Il potere della musica tra le macerie

Stampa

Le macerie tutt'intorno, e al centro della scena, in contrasto e allo stesso tempo in armonia con lo scenario alle sue spalle, un ragazzo che suona un vecchio pianoforte verticale; il suo sguardo di dolente malinconia, rivolto verso un punto indefinito davanti a sé, restituisce a chi osserva una sensazione di straniamento, come se la musica e la distruzione si fondessero, rincorrendosi in un gioco di sospensioni in cui lo scorrere dell'una è indissolubilmente legato all'altra.

Il ragazzo ritratto nella foto è Aeham Ahmad, trentenne palestinese noto da anni come "il pianista di Yarmouk". L'autore dello scatto, Niraz Saied, è riuscito a portare l'osservatore nell'immane tragedia che ogni guerra porta con sé, ma anche a dimostrare come la forza della bellezza e delle arti sia sempre la migliore forma di resilienza: sì perché Aeham in quel 2014 era ancora a Yarmouk, Siria, 8 km dal centro di Damasco, sede di un grande campo profughi in cui nel 2011 - allo scoppio della rivolta siriana contro il regime di Bashar al-Asad - risiedevano più di 150mila persone, nella maggioranza palestinesi.

Dall'inizio dell'assedio di Yarmouk, Aeham il suo pianoforte lo portava ogni giorno per strada a bordo di un carretto, in modo da poter suonare per tutti e che tutti, ascoltandolo e cantando, potessero avere nella musica una forma di sollievo dai terribili patimenti subiti: la fame, la sete, la violenza, l'isolamento. La sua storia, nota già da tempo, è ora diventata un libro: "Il pianista di Yarmouk" (La Nave di Teseo), in cui l'autore, raccontando la sua storia, dà modo di riflettere sulla situazione di Yarmouk in particolare e sulla vicenda siriana in generale, su quanto poca sia stata l'empatia per un popolo in rivolta schiacciato dal tacco del regime di Asad.

UN PIANISTA TRA LE MACERIE: LA STORIA - Nato a Damasco nel 1988, Aeham Ahmad viene introdotto alla musica da suo padre, violinista non vedente, che gli insegna i primi rudimenti dello strumento su un vecchio pianoforte russo e che all'età di 5 anni lo iscrive al conservatoriodi Homs. Aeham e la sua famiglia vivono a Yarmouk, parte meridionale della capitale Damasco, dal 1957 sede di un grande campo profughi allestito per dare un rifugio alle migliaia di palestinesi in fugadal conflitto israelo-palestinese; il tragitto da Yarmouk a Homs è di un'ora e mezza ad andare e un'ora e mezza a tornare, e Aeham lo percorre accompagnato da suo padre.

Col tempo e con i suoi studi riesce a fare della musica il suo lavoro: prima lavora in una liuteria, poi grazie al sostegno di suo padre riesce ad aprire una sua attività, un negozio di strumenti che gli permette di vivere della sua passione. Come Aeham ha raccontato ad Ansa Medla sua vita a Yarmouk, per quanto in un insediamento così grande e dispersivo, procedeva abbastanza serenamente; con tempo e pazienza infatti lui e la sua famiglia erano riusciti a crearsi anche un certo benessere, immersi nella vivace comunità del campo profughi, dove oltre ai palestinesi (comunque la stragrande maggioranza) c'erano anche iracheni e siriani.

Tutto cambia con lo scoppio della rivolta siriana nel marzo del 2011. Il regime di Bashar al Asad pone un durissimo assedio su Yarmouk nel luglio del 2013, bombardando a ripetizione e di fatto isolandola: comincia a mancare l'acqua, il cibo, i medicinali. In questa situazione di gravissima difficoltà, Aeham decide di portare la sua musica letteralmente in giro per il campo, mettendo il suo piano su un carretto e spostandosi di volta in volta a suonare tra le macerie. L'arrivo dell'Isis, ad aprile del 2015, peggiora ulteriormente la situazione: gli uomini del sedicente califfato prendono il controllo della quasi totalità di Yarmouk, imponendo alla popolazione rigide regole di comportamento secondo la loro versione di osservanza alle leggi dell'Islam. Tra i tanti divieti, quello di ascoltare - e tantomeno suonare - musica; e così un giorno un miliziano Isis dà fuoco al piano di Aeham.

A quel punto Aeham capisce che, assieme alla sua famiglia, deve andar via da Yarmouk. Grazie all'aiuto di un giornalista riesce a venire a contatto con i tanti trafficanti di uomini che organizzano i veri e propri viaggi della speranza verso l'Europa, e riesce così ad arrivare prima in Turchia e poi, nel settembre del 2015, a Wiesbaden, in Germania, sfruttando anche il picco della politica di apertura ai migranti decisa dal governo Merkel. Lì ha potuto tornare a suonare il piano, riuscendo a farne di nuovo lo strumento del suo lavoro: con più di 200 concerti all'attivo, Aeham Ahmed oggi si sposta di città in città portando il suo piano e la sua musica in giro per la Germania, e a maggio del 2016, avendo ottenuto l'asilo, ha potuto farsi raggiungere da sua moglie e i suoi bambini.

YARMOUK, EMBLEMA DELLA CATASTROFE SIRIANA - Yarmouk era sede di un grande campo profughi, allestito nel 1957, come ricordato sopra, per dare accoglienza alle migliaia di palestinesi in fuga dalle terre occupate da Israele. Col tempo, tuttavia, la sua natura è parzialmente cambiata: il campo è via via diventato un vero e proprio quartiere della parte meridionale di Damasco, quartiere dove vivevano sì un gran numero di palestinesi, ma in cui erano presenti anche siriani e profughi iracheni. La natura del campo di Yarmouk e la varietà dei suoi abitanti diede la possibilità di creare una realtà radicata anche dal punto di vista economico, con la nascita di attività economiche e di un relativo benessere, quello descritto anche da Aeham Ahmed nell'esperienza della sua famiglia. 

Con lo scoppio della rivolta siriana questo faticoso equilibrio si rompe, anche a causa del quadro di alleanze e contro-alleanze che si viene a formare nell'ambito dei rapporti con il regime di Bashar al Asad. Infatti quando il variegato fronte dei ribelliriesce ad entrare a Yarmouk nel dicembre del 2012, in seguito al bombardamento della moschea Abd Qader Husaini - bombardamento di mano governativa -, Assad pianifica l'assedio totale di Yarmouk, che diventerà realtà nel luglio del 2013. E' qui che il regime tenta di fare breccia nei palestinesi, in parte riuscendovi: oltre al supporto degli alleati russi ed iraniani, infatti, accanto alle truppe governative figurano alcune milizie palestinesiche hanno deciso la strada lealista, Liwa Quds e Palestinian Liberation Army per dirne due fra le più importanti.

L'assedio di Yarmouk determina una catastrofe umanitaria. La mancanza di cibo, acqua, medicinali, i bombardamenti a tappeto e spesso mirati alle infrastrutture civili, uniti all'isolamentodovuto alla chiusura di pressoché ogni collegamento con l'esterno, costringe migliaia di persone a lasciare le proprie abitazioni, facendo scendere giorno dopo giorno il numero di unità presenti nel campo: si è scesi dai 150mila all'inizio della rivolta, ai circa 30mila dall'inizio dell'assedio (oggi si parla di un migliaio, forse anche meno). Un anno dopo l'inizio dell'assedio, nel 2014, la situazione di Yarmouk raggiunge quello che sembrava essere il suo picco più atroce, con il taglio totale dell'acqua sancito dal regime e centinaia di morti per fame e indigenza. L'UNRWA, agenzia Onu che si occupa dei rifugiati palestinesi, riuscirà a portare una flebile e temporanea assistenza alla popolazione solo sotto le insegne di un accordo con il regime- come testimoniato al tempo dal blog "Tutto in 30 secondi" di Lorenzo Declich.

In tutto questo, alle milizie dell'Esercito Siriano Libero, a quelle più radicali e di ispirazione salafita e alle truppe governative con i suoi alleati si aggiunge, nell'aprile del 2015, un altro attore: l'Isis, che riesce a penetrare in Yarmouk e ad assumerne il controllo quasi totale. La lotta fra le opposizioni e il regime si accompagna a quella fra Isis e Jabhat Fateh al Sham, già Al Nusra, formazione radicale formalmente distaccatasi da al Qaeda nel luglio del 2016.

L'ULTERIORE RECRUDESCENZA: ULTIMI SVILUPPI - La gravissima crisi umanitaria di Yarmouk ha subito l'ennesima escalation il 19 aprile scorso, quando, in seguito alla scadenza dell'ultimatum di 48 ore concesso dal regime all'Isis per lasciare le aree sotto il suo controllo, Assad e l'alleato russo hanno lanciato un'intensa campagna di bombardamenti che non ha risparmiato le poche strutture sanitarie rimaste. L'offensiva ha inizialmente determinato l'evacuazione di migliaia di civiliverso i vicini distretti di Yalda, Babila e Beit Sahm, controllati dall'opposizione. A inizio maggio, però, con l'avanzata ulteriore delle forze governative, le forze di opposizione hanno capitolato e accettato l'evacuazione finale - nei termini stipulati dalla Russia, primo alleato di Assad - verso Idlib, nord ovest del Paese, ormai una delle ultime ridotte di resistenza anti Assad. Il quale ha dichiarato trionfante che anche l'area a sud di Damasco, cioè al ajar al aswad e, appunto, l'ex campo profughi di Yarmouk, "libera" dall'Isis e dai ribelli.

Una pratica, questa delle "evacuazioni" forzate, che, del resto come i ripetuti attacchi chimici, abbiamo tristemente imparato a conoscere in più occasioni; in fin dei conti altro non sono che deportazioni, a bordo dei famigerati bus verdi che allontanano, probabilmente per sempre, le persone dalle proprie case. Così come le "evacuazioni" e il progetto nemmeno più così velato di ricomposizione demografica della Siria in chiave confessionale, per il regime di Assad e i suoi alleati anche quella degli assedi è diventata una strategia politica a tutti gli effetti; e Yarmouk queste strategie le ha sperimentate tutte sulla propria pelle.

Michele Focaroli

Classe 1988, Roma, nato, cresciuto e allevato in mezzo ai giornali, che - insieme al caffè - a casa non sono mancati mai, nemmeno per un giorno. Ho studiato Relazioni Internazionali, unendo così la passione per lo studio a quello per la scrittura, che pratico con continuità da qualche anno. Da tempo mi occupo prevalentemente di Medio Oriente, cercando di far emergere, oltre al quadro geopolitico, il contesto sociale e le istanze delle popolazioni locali. Essenziale, in questo senso, è stato l'anno di Servizio Civile in FOCSIV, che mi ha insegnato a coniugare la professionalità con la passione, e a non perdere mai d'occhio la centralità delle persone. Mi piace approfondire, problematizzare, mettermi alla prova; cerco di ascoltare e di capire prima di parlare e di scrivere. Appena posso mi piace viaggiare, e, più di tutto, amo la musica, che riempie la mia testa e le mie mani ogni giorno: la ascolto, provo a scriverla, poi con la chitarra cerco di darle una forma.

Ultime su questo tema

Basta guerra fredda!

30 Agosto 2025
Il recente vertice di Anchorage ha aperto spiragli per un futuro meno segnato da conflitti e contrapposizioni. (Alex Zanotelli e Laura Tussi)

Il lavoro delle Ong nel Mediterraneo, tra minacce e ostruzionismo

29 Agosto 2025
Dopo l’attacco alla Ocean Viking, abbiamo intervistato Sara, Protection officer a bordo della nave Humanity 1. (Maddalena D´Aquilio

Global Sumud Flotilla: resistere per esistere

29 Agosto 2025
Dal Mediterraneo a Gaza: la più grande flottiglia civile mai organizzata per denunciare il genocidio e portare solidarietà al popolo palestinese. (Articolo 21)

Un No al Ponte con ventiquattromila baci

27 Agosto 2025
Prima di sapere se il Ponte crollerà o non crollerà, per la gente del posto sarebbe prioritario comprendere se riuscirà ancora a vivere e a respirare. (Jacobin Italia)

Giornaliste a Gaza

26 Agosto 2025
Le donne giornaliste di Gaza: “Continuano il loro lavoro nonostante siano bersagli di attacchi israeliani, di carestia e di violenza”. (Monica Pelliccia)

Video

Rapporto di Msf: almeno 6700 Rohingya uccisi nel Myanmar in un mese