Italia: troppi giovani disoccupati, pochi stranieri regolarizzati

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Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) in Italia a dicembre è salito al 29% dal 28,9% di novembre, segnando così un nuovo record. Si tratta del livello più dal gennaio del 2004. Ha comunicarlo è l’Istat in base a stime provvisorie che rivelano un tasso di occupazione generale pari al 57%, stabile rispetto a novembre e in riduzione di 0,1 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Per i tecnici dell’Istat “a chiusura del 2010 le condizioni del mercato del lavoro appaiono un pò più serene, da autunno l’occupazione ha smesso di scendere e la disoccupazione nell’ultimo bimestre, novembre e dicembre, ha preso a calare. L’unico elemento che stona - aggiungono - è la disoccupazione giovanile, che ancora una volta torna a scalare posizioni”, segnando un nuovo record.

Davanti a questi dati appare sempre più “pesante” il ritardo dell’Italia rispetto agli altri Paesi europei soprattutto sul piano della disoccupazione giovanile davanti alla quale serve una “diffusa ed efficace riqualificazione delle competenze”, per valorizzare il capitale sociale e agganciare la domanda di lavoro.

È stato questo il primo commento delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani (Acli) in merito ai dati sulla disoccupazione diffusi in settimana dall’Istat. “I numeri esprimono con chiarezza il nostro pesante ritardo in Europa - ha spiegato il responsabile del dipartimento lavoro delle Acli, Maurizio Drezzadore - [...] due giovani ogni 10 sono in dispersione, cioè fuori di ogni circuito di studio o di lavoro, 25 su 100 si fermano all’assolvimento dell’obbligo scolastico”.

Quello che sembra allarmare di più le Acli è la contraddizione tra la crescente disoccupazione giovanile, il saldo occupazionale in crescita per gli immigrati e l’ampia gamma di professioni ricercate dalle imprese, ma non reperibili su mercato. “Bisogna decidersi a superare - afferma Drezzadore - il diffuso sentimento di discredito che pervade il lavoro manuale, avviando un’azione educativa verso le giovani generazioni che rimetta il lavoro al centro delle scelte di studio e di vita di tutti”. “Bisogna puntare sui giovani e la formazione - conclude Drezzadore - valorizzando il contratto di apprendistato professionalizzante, rafforzando il compito formativo delle piccole imprese e stabilendo una forte coesione tra impresa e offerta formativa professionale, aprendo la scuola alle esigenze del territorio”.

Non dissimile il commento di tutto il fronte sindacale preoccupato per le ricadute sociali della disoccupazione. "Se un terzo dei giovani non lavora - denuncia Fulvio Fammoni segretario confederale Cgil - mentre una cifra ancora più alta lavora solo con contratti di tipo precario, come dicono le percentuali delle assunzioni, allora la precarietà nel lavoro sarà sempre più una precarietà sociale". Per il segretario generale aggiunto della Cisl, Giorgio Santini, “questa è una pericolosa situazione di stallo”, mentre per il segretario confederale della Uil Guglielmo Loy la situazione "richiede che si adottino vere e proprie terapie d'urto tese ad aumentare la partecipazione al mercato del lavoro in generale e di giovani e donne anche attraverso la rapida attuazione degli obiettivi contenuti nel Piano di azione per l'occupabilità dei giovani".

In questo quadro a tinte cupe alcuni settori occupazionali, ormai abbandonati dalla forza lavoro italiana, sono in “potenziale” crescita. A dimostrarlo è il “clik day” e ad affermarlo è il presidente nazionale delle Acli, Andrea Olivero. "Pur ammettendo che solo un 50 - 60% delle domande saranno ritenute valide, [dal numero di richieste di regolarizzazione del clik day] é evidente che c'è nel nostro Paese una richiesta di madopera straniera elevata nonostante la crisi”.

La maggioranza delle domande sono per colf, badanti e per impieghi non qualificati in piccole e medie imprese, e molte sono di stranieri già regolarmente soggiornanti in Italia. “Quello che emerge - continua Olivero - è quanto diciamo ormai da anni: il Decreto Flussi è un sistema desueto, non più consono alla realtà. C'è bisogno di avere la possibilità di un ingresso legale nel nostro Paese aperto tutto l'anno con modalità non da lotteria, permettendo l'incontro tra domanda e offerta” di lavoro.

Le Acli avevano già da tempo promosso il permesso di soggiorno per ricerca di lavoro, ma sono svariate le soluzioni che permettono un notevole abbassamento della irregolarità e della clandestinità. “C'è da sperare - ha concluso Oliviero - che ora lo comprenda anche la politica e che si creino luoghi in cui si possano discutere le nuove modalità. La società civile, le associazioni, i patronati, che in questi giorni hanno accompagnato migliaia di persone, italiane e straniere, nell'affrontare il Decreto Flussi, sono ormai escluse da troppo tempo da luoghi di confronto e di proposta”.

Alessandro Graziadei

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