Il fastidio di quelle nonne che ballano…

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Foto: Unsplash.com

Di mia nonna non ricordo risate fragorose, conversazioni a voce alta, gesti sguaiati. Di lei porto nel cuore movimenti discreti, sorrisi silenziosi, parole sussurrate sottovoce con occhi sornioni. Quindi mi riesce difficile immaginare quelle “rumorose nonne cinesi” che scendono in piazza alle prime ore del mattino o nel tardo pomeriggio, e se lo faccio riesco a farlo con un misto di curiosità, straniamento, simpatia. Ma la situazione è più complessa di quanto non sembri.

Nei parchi pubblici o nelle piazze della Cina non è raro trovare raduni di donne di mezza età o di signore più anziane che insieme si esercitano e ballano… con la musica a tutto volume. Una situazione che non suona familiare alle nostre orecchie, tendenzialmente abituate ad associare la musica forte e il ritrovo in piazza a fasce d’età decisamente più giovani, ma che imperversa in Cina trovando le sue radici nella Rivoluzione Culturale, in particolare nella campagna di educazione giovanile della seconda metà degli anni ’60, anni in cui il collettivismo giovanile era un valore sociale basilare nel Paese.

Queste “gang di vecchine” però, se a noi suscitano uno sguardo divertito e solidale, ad altri danno fastidio, fanno paura o destano biasimo perché con la loro presenza disturbano la pace di aree residenziali ad alta densità abitativa. Una sensazione di disagio che ha portato i vicini a ingegnarsi in soluzioni di varia natura, tra cui una di particolare successo diventata virale nelle ultime settimane: una sorta di strumento simile a una torcia ma in grado di intontire, a distanza di circa 50/80 metri, gli altoparlanti utilizzati dalle nonne, disabilitandoli senza farsi notare e quindi lasciando credere alle utilizzatrici che sia rotto – e quindi inutilizzabile per qualche giorno. Una sorta di giustizia sociale che imperversa su Taobao, la versione cinese di eBay, con commenti entusiasti per questo “silenziatore di nonne”.

Nonne danzanti che, in Cina, sono stimate in circa 100 milioni di donne, che per lo più vivono sole o con membri più giovani delle rispettive famiglie, che hanno seguito nell’esodo dalle campagne verso le città. Queste occasioni di ritrovo sono dunque opportunità di socializzazione che permettono di formare legami molto forti, che si estendono poi ad altre attività condivise, dall’andare insieme al supermercato al viaggiare, al fare persino investimenti di gruppo come l’acquisto di multiproprietà. Una manifestazione collettiva che i media di stato hanno definito come un modo positivo ed efficace per ridurre l’aggravio medico e finanziario e contemporaneamente aumentare la qualità della vita delle persone più anziane. Le piazze e i parchi pubblici diventano quindi luoghi di relazioni e si animano della presenza di persone che tessono rapporti sociali di cui altrimenti sarebbero privi.

Come in tutte le esperienze di strada però restano sempre da soppesare le reazioni del vicinato: stavolta non saranno ragazzi che con il loro vociare su di giri disturbano i sonni dei residenti, ma le nonne danzanti stanno secondo molti diventando un fenomeno “fuori controllo”: competizioni tra gruppi di ballerini in piccole aree e bullismo verso chi vorrebbe intervenire per interrompere queste challenge, che sfociano in aperti litigi sul campointerrompendo persino partite in atto e finendo per richiedere l’intervento della polizia. Polizia che, dal 2019, nella città di Tianjin è autorizzata a multare le nonne se la musica risulta troppo alta, all’interno di un programma di promozione di comportamenti civili attivato dalla città. 

Quella delle nonne in piazza sta diventando una questione sociale di non poca rilevanza, a volte causa anche di un’escalation nella violenza: i vicini gettano tofu andato male, colori e olio del motore contro le nonne che ballano pur di farle allontanare e tacere. Un problema che secondo molti è un retaggio della storia, secondo cui molti degli anziani si reputano padroni di una Cina che si sentono di aver costruito e sulla quale quindi hanno voce e potere rispetto ai giovani, considerati non qualificati per opporsi alle tradizioni. Se da un lato quindi le torce silenziatrici e altre analoghe invenzioni sono una soluzione di un mercato d’emergenza che sta avendo un’impennata di richieste per il contenimento dell’inquinamento acustico causato da queste manifestazioni, dall’altro stanno chiaramente venendo a galla ostilità che si traducono in distanze generazionali ancor più marcate e interazioni sempre più ridotte. Ma non tutto è perduto: ci sono anche esperimenti che possono rappresentare un buon compromesso per una convivenza pacifica delle esigenze di ciascuno, come le cuffie bluetooth sperimentate a Lanzhou, per una discoteca silenziosa che può, forse, soddisfare residenti e ballerini. Sarà davvero la soluzione ideale, pur senza dialogo? O varrebbe forse la pena di incentivare un confronto e un dialogo più aperto tra le parti?

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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