questa inerzia, ha deciso insieme ai suoi colleghi di aprire una pagina Facebook intitolata proprio “Sardegna rubata e depredata”, che in poche settimane di vita ha già raggiunto oltre 9.000 “like”. Lo scopo: denunciare questi “furti di sabbia” e risvegliare la coscienza e l’attivismo dei cittadini attraverso l’informazione e la pubblicazione di foto, consigli e testimonianze.

In Sardegna, le spiagge più depredate, sono da sempre quella di Is Arutas, nella penisola del Sinis in provincia di Oristano, con i suoi incantevoli quarzi levigati a forma di chicchi di riso, le calette del Golfo di Orosei, la sabbia di Cala Goloritzé, Cala Mariolu e molte altre. Il fenomeno riguarda tutti, i turisti certo, ma anche gli stessi sardi, residenti e non. Sembra che nessuno, infatti, riesca a resistere alla tentazione del souvenir, che in alcuni casi assume proporzioni scandalose. “Ogni giorno ce n’è una nuova – racconta ancora l’amministratore della pagina, che per il momento preferisce rimanere anonimo – ieri ad esempio, abbiamo trovato nel bagaglio di una turista ben quattro bottiglie da un litro e mezzo di sabbia, presa da Chia, da Costa Rei e da Villasimius”. Eclatante anche il caso di un uomo che nel bagaglio da stiva aveva nascosto un enorme masso di granito, dalla forma perfettamente sferica, preso sempre a Villasimius e che pesava ben 45 kg. Tra le giustificazioni più gettonate: “L’ho presa per ricordo; per farla vedere agli amici; per riempire i posacenere; per decorare il giardino o l’acquario”. L’operatore dell’aeroporto definisce queste risposte “agghiaccianti, proprio perché sembra non si rendano conto del danno che compiono, e la maggior parte delle volte è davvero così”.

In aeroporto, infatti, queste persone in genere se la cavano con una brutta figura, e col sequestro della “refurtiva” da parte degli addetti alla sicurezza. “Che poi sequestro è un parolone, perché in realtà non ci compete” spiegano. Perciò, per evitare che i turisti si portino via la sabbia, insieme alla polizia di frontiera che li supervisiona hanno trovato una sorta di escamotage: una bottiglietta piena di sabbia o un sacchetto pieno di ciottoli o di conchiglie – spesso catalogati con tanto di provenienza – può essere benissimo considerato un oggetto contundente e quindi non viene ammesso a bordo. Cosa farne poi di tutti quegli scatoloni sequestrati? “Visto che tutti facevano spallucce, ad un certo punto noi dipendenti abbiamo deciso di armarci di buona volontà: sono ormai tanti anni che, chi può, carica la macchina e alla prima occasione riporta la sabbia da dove è stata presa. E’ un lavoro totalmente volontario, con mezzi nostri, a nostre spese. Ma è anche un piacere, perché ormai è diventata la nostra causa” continua.

E le multe? “Purtroppo si tratta di un reato solamente se il turista viene colto sul fatto dalla Forestale o dalla Polizia: l’articolo è il 1162 del Codice della Navigazione, che prevede una sanzione da 1.549 a 9.296 euro”. Certo, casi di persone beccate in flagranza e punite ce ne sono stati, ma gli operatori di Elmas sanno bene che non ci può essere vigilanza 24 ore su 24 in ogni singola spiaggia. Molto, secondo loro, potrebbero invece fare le istituzioni a livello di prevenzione, se solo si prendessero veramente a cuore il problema: “Alle Maldive, alle Seychelles, in Messico, in Australia, appena atterri ti danno l’opuscolo scritto in tutte le lingue con le informazioni che riguardano la tua permanenza in quel luogo, compresi i divieti di prelievo di sabbia, conchiglie, piante, semi. Ti spiegano anche a cosa vai incontro se ti permetti di fare una cosa del genere. Ecco, per noi con questo tipo di informazione il fenomeno diminuirebbe del 90%”.

Anche perché il problema è serio. Se molti turisti si difendono dicendo: “è solo una bottiglietta”, 3 milioni di turisti all’anno diventano 3 milioni di bottigliette, ovvero tonnellate di sabbia. Chi non conosce il triste destino della splendida spiaggia rosa di Budelli, a nord nell’arcipelago di La Maddalena, la cui sabbia si poteva trovare anche in vendita su Ebay? Negli anni passati, i viaggiatori avevano fatto così tanta razzia di sabbia che la spiaggia era quasi sparita. Le più belle, poi, sono in genere spiagge che si sono formate milioni di anni fa. Pensiamo all’altra spiaggia depredata per eccellenza, la bellissima Is Arutas. Si tratta di una delle rarissime spiagge fossili presenti in Sardegna (al mondo sono una cinquantina in tutto), la cui sabbia di quarzo risale al periodo Precambriano e si dice abbia avuto origine dalla roccia granitica dell’isola di Mal di Ventre, a tre miglia dalla costa. Un ecosistema unico e delicatissimo, che non si è formato certo dall’oggi al domani e le cui spiagge sono continuamente a rischio a causa dell’erosione naturale ma anche e soprattutto delle cattive pratiche dell’uomo.

Se le istituzioni tentennano – esistono certo ricerche e progetti di singoli comuni, così come delle Università, ma poco divulgati – ecco che tramite i social sono i singoli cittadini sardi ad essere chiamati in prima persona alla salvaguardia delle loro spiagge, denunciando e attivandosi qualora notino qualsiasi comportamento scorretto. I commenti numerosi e l’entusiasmo sono incoraggianti, sperando non si limitino al solo attivismo da tastiera. C’è chi racconta di aver bloccato e redarguito turisti ignari, chi si è trovato addirittura a rischiare la rissa nel riprendere “ladri” e maleducati. Moltissime poi le lodi e gli incoraggiamenti agli operatori dell’aeroporto i quali sperano che la loro azione sia presa ad esempio anche da altri (lo scalo di Olbia, ad esempio, li avrebbe già contattati). “Siamo quasi in 10.000 ormai iscritti a questa pagina Facebook – scrivono gli amministratori in risposta a un’utente che proponeva la formazione di un’associazione di cittadini – superata tale soglia chiederemo un confronto con l'assessore regionale all'ambiente per capire che obiettivi si pongono per l'anno prossimo”. 

Anna Toro

Laureata in filosofia e giornalista professionista dal 2008, divide attualmente le sue attività giornalistiche tra Unimondo (con cui collabora dal 2012) e la redazione di Osservatorio Iraq, dove si occupa di Afghanistan, Golfo, musica e Med Generation. In passato ha lavorato per diverse testate locali nella sua Sardegna, occupandosi di cronaca, con una pausa di un anno a Londra dove ha conseguito un diploma postlaurea, sempre in giornalismo. Nel 2010 si trasferisce definitivamente a Roma, città che adora, pur col suo caos e le sue contraddizioni. Proprio dalla Capitale trae la maggior parte degli spunti per i suoi articoli su Unimondo, principalmente su tematiche sociali, ambientali e di genere. 

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