Cooperazione e sicurezza: quando il rischio non significa “rinuncia”

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E’ possibile eliminare il rischio per i cooperanti che si recano all’estero, in aiuto delle popolazioni locali in aree di crisi e di conflitto? La risposta è no, il rischio zero in questi casi non può esistere. E’ possibile e doveroso, però, fare di tutto per ridurre e gestire al meglio le situazioni di pericolo e di emergenza che questa professione inevitabilmente porta con sé. “Viviamo in contesti sempre più delicati e difficili ma alla complessità non si può rispondere con la rinuncia” ha ribadito il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni durante l’incontro organizzato mercoledì alla Farnesina e intitolato “La sicurezza è una cosa seria”. Promossa in collaborazione con le Reti di Ong AOI, CINI, LINK 2007 e con l’Unità di crisi e la Direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo, la giornata è stata infatti l’occasione per riflettere su questi temi, richiamando tutti gli attori coinvolti a una sempre maggiore sinergia, insieme a “una più generalizzata presa di coscienza, un approccio più attento e prudente che nel passato e una migliore conoscenza delle misure da adottare”.

“La cooperazione oggi è diventata più complicata – continua il ministro – Ci troviamo in un momento di crisi diffusa e globalizzata, con caratteristiche relativamente nuove: il confine labile tra guerra e non-guerra, fra attori statali e non, il sovrapporsi di tensioni sociali e religiose". I rapimenti, le uccisioni, gli incidenti hanno portato spesso i nomi delle persone coinvolte nella cooperazione all’attenzione dei media, ma non sempre in chiave positiva. Gentiloni ribadisce infatti la necessità di contrastare quella tendenza sempre più diffusa che spesso bolla i cooperanti come “irresponsabili, un rischio per la comunità e un peso per i cittadini, invece che un vanto di cui il Paese può essere orgoglioso”.

Con 155 cooperanti nel mondo uccisi, 171 feriti e 134 rapiti, l’anno peggiore in questo senso è stato il 2013.  E se tutti sono d’accordo che una politica rigorosa, con norme e principi comuni da seguire, possano essere validi strumenti di protezione, secondo il presidente del Cini, Bruno Neri, “la prima responsabilità dev’essere comunque individuale”. E’ qui che diventa fondamentale la formazione, prima, durante e dopo le missioni, insieme alla conoscenza, al rispetto e alla comprensione degli individui e dei contesti in cui si opera. “Specie oggi che la presenza internazionale in molte zone non è più ben vista come in passato”. Le nuove linee guida presentate durante il convegno, indicate nel Dossier sui Principi generali per la collaborazione tra Ong e MAECI (Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale), possono essere un valido strumento in questo senso, anche se non l’unico. Diviso in 4 capitoli, il dossier contiene infatti numerose indicazioni, alcune in apparenza semplici e quasi ovvie, ma tutte fondamentali e preziose al fine di minimizzare i pericoli: dai suggerimenti sulla comunicazione degli spostamenti, ai comportamenti da evitare (abbigliamento, relazioni, tabù culturali, fotografie etc), dalle precauzioni igienico sanitarie, al comportamento in caso di sequestri, blocchi ai check-point, pericolo di violenze sessuali, fino alle analisi dei rischi, e alle indicazioni e contatti in caso di crisi ed emergenze. Importante è anche l’implementazione dei siti “Viaggiare sicuri” e soprattutto “Dove siamo nel mondo”, attraverso cui le singole Ong e le altre organizzazioni della società civile impegnate in interventi di cooperazione all’estero potranno aderire ai principi condivisi, con assenso formale.

Oggi più che mai è fondamentale salvaguardare i quattro principi cardine dell’aiuto umanitario internazionale: umanità, neutralità, indipendenza, imparzialità – ha spiegato il direttore generale della Cooperazione, Giampaolo Cantini – con regole condivise e piani che poi ogni ong può definire a seconda della propria specificità”. Una precisazione che i presenti all’incontro hanno più volte ribadito. “Le regole in questi casi vanno applicate col buonsenso, senza cadere in una rigida gabbia irrealistica” ha precisato il giornalista rai Duilio Giammaria, presente in veste di moderatore. Pur se l’incontro non era riferito al mondo dei media, il tema infatti coinvolge anche loro, soprattutto in questo periodo di contratti freelance poco o per nulla tutelati, con giornalisti che spesso partono da soli a coprire le aree di crisi tra le più pericolose. “La risposta non può essere per tutti l’evacuazione e l’abbandono delle missioni, anche perché la cooperazione, il giornalismo, la diplomazia spesso hanno senso proprio se riescono ad operare in questi contesti” spiega il capo dell'Unità di crisi, Claudio Taffuri, facendo eco così alle parole di Gentiloni. L’importante, allora, è che tutti gli interventi siano guidati da due parole d’ordine fondamentali: professionalità e responsabilità, a maggior ragione per le piccole realtà che spesso operano al di fuori di realtà più consolidate e strutturate. Le ong più grandi, infatti, già da tempo seguono rigidi protocolli di sicurezza e codici di comportamento ben definiti per limitare i rischi e assicurare un impatto più efficace.

In tutto questo, l’apporto delle istituzioni viene visto come fondamentale, ma le ong chiedono una marcia in più, con piccoli interventi che potrebbero fare molto per facilitare il lavoro dei cooperanti: “Parliamo ad esempio dei limiti alla mobilità e dell’ottenimento dei visti per il nostro personale, che spesso deve affrontare molti disagi e complicazioni. E questo è un percorso che solo la Farnesina, in collaborazione con la società civile, può tutelare” precisa Silvia Stilli di Aoi, che continua: “La cooperazione non ha bisogno di spavaldi avventurieri, ma è necessario formare i giovani alla responsabilità, alla virtù della prudenza”. E se finora le risorse sono state scarse, fa ben sperare la conferma del ministro Gentiloni sull’incremento dei fondi per la cooperazione a partire dalla prossima legge di stabilità. “Il governo manterrà l’impegno – ha detto durante il suo intervento – Tali risorse consentiranno all’Italia di tornare nel gruppo di testa della comunità internazionale, non solo a livello di qualità ma anche di quantità, così come merita il nostro Paese”.

Anna Toro

Laureata in filosofia e giornalista professionista dal 2008, divide attualmente le sue attività giornalistiche tra Unimondo (con cui collabora dal 2012) e la redazione di Osservatorio Iraq, dove si occupa di Afghanistan, Golfo, musica e Med Generation. In passato ha lavorato per diverse testate locali nella sua Sardegna, occupandosi di cronaca, con una pausa di un anno a Londra dove ha conseguito un diploma postlaurea, sempre in giornalismo. Nel 2010 si trasferisce definitivamente a Roma, città che adora, pur col suo caos e le sue contraddizioni. Proprio dalla Capitale trae la maggior parte degli spunti per i suoi articoli su Unimondo, principalmente su tematiche sociali, ambientali e di genere. 

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