Microfinanza e Covid-19: la povertá che ritorna

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Foto: Unsplash.com

Lo sappiamo, ma é bene ripeterlo. La pandemia sta avendo effetti socio-economici devastanti su innumerevoli settori ed aree geografiche, tuttavia in maniera enormemente disomogenea, poiché colpisce in maggior misura chi fragile lo era giá, tra tutti i precari, come giovanidonne, disabili ed altre categorie vulnerabili. Questo vale ancor di piú in quei paesi, nel Sud del mondo, dove la maggior parte del lavoro si svolge in ambiti informali e le persone non godono di paracaduti sociali e meccanismi statali di welfare in grado di sostenere i redditi di chi quel lavoro lo ha perso, o ha subito gravi ricadute, e non puó ripristinare i livelli di entrate pre-crisi. Per questo motivo, nel 2021, la Banca Mondiale prevede un aumento delle fila dei piú poveri - coloro che guadagnano meno di 1,90 dollari al giorno - di circa 150 milioni di persone. Dal 1990 al 2019 il loro numero era sceso dal 36% della popolazione mondiale all'8%. Ora, per la prima volta dal 1998, questo dato tornerá a salire. In piú l’ONU aveva giá dichiarato che 240-490 milioni di persone in 70 paesi, soprattutto appartenenti alle aree del Sud-Est Asiatico e dell’Africa Sub-Sahariana, saranno riassorbite nell’indice di "povertà multidimensionale", una misura che include, tra le altre cose, la mancanza di alloggi di base o il fatto che i bambini soffrano la fame.

Le previsioni dell’ONU indicano che gli abitanti delle città se la passeranno peggio dei poveri delle campagne, perché non potranno coltivare il proprio cibo e, essendo legati a settori informali, faticheranno a riprendersi (come i camerieri o i venditori ambulanti). Durante il 2020, molti hanno visto le loro garanzie reali scomparire e il flusso di rimesse dai paesi sviluppati interrompersi bruscamente. Molti hanno dovuto vendere beni di valore e si stima che decine di milioni di persone torneranno nei rispettivi villaggi di origine. Ció avrá delle conseguenze sociali profonde: molti bambini saranno costretti a lasciare la scuola per aiutare i genitori a lavorare. Il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite pronostica che la fame acuta raddoppierà entro la fine del 2020: altri 130 milioni di persone non avranno da mangiare a sufficienzaNe pagheranno le conseguenze, disastrose, soprattutto i bambini piú piccoli, la cui crescita fisica e sviluppo mentale saranno ostacolati. La sempre piú limitata assistenza sanitaria di quei paesi, perché costantemente assorbita dall’emergenza Covid, riaprirá la strada alla letalitá di malattie croniche e di madri in procinto di partirire. Gli aiuti internazionali sono giá diminuiti – solo per fare un esempio, si é giá assistito al dimezzamento dei fondi destinati al servizio civile all’estero dello Stato Italiano – e tutte queste complicazioni esacerberanno l'instabilità politica e le possibili proteste sociali. All'ombra della pandemia, la piaga della povertà dilagherá.

In questo contesto, le istituzioni di microfinanza (IMF) sono quegli istituti di credito che in questi paesi, per loro natura, lottano contro l’ombra della povertá rivolgendosi al settore informale: ne incentivano il risparmio privato e concedeno prestiti (quasi) senza garanzie a fini produttivi. Ebbene, anch’esse hanno subito delle perdite, ma piú gestibili rispetto ai loro clienti. Sebbene alcune abbiano dovuto prendere decisioni difficili, come chiudere i rubinetti per le attività di prestito nel momento in cui la liquidità era più necessaria o ridimensionare i salari dei loro dipendenti, sono comunque riuscite a limitare i danni fin qui, di fronte al prolungato impatto della pandemia.

Secondo un’indagine del CGAP, organizzazione mondiale di ricerca nell’inclusione finanziaria, applicata tra Luglio e Novembre a 386 societá in tutto il mondo, la capacitá di reazione delle IMF ha coinvolto strumenti simili: circa l'85% delle IFM intervistate ha implementato trattamenti favorevoli in risposta alla pandemia, quasi due terzi hanno emesso una moratoria o ristrutturazione dei prestiti per dare respiro ai clienti che la richiedessero, mentre il 14% ha fornito una moratoria globale a tutti i loro clienti. Più di due terzi delle IFM ha poi ridotto l'importo prestato ai clienti, per un 65% il taglio é stato della metá dell’importo, a causa di una minore tolleranza al rischio da parte degli istituti. Oltre a un’organizzazione piú flessibile del personale (smartworking a orario di lavoro decurtato, ma anche filiali chiuse e licenziamenti) si é cercato di ampliare il piú possibile i canali remoti, anche nelle IMF piú piccole: circa un terzo ha rafforzato le operazioni di call center o i canali digitali (app, home banking, etc.), anche se la transizione digitale nella microfinanza é un processo che richiederá ancora investimenti ingenti e, per certi attori, una conversione culturale e di abitudini complessa.

Ció nonostante, ai clienti finali, come detto, non é andata altrettanto bene. Coloro sprovvisti di catene di sostegno pubblico, in ogni caso incoerenti e insufficienti nei pochi casi in cui c’é stato, hanno dovuto chiudere le propria attivitá durante la pandemia. Questo impatto dualistico su istituti di credito, evidentemente piú resilienti di fronte alla crisi, e clienti finali, segnano l’ennesima conferma che i soggetti piú vulnerabili sono i primi, purtroppo, a saltare di fronte a condizioni economiche avverse. L'analisi mostra anche come le istituzioni di microfinanza non riescano a avere un potere effettivamente anticiclico, essendo troppo debili per estendere il propio supporto finanziario in tempi difficili, cosí venendo meno alla loro missione primaria di supportare il settore imprenditoriale dal basso. Questo é stato particolarmente visibile durante il 2020: la domanda di piccoli prestiti di emergenza si é amplificato, ma gli istituti di microcredito non hanno potuto farsene carico visto il mancato ripagamento dei prestiti in corso e la scarsitá di fondi esterni. L'aiuto sociale messo in campo da tante IMF è stato comunque fondamentale durante i mesi piú critici della pandemia nel tamponare dove si poteva, tuttavia é stato soffocato da una diffusa impotenza anti-povertá e da un legittimo atteggiamento delle IMF di auto-salvataggio.

La selezione “naturale” che tante IMF si sono trovate a fronteggiare ha purtroppo accentuato le maglie della povertá, escludendo coloro che inclusi magari lo erano da poco. Al di lá degli allarmi lanciati dalla Banca Mondiale, la microfinanza non puó purtroppo fare miracoli e sobbarcarsi i destini di tutti i milioni di nuovi poveri. Maggiore coordinamento a livello di singolo paese, tanto nelle associazioni formali tra istituti come negli accordi tra singoli, nel nome di un comune obiettivo di sostenibilitá e tenuta sociale, maggiore coerenza e clemenza da parte degli organi di supervisione, e maggiore appoggio e apertura da parte degli investitori stranieri sicuramente gioverebbe. D’altronde le IMF hanno l’enorme responsabilitá di rivedere i propri prezzi. Dovranno preoccuparsi di velocizzare la transizione digitale, la profilazione automatica dei clienti e abbattere costi operativi, e di conseguenza i tassi applicati ai propri crediti. Perché il tasso é un’arma a doppio taglio. Ormai diversi studi lo dimostrano: maggiore è il tasso di interesse applicato dalle IFM, più è probabile che i clienti, fragili, siano inadempienti sui loro rimborsi. Ció si é rivelato ancor piú vero in tempi pandemici.

Marco Grisenti

Laureato in Economia e Analisi Finanziaria, dal 2014 lavoro nel settore della finanza sostenibile con un occhio di riguardo per l'America Latina, che mi ha accolto per tanti anni. Ho collaborato con ONG attive nella microfinanza e nell’imprenditorialità sociale, ho spaziato in vari ruoli all'interno di società di consulenza e banche etiche, fino ad approdare a fondi d'investimento specializzati nell’impact investing. In una costante ricerca di risposte e soluzioni ai tanti problemi che affliggono il Sud del mondo, e non solo. Il viaggio - il partire senza sapere quando si torna, e verso quale nuova "casa" - è stato il fedele complice di anni tanto spensierati quanto impegnati, che mi hanno permesso di abbattere barriere fuori e dentro di me, assaporare panorami, odori e melodie di luoghi altrimenti ancora lontani, appagare una curiositá senza fine. Credo in un mondo più sano, equilibrato ed inclusivo, dove si possa valorizzare il diverso. Per Unimondo cerco di trasmettere, senza filtri, la veritá e la sensibilità che incontro e assimilo sul mio sentiero.

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