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Stress, traffico e movida: le città nella morsa dei decibel
Giovani
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Per chi di noi vive in città è quasi impossibile sfuggire al rumore. Perfino in casa siamo assediati dai ronzii costanti degli elettrodomestici, dai loro segnali acustici, i cellulari che suonano, la TV ad alto volume. Se poi viviamo in prossimità di una strada trafficata, la finestra aperta d'estate diventa una condanna: clacson, motori roboanti, antifurti, sirene di polizia e ambulanze diventano una colonna sonora costante delle nostre giornate, e non di rado anche delle nostre notti. La cosa stupefacente è che spesso siamo talmente abituati a questi rumori che non ci danno nemmeno più fastidio. Questo però non significa che non siano nocivi, sia per l'ambiente sia per la nostra salute.
Si chiama inquinamento acustico e, proprio per la sua continua presenza, viene preso un po' sottogamba rispetto agli altri tipi di inquinamento (dell'aria, dell'ambiente), ma il suo impatto è notevole: fastidio, irritazione, aumento dell'aggressività sono tra gli effetti negativi più comuni, insieme a stress, perdita del sonno, scarso rendimento a lavoro o negli studi, ipertensione e in alcuni casi perfino il danneggiamento dell'udito e un aumento del rischio d'infarto e ischemie. Ma i danni non si limitano all'uomo: anche la natura circostante e gli animali ne possono risentire, soprattutto per quanto riguarda le rotte migratorie, i richiami, la caccia, i ritmi sonno-veglia e così via.
Per questo negli ultimi anni anche l'Unione Europea si è attivata per cercare di arginare il fenomeno, chiedendo agli Stati membri di mappare i livelli di rumore nelle grandi città, soprattutto in prossimità di strade, ferrovie e aeroporti, e di predisporre dei piani ad hoc. Secondo gli ultimi studi, infatti, ogni giorno quasi 70 milioni di cittadini europei sono esposti, solo per quanto riguarda il traffico, a livelli di rumore superiori a 55 decibel, e per il 20% di loro si arriva fino ai 70 decibel. Che sarebbe molto oltre i livelli raccomandati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità secondo cui, per dormire bene la notte, il rumore di fondo dovrebbe rimanere al di sotto di 30 decibel mentre i singoli rumori non dovrebbero superare i 45 decibel. Quasi un'utopia in molte città d'Europa, e in Italia in particolare, dove luoghi e impianti “rumorosi” come stazioni e aeroporti sono spesso a ridosso di popolosi agglomerati urbani, rendendo la vita impossibile ai cittadini, in particolare alle categorie più vulnerabili come bambini e anziani.
Cittadini che comunque sempre più spesso si fanno sentire, organizzandosi in gruppi e comitati popolari, contro un inquinamento acustico che spesso va ben oltre il classico cane del vicino che abbaia o la movida notturna estiva (si pensi ai casi degli aeroporti di Malpensa e Ciampino). Ed ecco che, secondo l'Annuario dei dati ambientali dell'Ispra – l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – oltre il 90% delle sorgenti di rumore che sono state infine messe sotto controllo, lo sono state proprio a seguito di un esposto da parte dei cittadini. Il problema è rilevante: si parla di una percentuale tra il 20 e il 40% della popolazione che risiede in città, esposta a livelli giornalieri di rumore compresi tra 60 e 64 decibel, mentre percentuali anche superiori al 30% sono esposte a intervalli di rumore notturni tra 55 e 59 decibel. In generale, sempre secondo l'Ispra, il 42,6% delle sorgenti di rumore oggetto di controllo, nel 2012, ha presentato almeno un superamento dei limiti normativi.
Peccato però che siano questi stessi controlli e mappature ad essere lacunosi. La classificazione acustica, infatti, che deve essere approvata dai comuni, al 31 dicembre 2012 esisteva solo nel 51% dei centri abitati italiani. “Purtroppo, le Amministrazioni locali, che hanno un ruolo fondamentale nel controllo e nella gestione dell’inquinamento acustico, non hanno la stessa sensibilità e, spesso, trascurano gli strumenti che la norma nazionale e le norme regionali attuative concedono loro per affrontare questa importante tematica ambientale, ma anche sanitaria” aveva commentato Salvatore Curcuruto, dirigente del Servizio Agenti Fisici dell'Ispra, all'indomani della diffusione dei dati.
Ecco perché una pianificazione territoriale e urbana orientata a garantire una maggior quiete sarebbe quantomeno auspicabile, con “interventi sulla mobilità (individuazione di zone 30, pedonalizzazione, gestione dei flussi), attività di informazione, sensibilizzazione e partecipazione dei cittadini, e interventi specifici di bonifica, quali inserimento di barriere acustiche (artificiali e verdi) e utilizzo di materiali fonoisolanti sulle facciate degli edifici e per gli infissi”. E poi l'educazione, a partire dalle scuole. Uno degli ultimi eventi interessanti in questo senso è stata la campagna, partita a inizio estate, di Legambiente Lazio insieme con la Fondazione Sorgente: intitolata “Spegni il rumore accendi il divertimento”, ha coinvolto la cittadinanza con eventi di sensibilizzazione, informazione e partecipazione dal basso, tramite raccolta di rumori, un database delle segnalazioni, proposte di miglioramento e una petizione da presentare in Comune per l'istituzione di sanzioni dei comportamenti rumorosi e quindi dannosi per la salute pubblica.