www.unimondo.org/Guide/Diritti-umani/Giovani/Il-diritto-alla-pace-e-la-percezione-del-mondo-151438
Il diritto alla pace e la percezione del mondo
Giovani
Stampa
La storia umana, anche quella minuta e quotidiana, vive di corsi e ricorsi. Esistono atteggiamenti e tendenze considerati costanti universali come, ad esempio il conflitto tra generazioni, quello tra sessi e la tanto onnipresente e inflazionata pace nel mondo che appare in questo 2015 sempre più come un miraggio, con un premio nobel per la stessa protagonista di una nuova guerra fredda e addirittura accusato di voler scatenare la terza guerra mondiale .
Esagerazioni a parte, risulta oggi fondamentale per capire lo sviluppo della società e interpretarne i processi - e non solo per gli studiosi di storia e antropologia - capire cosa pensano e quanto conoscono in merito le cosiddette nuove generazioni e quanto le credenze e le convenzioni del passato ne influenzino approcci e atteggiamenti.
Nel nostro paese si conoscono poche ma interessanti iniziative di ricerca in merito, dedicate a determinati popoli e a determinati momenti storici, come ad esempio la recentissima presentazione del dossier intitolato “Una generazione alla ricerca di pace vera” approntato dalla Caritas italiana a venti anni dalla firma degli accordi di pace di Dayton - avvenuta nel novembre 1995 - e presentato lo scorso 5 giugno a ridosso della visita del Santo Padre a del Sarajevo.
Si tratta di un dettagliata raccolta di dati e testimonianze che toccano diversi temi - dalla riconciliazione, al dialogo interreligioso, al lavoro, alle sfide per il futuro. Ne emerge un quadro preoccupante dove la generazione dei ventenni bosniaci appare davvero lontana dal sentirsi e dal respirare Pace. Sfogliando la ricerca si comprende come i giovani nati durante un conflitto - e cresciuti in un contesto tutt’altro che pacificato - stiano vivendo ancora oggi tensioni etniche, crisi politiche, disagio sociali e difficoltà economiche”. I ragazzi dell’odierna Bosnia Erzegovina alzano la voce “abbiamo il tasso di disoccupazione giovanile più alto del mondo, oltre il 60% e siamo stufi di una paese che non vuole cambiare.” Si sentono lontani da quelle ideologie nazionaliste che ancora negli anni novanta del secolo scorso hanno dilaniato le loro terre e spesso provocato lutti nelle loro famiglie e sentendosi impotenti in patria quando possono emigrano - ben 150.000 lo hanno fatto dal 1995 ad oggi - percorrendo le strade che prima di loro, altri popoli, italiani compresi , hanno percorso, magari con valigie e scarpe di cartone (anche se, sentendo certi Mattei parafascisti italioti, ognitanto paiono dimenticarlo.)
Già,ma esistono analisi specificatamente dedicate ai giovani dell’odierna Italia e al loro rapporto con la Pace e la guerra, le migrazioni e i migranti, il rapporto di genere, l’omofobia?
Fortunatamente la risposta è affermativa: lo scorso 4 giugno presso la Sala dell’Aurora di Palazzo Trentini a Trento, sono stati presentati i risultati della ricerca “Diritti alla pace” che ha avuto il merito - caso per ora pressoché unico nella nostra penisola - di chiedere in modo molto concreto ai giovani cosa pensano, indagando le opinioni e prima ancora le percezioni di un nutrito campione di studenti trentini attorno al tema del rapporto con l’altro. Cosa pensano i giovani trentini riguardo a sopracitati temi universali? Per saperlo il Forum trentino per la pace e i diritti umani ha realizzato con il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento uno attento studio studio intervistando 1.026 studenti frequentanti il quarto anno di scuola secondaria di secondo grado e formazione professionale.
L’indagine, che ha visto il coordinamento della dottoressa Francesca Sartori, ha previsto un modulo quantitativo con la somministrazione a scuola di questionari strutturati e un approfondimento qualitativo attraverso alcuni focus group. Partendo dal tema Pace è stato chiesto ai giovani a chi vorrebbero assegnare il premio di donna o uomo capaci di incarnare la pace.
Qui gli studenti sono apparsi “timidi” fornendo risposte generiche, parlando di “persone che fanno del bene quotidiano” come ad esempio missionari o associazioni e meno di sette su dieci hanno segnalato un nome preciso; quelli che lo hanno fatto però hanno indicato a maggioranza - ben il 24,4% - Francesco, il nuovo papa buono, il Papa del “Buonasera” e “del chi sono io per permettermi di giudicare due persone dello stesso sesso che si amano”; come secondo classificato è emerso Gandhi e come terzo Mandela, forse per sentito dire e comunque si tratta di simboli forti di fine novecento, entrambi non più tra noi.
Chiamati quindi ad esprimersi con un voto da uno a dieci all’impegno dedicato al perseguimento della pace delle principali organizzazioni e istituzioni gli studenti si sono dimostrati più sicuri, premiando nettamente le associazioni umanitarie, con Medici senza frontiere ed Emergency, vincitori di questa classifica virtuale (prendendo un voto pari o superiore a 8 rispettivamente nel 68% e 66% dei casi), seguiti da UNICEF e Amnesty International (54%), ONU (50%), Organizzazioni per i diritti delle donne (40%), WWF (38%), Caritas (36%), Unione Europea (34%), Chiesa (33%), NATO e Greenpeace (30%), UNHCR (27%).
E per quanto riguarda la politica e le istituzioni statali? I ragazzi sembrano suggerirci che a loro avviso gli Stati non stiano lavorando con impegno;
Solo quote davvero residuali di intervistati attribuiscono un voto alto a Israele (1%), Cina (2%), Russia (2%), Palestina (2%); la stessa madrepatria Italia arriva al 14% e gli USA al 23%. Se si tratta di costruire pace, insomma, i Governi sono il fanalino di coda, considerati poco utili ed efficaci. La vera Pace sembrano suggerire gli studenti si costruisce giorno per giorno, grazie a uomini e donne di buona volontà che mettono la loro vita e la loro conoscenza al servizio di chi è in sofferenza. E il diritto alla salute sembra essere un elemento particolarmente rilevante per la tutela della pace nel mondo.
Interpellati sulle eventuali necessità a ricorrere ad un conflitto, in generale i giovani intervistati si sono detti contrari ma coloro i quali hanno affermato di considerare la guerra sempre sbagliata sono stati soltanto il 6%. Pochi hanno affermato che il ricorso ad una guerra può essere giustificato come risposta in caso si sospetti la produzione di armi atomiche o chimiche (32%), se si teme la minaccia ai valori e agli interessi nazionali (24%) o se si vuole aiutare uno Stato amico contro un suo nemico (16%). E non basta che siano tutelati i civili per appoggiare il conflitto armato (27%). D’altra parte, la guerra è al contempo ammissibile per gran parte dei ragazzi se serve per rispondere agli stermini di una dittatura (84%) o quando si sostiene un Paese aggredito da uno più potente da cui deve difendersi (71%) o se si difende da sé (63%) o se subisce attentati (60%). La guerra, insomma, viene vista come una soluzione estrema a problemi altrettanto estremi. A questo punto del questionario è stato proposto un elenco di sette possibili minacce alla pace internazionale domandando di indicare le tre ritenute più pericolose: tre intervistati su quattro condividono che la presenza di gruppi politici o religiosi estremisti che usano metodi di lotta violenta sia una delle minacce peggiori (il 75% dei giovani la indica come una delle tre più pericolose, e qui certamente i messaggi dei mass media hanno la loro bella influenza e responsabilità). Interessante, però, che il 56% indichi gli interessi economici relativi alle materie prime e all’energia e il 32% le forti disuguaglianze economiche tra nazioni sviluppate e terzo mondo. La convivenza tra popoli con culture differenti, invece, è percepita come minacciosa da un’esigua quota di intervistati (18%) a meno che non ci siano nazioni che vogliono imporre i propri interessi a scapito degli altri (49%): la guerra, quindi, non tanto come scontro di civiltà ma come esito della disuguaglianza globale.
E la nostra Italia come è percepita in relazione al tema Pace? La maggioranza degli studenti intervistati (57%) ci ritiene prevalentemente in pace, ma è appena l’1,5% a ritenerci sicuramente tali.
Per quale motivo? Non sono i migranti o i partiti politici sfiduciati a minare la nostra tranquillità - si rilassino dunque per qualche ora, volesse il cielo, Grillo e Salvini - quanto piuttosto corruzione, illegalità e l’incapacità di rispettare e far rispettare le leggi. Inoltre, i nostri ragazzi ritengono diffusi il razzismo verso gli immigrati (94%), la violenza contro le donne (91%), l’omofobia (80%) e – anche se in misura più contenuta – l’intolleranza verso altre religioni (59%). Sul fronte omofobia secondo l’85% degli studenti intervistati gli omosessuali nella nostra società sono discriminati e l’avversione verso le persone omosessuali è ritenuta abbastanza o molto diffusa da oltre quattro intervistati su cinque (l’83%).
Alla luce di questa percezione pertanto la discriminazione appare percepita come reale e di ampia portata. E anche se la vita affettiva delle coppie omosessuali rimane un fatto che riguarda la vita privata (per l’84%), la politica non può ignorare i diritti negati: ampie maggioranze di intervistati ritengono giusto fare una legge che tuteli gli omosessuali da violenze verbali e fisiche (80%) e riconoscerne il matrimonio civile (68%), anche se questo non deve tradursi automaticamente nella possibilità di adottare figli. Su questo tema il campione si spacca: è il 42% dei ragazzi, infatti, a condividere che “È giusto riconoscere l’adozione di bambini per le coppie omosessuali”.
Sul versante del rapporto uomo-donna appare lampante, anche se negli anni la condizione delle donne nella nostra società è radicalmente mutata, come siano ancora gli stereotipi di genere a farla da padrone con visioni di donne viste come angeli del focolare, madri e mogli, sottomesse al volere del capofamiglia maschio; fortunatamente però le ragazze manifestano anche con forza la volontà di affermarsi come professioniste e i loro coetanei maschi ritengono accettabile che queste si realizzino al di fuori della casa; allo stesso modo, è condivisa la legittimità di suddividere le incombenze di casa: il 95% dei maschi e il 99% delle ragazze ritengono che la carriera sia adatta anche alle donne e l’85% dei maschi e il 98% delle femmine concordano attorno all’idea che le faccende domestiche siano suddivise tra i partner. Queste dichiarazioni generali, però, si affiancano a idee legate alla quotidianità meno paritarie: il 25% dei maschi e il 4% delle femmine ritengono giusto che in casa sia l’uomo a comandare; il 67% dei maschi e quasi la metà delle femmine (49%) ritiene che in presenza di figli piccoli è sempre meglio che il marito lavori e la donna resti a casa; o, ancora, il 38% dei ragazzi e il 22% delle coetanee ritiene che avere successo nel lavoro sia più importante per l’uomo che per la donna. Insomma: libere/i sì, ma dentro dei vincoli non ancora del tutto scardinati. “La ricerca ha coinvolto un campione molto specifico” (studenti del quarto anno di scuola secondaria di secondo grado e formazione professionale, ndr), “ciò nonostante” afferma il Prof. Carlo Buzzi, consulente scientifico all’indagine “offre dei risultati interessanti e, per certi aspetti, inediti. Gli intervistati mostrano di appartenere a un contesto che si colloca a metà strada tra tradizioni e innovazione sociale; tra stereotipi allarmistici e prese di coscienza responsabili e mature; tra desideri di cambiamento e conservazione di visioni rassicuranti. Tutto ciò impone alla comunità adulta la necessità di fermarsi ad ascoltare e capire ulteriormente i ragazzi per meglio intendere dove e come dirigersi per educarli a una cittadinanza più attiva e inclusiva”. “Crediamo che questo lavoro sia un punto di partenza importante per il Forum e offra alla comunità del materiale di riflessione prezioso – sostiene il Presidente del Forum, Massimiliano Pilati – perché ci suggerisce molte piste di lavoro verso le quali volgere: non mancano le criticità (come sul tema dell’accoglienza dei migranti), ma si intravedono grandi risorse che possiamo e dobbiamo far fruttare in modo che i diritti di tutti siano sempre più diffusi e meno negati.”
Lavori in corso, insomma, per un Trentino, un’Italia e un mondo che devono ancora fare molta strada verso la Pace sociale ma che, sicuramente, appaiono aver preso la strada giusta
Fabio Pizzi (Un ringraziamento speciale ad Arianna Bazzanella del Forum trentino per la pace e i diritti umani per la favolosa sintesi dei risultati dello studio)