Dossier/ Fame e Covid-19

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Foto: Leroy Skalstad da Pixabay

Un anno di pandemia ha riportato indietro di decenni gli sforzi globali per la fine della fame e della povertà, allontanando così gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. Il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (WFP) ad aprile 2021 stima infatti che più di 270milioni di persone siano a rischio fame. Il doppio della cifra pre-pandemia.

In questo dossier riportiamo alcuni dati forniti da organizzazioni internazionali, un sondaggio che ha coinvolto migliaia di famiglie in difficoltà, un appello che coinvolge 200 realtà di tutto il mondo e  alcuni spunti di riflessione su quanto inquina il cibo che produciamo. Una riflessione fondamentale per poter arrivare al traguardo dell’Agenda 2030, che punta a ripensare il nostro modo di produrre cibo in ottica sostenibile per salvare, oltre alle vite umane, anche il Pianeta.

*Sondaggio di Welthungerhilfe:

Dopo un anno di Covid, raddoppia la fame

A un anno dall’inizio della pandemia di Covid-19 possiamo stabilire che i timori sull’aumento della fame e della povertà sono stati confermati. Un anno di emergenza sanitaria ha riportato indietro di decenni gli sforzi globali per la fine della fame e della povertà. Il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite ad aprile 2021 stima che più di 270milioni di persone siano a rischio fame, ovvero il doppio del pre-pandemia.

La Banca Mondiale prevede che entro la fine del 2021, la pandemia farà cadere in povertà estrema tra i 111 e i 149milioni di persone in tutto il mondo. Ma anche prima della pandemia, il numero di persone che soffrivano di fame cronica era in aumento. Il numero dovrebbe ora sfiorare il miliardo. La pandemia ha spinto l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) ad adeguare le sue stime e ora prevede che entro il 2030 ci saranno tra gli 860 e i 909milioni di persone che soffrono la fame.

Secondo la Call for Action to Avert Famine del World Food Programme e della FAO nell’aprile 2021 già 174milioni di persone in 58 Paesi rischiano di morire di malnutrizione o mancanza di cibo. Più di 34milioni di persone sono sull’orlo della carestia e basta il minimo shock a spingerle nella carestia conclamata. Già 155mila persone vivono in condizioni di carestia o di probabile carestia in Yemen, Sud Sudan e Burkina Faso. A livello globale, inoltre, i prezzi medi degli alimenti sono ora i più alti degli ultimi sette anni.

I Paesi e i lavoratori più colpiti

Un sondaggio condotto dall’agenzia umanitaria tedesca Welthungerhilfe insieme a sette organizzazioni europee per lo sviluppo e gli aiuti di emergenza, conferma le tendenze globali e fa luce sui collegamenti tra la pandemia di coronavirus, povertà e fame. Il sondaggio ha coinvolto quasi 16.200 famiglie in 25 Paesi tra ottobre e novembre 2020. Da questa analisi emerge che sono nove i Paesi più colpiti, sei dei quali si trovano nella Regione dell’Africa Sub-Sahariana: Repubblica Democratica del Congo, Malawi, Kenya, Burundi, Liberia e Madagascar. In RDC e Malawi, più dell’80% delle famiglie intervistate sostiene di avere meno da mangiare rispetto a prima della pandemia. 

La fame è aumentata bruscamente anche in Ecuador, Afghanistan e Haiti. A seguito della pandemia i redditi sono diminuiti drasticamente: il 90% delle famiglie intervistate riferisce una riduzione del reddito, mentre più del 75% teme che i loro redditi continueranno ad essere influenzati negativamente in futuro. Questo calo del reddito è stato avvertito in modo più acuto da chi lavora nel settore informale. Ma anche gli agricoltori sono stati duramente colpiti dagli effetti della pandemia: il 72% ha subito una perdita di vendite a causa del confinamento. Il 75% di tutti gli intervistati, poi, ha riferito che le rimesse tramite i parenti all’estero sono diminuite o azzerate. Due terzi degli intervistati in tutti i settori sono stati costretti a contrarre debiti per attutire l’impatto delpandemia.

Uno studio pubblicato dall’International Food Policy L’istituto di ricerca (Ifpri) nel febbraio 2021 conclude che a livello globale non c’era carenza di cibo e che il sistema alimentare globale poteva essere in grado di assorbire gli shock causati dalla pandemia, in parte dovuti ai flussi commerciali globali. Perché quindi la fame aumenta? Nella sua definizione di sicurezza alimentare sostenibile, la Fao distingue tra “disponibilità” e “accesso”. Il cibo era generalmente disponibile durante la pandemia ma era l’accesso ad essere limitato, soprattutto per la popolazione delle aree urbane più povere e per coloro che vivono nelle zone rurali. Questa mancanza di accesso è dovuta alle conseguenze del pandemia, ovvero alle restrizioni alla circolazione (conseguenza di misure di blocco), alla perdita del lavoro nell’informale e nei settori formali che portano a una contrazione di reddito e in generale alla crisi economica.

Di Alice Pistolesi da Atlanteguerre.it

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