www.unimondo.org/Guide/Diritti-umani/Popoli-minacciati/I-berberi-nel-loro-nome-sta-il-desiderio-di-liberta-220771
I berberi: nel loro nome sta il desiderio di libertà
Popoli minacciati
Stampa

Foto: Unsplash.com
L’anno é il 2967 e il capodanno berbero (“yennayer”, nella loro lingua) cade il nostro 12 gennaio.
É stato riconosciuto come festa nazionale algerina, per la prima volta, nel 2018 ed é stato uno dei punti di svolta di una decennale battaglia per ribadire con forza la propria identità etnica e culturale.
Un territorio, una bandiera, una lingua, un alfabeto, un calendario: é entro questi punti identitari che si racchiude il presente, e il futuro dei Berberi, in generale, e dei Cabili, in particolare.
Si chiamano “Imazighen”, che significa "uomini liberi" nella loro lingua “Tamazight”. La loro presenza precede, e di molto, l'arabizzazione e l'islamizzazione.
Dal Marocco all'Egitto sono i più antichi abitanti del Nord Africa e cercano di difendere la loro identità all'interno del mondo arabo.
La Cabilia è una regione antica situata nel nord dell'Algeria, ad est di Algeri, che prende il nome dai Cabili, una popolazione di cultura e tradizioni berbere.
Tante volte ho percorso, nella decade degli anni ’80 e a bordo di una Fiat Tipo rossa, quelle strade saliscendi che dall’aeroporto Houari Boumedienne di Algeri portano a questa terra di montagna densamente popolata, circondata da pianure a ovest e ad est, a nord dal Mediterraneo (la Picccola Cabilia), e a sud dall’altopiano della Djurdjura (la Grande Cabilia).
Attraversando boschi dalla similitudine alpina, nella parte alta, e macchia mediterranea, nella parte bassa, ci si ritrova spesso in piccoli villaggi ordinati e puliti, abitazioni con i tetti spioventi e i muri di pietra dipinti con composizioni dai colori vivaci, cosi’come i fiori che ovunque sembrano danzare sui davanzali, sospinti dal vento. Colori vivaci come gli abiti delle donne di questi borghi dove un semi- silenzio pudico, tipico degli abitanti di montagna, é spesso accompagnato dai sospiri incantati dalla meraviglia da grande bellezza, del paesaggio e dalle storie vissute, che si nascondono nelle leggende e nei racconti, che parlano di animali e fontane incantate, incantesimi misteriosi e improvvise metamorfosi, anelli magici e principesse d'Oriente.
Le favole, gli avvenimenti, si sono susseguiti sulle labbra di cantastorie che, analfabeti, le nascondevano nella propria memoria, dopo averli raccolti dai genitori o da antenati. E ancora proseguono.
Tutta la cultura berbera è stata sempre soprattutto orale, e la loro letteratura è consistita principalmente in creazioni popolari non scritte. Però fin dall’antichità sono stati intrapresi diversi tentativi di codificare la lingua, anche se sull’origine di questo alfabeto si conosce ben poco. L’ipotesi più accreditata, sembra essere quella che stabilisce la sua derivazione dall’alfabeto libico interamente formato da consonanti.
Una semplicità meno ingenua, ma identica dignità e spirito identitario, ho sempre colto nei cittadini che abitano agglomerati più popolosi come Tizi Ouzou, il capoluogo, Boumerdes, Bejaia o Jijel.
Le stesse peculiarità caratteriali ed il senso di appartenenza che ho trovato nei berberi che numerosi ho conosciuto in tutte le città algerine, dove sono, ancor oggi, la spina dorsale dei commerci e della ristorazione, ma sempre tenuti a distanza dalla gestione della cosa pubblica dalla componente araba della polazione algerina.
Questo benché ci siano state nel tempo persone come Hocine Aït Ahmed, berbero della Cabilia, che ha combattuto tutta la sua vita (é morto nel 2015) affinché anche i Berberi potessero entrare in un sistema politico pluripartitico, nella stanza dei bottoni, portando avanti le loro istanze di autonomia e di federalismo.
Fisicamente inconfondibili con il loro naso aquilino, é soprattutto l’abilità artigianale nel comporre gioielli in argento che si é trasformata in uno dei loro marchi di fabbrica.
“La storia del gioiello berbero risale fino alla preistoria. Bellezza, forme e simboli sono il risultato dei contatti molteplici, e di fusione artistica, tra i Berberi e le altre culture che nello scorrere dei secoli hanno avuto relazioni fra loro. Ne sono scaturite una gran varietà di tecniche e lavorazioni: la granulazione e i disegni cesellati d’impronta romana, frontoni triangolari che riportano ai Greci, smalti bizantini, anelli e pendenti di stampo arabo, filigrane provenienti dall’arte moresca ed ebraica (loscrignoberbero.it)”.
La Cabilia é la regione più densamente popolata dai Berberi ma questa popolazione autoctona é presente in diversi paesi del Maghreb e nel Sahara.
Un popolo di 30/35 milioni di persone diviso tra nove Paesi: Algeria, Marocco, Mauritania, Mali, Niger, Burkina Faso, Tunisia, Libia e Egitto; e con una diaspora di oltre 2 milioni di individui sparsi in Europa, Stati Uniti e Canada.
È in Marocco e in Algeria che si trovano le comunità berbere più consistenti, quasi 30 milioni fra i due Paesi, in Algeria ben un quarto dell’intera popolazione.
Anche se sono riusciti ad aver garantiti più diritti nel corso degli anni, soprattutto in Marocco e Algeria, i Berberi continuano a chiedere un maggiore riconoscimento della loro identità e più coinvolgimento in campo politico e amministrativo.
Ed é proprio in questi due Paesi dove le rivendicazioni si sono maggiormente fatte pressanti nel corso degli anni, mentre altrove i processi di arabizzazione hanno quasi totalmente oscurato o annientato questa cultura, anche se, dopo le primavre arabe del 2011 vi sono stati dei risvegli di ricerca della propria identità in Tunisia e Libia, senza peraltro rimarchevoli risultati.
Qualche anno fa Nigrizia.it riportava un lungo articolo in cui tra l’altro si legge che “... in Marocco la presenza berbera è maggioritaria in alcune regioni, come in quella settentrionale del Rif, e il movimento combatte da anni una battaglia per consolidare i propri diritti. I tentativi di darsi una rappresentanza politica sono stati puntualmente stroncati sul nascere, mentre una certa libertà è stata concessa sul piano culturale. Il regime ha utilizzato la politica del bastone e della carota per scoraggiare ogni tentativo di associazionismo indipendente”.
Comunque la nuova Costituzione, approvata con un referendum il 1° luglio 2011, ha riconosciuto il “tamazight” come seconda lingua ufficiale accanto all’arabo.
Ma é particolarmente in Algeria dove i movimenti berberi, soprattutto quelli della Cabilia, sono tradizionalmente all’avanguardia nella protesta ormai da decenni.
La “Primavera berbera” del 1980 ha portato sulla scena pubblica un problema culturale e politico fino ad allora largamente ignorato. L’esplosione della protesta del 1980 non é stato un fulmine a ciel sereno, bensi’ il risultato di un lungo processo di maturazione. Il divieto, il 10 marzo 1980, di una conferenza di Mouloud Mammeri, scrittore, antropologo e linguista, specializzato in lingua e cultura berbera, sulla poesia antica della Cabilia, é stata la miccia che ha dato fuoco alle polveri.
La repressione é stata feroce ma politicamente, la “primavera berbera” è stato il primo movimento popolare spontaneo che ha aperto una breccia nel muro costruito dal regime algerino.
La “primavera berbera” ha rotto gli schemi e il tabù linguistico e antropologico interrogandosi sul pericolo di un’intensa arabizzazione dell'amministrazione, a danno dei berberi. Sono stati gli anni della nascita del Movimento culturale berbero e della Lega algerina per la difesa dei diritti umani.
“In Cabilia, la primavera Amazigh del 1980 ha aperto un ciclo di rivolte represse duramente, che si è concluso, ogni volta, senza risultati sostanziali...La popolazione è stanca, ma questo Paese rimane un vulcano non spento”, ha scritto a suo tempo Salem Chaker, accademico algerino , specialista in linguistica berbera.
E’ stato buon profeta e da allora due visioni si sono scontrate: il centralismo arabizzante di Algeri contro il federalismo sostenuto dal leader del Fonte delle forze socialiste (FFS), Hocine Aït Ahmed. Il Movimento per l'autonomia della Cabilia (MAK) ha deciso di andare oltre chiedendo l'indipendenza, che comunque partiti come il Raduno per la cultura e la democrazia (RCD) e il FFS hanno sempre rifiutato, preferendo un confronto con il potere centrale nel solco di una aspirazione democratica e non rivoluzionaria.
Solo negli anni '90 lo Stato ha mostrato una certa apertura all'identità e alle rivendicazioni linguistiche di questa popolazione. L'insegnamento del “Tamazight” è stato quindi introdotto nelle scuole nel 1995 in alcune regioni del paese in cui il berbero è la lingua madre. Nel 2002, dopo altre sanguinose rivolte in Cabilia che hanno causato 126 morti, é stata riconosciuta come la seconda "lingua nazionale" per decisione del presidente Abdelaziz Bouteflika. Sei anni prima, nel 1996, l’”Amazigh” era stato riconosciuto nella nuova Costituzione come componente dell'identità nazionale accanto all'arabismo e all'Islam. Ma solo 20 anni dopo, nel 2016 é stata inserita nella Costituzione come lingua ufficiale dell’Algeria accanto all’arabo.
Un lungo cammino non ancora terminato nel nome di una bandiera dai colori blu, verde e giallo. Blu come le acque del Mediterraneo.Verde come le foreste delle montagne. Giallo come la sabbia del Sahara. Fra questi colori in evidenza la lettera Z, dal colore rosso, che simboleggia tutti coloro che sono caduti lottando per il riconoscimento della lingua e della cultura berbera.
Ferruccio Bellicini

Pensionato, da una quarantina d’anni vivo nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo: Algeria, prima, Tunisia, ora. Dirigente di una multinazionale del settore farmaceutico, ho avuto la responsabilità rappresentativa/commerciale dei Paesi dell’area sud del Mediterraneo, dal Libano al Marocco e dell’Africa subsahariana francofona. Sono stato per oltre 15 anni, alternativamente, Vice-Presidente e Segretario Generale della Camera di commercio e industria tuniso-italiana (CTICI). Inoltre ho co-fondato, ricoprendo la funzione di Segretario Generale, la Camera di commercio per lo sviluppo delle relazioni euro-magrebine (CDREM). Attivo nel sociale ho fatto parte del Comitato degli Italiani all’estero (COMITES) di Algeri e Tunisi. Padre di Omar, giornalista, co-autore con Luigi Zoja del saggio “Nella mente di un terrorista (Einaudi 2017).