Lavoro e diritti in bilico: cosa c’è da sapere sul referendum

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Foto: Unsplash.com

Domani e lunedì 9 giugno gli elettori saranno chiamati a esprimersi su quattro quesiti referendari riguardanti il mondo del lavoro. Ora che l’esistenza dell’appuntamento referendario appare essere stato comunicato diffusamente, l’attenzione si concentra sul merito dei quesiti.  Per avere una maggiore chiarezza su questi referendum e ampliare la riflessione sul mondo del lavoro in Italia, Unimondo ha intervistato Luca Nogler, docente di diritto del lavoro dell’Università di Trento

Può spiegare brevemente quali sono i quesiti referendari oggetto del referendum?

Il primo quesito (scheda grigia) riguarda i licenziamenti ingiusti: con il “sì” si intende abrogare l’articolo che nel Jobs Act del 2015 ha limitato il diritto al reintegro per i lavoratori licenziati senza giusta causa. In poche parole, un lavoratore potrebbe essere reintegrato quando sussiste una sproporzione tra inadempimento dei propri obblighi e licenziamento.

Il secondo quesito (scheda rossa) riguarda le unità produttive con meno di 16 dipendenti che attualmente possono essere sanzionate per un licenziamento illegittimo con un indennizzo massimo molto contenuto. Il referendum vuole abrogare questa soglia, restituendo ai giudici la piena discrezionalità nella determinazione dell’indennità, anche per rafforzare il principio di equità tra lavoratori. Da notare, però, che il prossimo 23 giugno è stata fissata l’udienza della Corte Costituzionale per discutere proprio in relazione all’abrogazione di questa norma.

Il terzo quesito (scheda arancione) ha per oggetto le liberalizzazioni dei contratti a termine subordinati, senza alcuna giustificazione. La normativa attuale ha, infatti, creato maggiore precarietà lavorativa, proprio consentendo dopo l’ormai consueto periodo di stage, apprendistato, co.co.co. di un giovane lavoratore, di porre un limite temporale anche al lavoro subordinato e senza che questo sia giustificato, ad esempio, dalla stagionalità del lavoro in agricoltura.

Il quarto quesito (scheda verde) riguarda la responsabilità del committente nei casi di infortunio per lavori affidati in appalto o subappalto. Attualmente, le norme limitano questa responsabilità. L’obiettivo del referendum è rendere i committenti corresponsabili in caso di mancato rispetto delle norme di sicurezza da parte degli appaltatori e dunque obbligare anch’essi a rimborsi per i danni del lavoratore che subisce l’infortunio, inclusi i danni psicofisici.

Alcuni sostengono che questi quesiti referendari siano troppo “tecnici” per l’elettorato medio: è d’accordo?  

Ritengo che vada fatta attenzione ai termini. I referendum a cui i cittadini sono chiamati a partecipare sono referendum abrogativi, in tutto o in parte, di leggi attualmente in vigore. Il linguaggio quindi usato nella loro formulazione è di per sé tecnico, al pari di una norma, e ha ben poco a che fare con i messaggi più chiari e semplificati lanciati nelle arene politiche. Tuttavia la comunicazione utilizzata per meglio esplicitare i testi referendari è libera di adottare un linguaggio semplificato e più adatto al dialogo col cittadino.

Il referendum è valido solo se vota almeno il 50% + 1 degli aventi diritto. Dal 1974 al 1995, ad eccezione del referendum su caccia e pesticidi del 1990, il quorum è stato raggiunto in tutte le consultazioni referendarie. Questa tendenza si è invertita a partire dal referendum del 1997; da allora solo la consultazione del 2011 sulla gestione pubblica dell'acqua ha raggiunto il quorum, con un'affluenza del 54,8% degli aventi diritto.  Alla luce di questi dati, secondo lei il referendum è ancora uno strumento adatto a coinvolgere la popolazione in un esercizio di cittadinanza attiva?

Di certo lo strumento democratico andrebbe aggiornato eliminando del tutto il quorum e aumentando a qualche milione il numero dei cittadini richiedenti il referendum (attualmente 500mila). Tuttavia la riforma costituzionale è difficile che trovi spazio nelle agende governative poiché il referendum appare uno strumento che entra sempre nel radar delle opposizioni e osteggiata dai governi in carica.

Quali sono, secondo lei, le urgenze legislative più evidenti nel campo del lavoro? 

Bisognerebbe evitare il sostegno fiscale al lavoro autonomo, che costringe talvolta i lavoratori a intraprendere un falso lavoro autonomo (da dipendenti dell’azienda) rinunciando però a tutte le tutele in termini di contributi, di orario lavorativo, di ferie, etc. 

La precarietà appare quasi una condizione inevitabile nel lavoro moderno. In che direzione si sta muovendo il mercato del lavoro in Italia? 

Per capire dove stiamo andando dovremmo guardare alle condizioni socio-economiche attuali della Corea del Sud, con masse di pensionati poveri che non riescono ad avere i mezzi per vivere dignitosamente, tanto da costringere alcuni di loro a tentare di rintrodursi sul mercato di lavoro senza particolare successo (né forze). In Italia assisteremo ugualmente a un’ondata di futuri poveri andati in pensione col contributivo pieno, con assegni mensili troppo bassi per garantire un tenore di vita dignitoso. 

Oggi si registra un forte precariato del mondo del lavoro, soprattutto giovanile, a cui si nega la possibilità di una reale progettazione di vita. Il problema attuale non sta tanto nella disoccupazione ma nella sotto-occupazione che non consente di vivere decentemente o nella sotto-remunerazione rispetto ai costi della vita.

E come è possibile intervenire per far fronte a questi problemi?

Senz’altro attraverso una politica di sviluppo economico che però in Italia è in parte impedita dal declino demografico del Paese. Per questa ragione, oltre che invitare i concittadini a intervenire sulle questioni puntuali dei 4 referendum sul lavoro per dare migliori garanzie ai lavoratori, ritengo che il 5° referendum in materia di cittadinanza sia il più importante di tutti, per dare una chance al Paese e consentire a molti non-cittadini di partecipare attivamente alla vita sociale e di essere una “risorsa umana” per il Paese. 

Lei cosa si aspetta in termini di affluenza al referendum di domani e lunedì?

È molto difficile che si raggiunga il quorum ma in questi momenti occorre solo prendere posizione e agire. I conti saranno fatti dopo le ore 15 del 9 giugno.

 

Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.

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