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Lava via lo sporco, ma non le microplastiche!
Popoli minacciati
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Foto: Unsplash.com
Di microplastiche siamo consapevoli, invasi, vestiti. Lo sappiamo, Unimondo ne ha parlato spesso e sempre più marchi di abbigliamento fanno attenzione a questo aspetto impegnandosi per l’utilizzo di fibre meno inquinanti, anche se spesso più in termini di marketing che di pratica concreta. Eppure quella delle microplastiche è una delle problematiche ambientali più infide per il Pianeta, che non risparmia nessuno… dalle acque alle terre al cibo alla nostra salute. Non è solo quindi un problema rispetto a ciò che “si vede”, ovvero il materiale di imballaggio più diffuso per beni di consumo, sparso come un veleno in tutto il mondo. Ancor più grave è il problema sommerso, quello che sfugge alla nostra vista ma, se possibile, è molto più pervasivo e pericoloso: le materie plastiche create dall’uomo si sono praticamente impossessate dell’intero Pianeta minacciando la vita di tutti gli esseri viventi che lo abitano, noi compresi.
Tra le insidie meno evidenti, ma più consistenti, è sicuramente da annoverare quella costituita dai vestiti. La maggior parte degli abiti che indossiamo è costituita da fibre sintetiche ed è purtroppo un dato di fatto. Queste rilasciano durante il lavaggio piccolissime particelle di plastica che, non essendo le nostre lavatrici dotate di un filtro che le trattenga, scivolano via senza alcun ostacolo nel loro viaggio tutto in discesa verso il mare (ben sintetizzato in questa immagine), e da un problema casalingo in poco tempo la tragedia si fa globale.
E’ tutto perduto? Diciamo così: non possiamo prendercela comoda, ma possiamo ancora fare qualcosa. Comprare capi in tessuti naturali per esempio, come la canapa, il bambù, la lana, la fibra di faggio e lì dove questo non è possibile, provare ad arginare il danno, facendo in modo che i lavaggi frequenti e necessari a cui sottoponiamo i nostri vestiti abbiano per lo meno le minori conseguenze possibili in termini di impatto ambientale.
Una delle possibilità per ridurre la dispersione di microplastiche è quella di utilizzare sacchetti appositi, che le catturano prima che superino il filtro (come abbiamo detto inefficace) della lavatrice. Un sistema che, com’è ovvio, non ambisce a risolvere in assoluto il problema, ma che può rappresentare una scelta di responsabilità rispetto alla propria impronta ecologica e che, d’altro canto, permette ai capi di durare più a lungo proteggendoli durante il lavaggio.
Realizzati in materiali che beneficiano di elevate tecnologie di progettazione e produzione, i sacchetti di cui parliamo non rilasciano microfibre e catturano quelle dei capi che lì vengono riposti durante il lavaggio. Ultimato il ciclo in lavatrice, i capi vengono stesi e i residui di microplastiche raccolti dentro il sacchetto possono essere gettati nel rifiuto indifferenziato.
Un esempio interessante è Guppyfriend, prodotto supportato dalla ricerca indipendente e nato dall’idea di un gruppo di surfisti e amanti della natura berlinesi, Langbrett, che ha fondato l’organizzazione no profit STOP! Micro Waste. Il sacchetto è realizzato al 100% in poliamide 6.6, un materiale che viene impiegato anche in ambito sanitario, candidato a sostituire i metalli: ottenuto da monofilamenti che assomigliano più a dei bastoncini che a dei veri e propri fili, non rilascia a sua volta microfibre di plastica. E’ dunque un oggetto ecologico che, grazie anche alla sua superficie molto liscia, protegge l’ambiente dalle microplastiche e il bucato dai movimenti meccanici della lavatrice, prevenendo abrasioni e rotture dei tessuti.
Di certo non rappresenta la soluzione del secolo che possa avere un impatto globale e immediato, ma sappiamo benissimo che i cambiamenti più rilevanti arrivano dal basso, dalle piccole scelte che ognuno di noi decide di accogliere a partire dalla propria casa, dal proprio modo di stare al mondo nel quotidiano. Forse questo sacchetto non è nella vostra top list dei desiderata, ma potrebbe essere una buona idea per un regalo da fare… e da ricevere!
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.