Fertility day? Not in this way!

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Svista, leggerezza, sottovalutazione, errore madornale o per dirla in inglese (magari il prossimo pezzo lo faccio sulle campagne di deinglesizzazione che tanto stanno tornando di moda) un enorme epic fail?

L ‘ormai famigerato fertility day è tutto questo ma anche di più. Nella sua attuazione pratica quella che doveva essere una parte strategica del, a tratti interessante, Piano nazionale della fertilità è diventato un coacervo di boiate approssimative e per l’esecutivo nazionale - a partire dal suo capo - un enorme ed elettoralmente non fertile boomerang.

Anche in questo caso Matteo “scaricabarile” Renzi, come già fatto con un’altra sua Ministra allorquando decise, visti i sondaggi incerti, di bollare il referendum sulla riforma costituzionale come “Riforma Boschi” si è affrettato a dire: la campagna della Lorenzin è sua responsabilità, non posso mica seguire tutto, no? Dovresti invece…

Comunque, pur dichiarando buone intenzioni la Lorenzin di errori ne ha fatti un bel po’ e con essi non ha offeso soltanto una cospicua parte delle donne italiane ma anche noi uomini.

Vediamo come. La campagna mediatica #fertilityday è stata orribile, senza appelli; nella prima versione del sito, messa offline dopo una sola ora di permanenza in rete causa i troppi messaggi indignati e i veri e propri - meritatissimi - insulti svettava un “simpatico videogioco” (ah, ma non è Lercio?)  obiettivo del quale era condurre un pimpante spermatozoo verso l’ovulo di destinazione, accompagnandolo e proteggendolo attraverso un percorso caratterizzato da fumo alcol e droghe varie. A conferma del fatto che le tragedie non vengono mai sole subito è partita - dal Ministero competente!!! - la campagna #fertilityday con cartoline una peggio dell’altra capaci in due righe di offendere le donne in tutte le sfaccettature possibili e intere generazioni ambosessi, oltre a testimoniare, palesemente, che chi ha curato il tam -tam mediatico crede sia sufficiente mettere hashtag (#) a caso per essere “moderni” e “ggiovani”. Peccato che anche la comunicazione social abbia le sue regole #e #che #questo #non #voglia #dire #proprio #nulla.

Fin qui #nonèlavoltabuona.

Analizziamo un esempio basandoci su una delle cartoline presentate: una bella ragazza con una clessidra in un mano e l’altra a sfiorarsi il ventre accompagnata dalla scritta “la bellezza non ha età, la fertilità sì”. E che c’entrano gli uomini?Nemmeno ci sono. Appunto.

Questa giovane iconica modella che sembra uscita direttamente da una campagna del Minculpop  - a proposito, è vero che il potere spesso non ha il senso del ridicolo e questo valeva nell’ italietta del Ventennio intenta a decantare, come diceva Enzo Biagi ,“le lodi del pistolino” così come in quella odierna - è uno schiaffo in faccia per milioni di persone: è sola, schiava del ticchettio del suo orologio biologico e deve fare in fretta a fare un figlio prima di “scadere” come lo yogurt. Non ha un compagno, o una compagna (altra occasione sprecata questa che sottolinea come la macchina mediatica che fino ad ora aveva fatto la fortuna di Renzi sia in fase di rallentamento se non di crisi, nel senso: avete concretizzato le unioni civili - che sono cosa buona e giusta - e perché non approfittarne per sottolineare anche in questa occasione l’immagine di una nazione moderna che cambia? Ipocrisia, politically correct, paura delle reazioni del Vaticano, di quelle del  duepercentista Alfano..o semplice dimenticanza?) non ha nessuno con cui condividere una scelta. E’ lì in ansia e sembra quasi di sentirla, la voce della Ministra Lorenzin che, ironicamente materna, le dice: sbrigati su, metti la testa a posto, basta zumba, apericene e divertimento, fatti ingravidare, metti a frutto quei fianchi da fattrice…

Scherziamo? Questa non è la vita reale.

La quotidianità, magari anche proprio quella delle ragazza che inconsapevolmente ha posato per una foto usata poi in quel modo facilone e aberrante cui la politica degli slogan a zero contenuti ci ha abituati, è fatta di precariato ed instabilità e una campagna fatta così annichilisce tutti gli under 40, donne uomini, a cui spesso non manca nulla, sulla carta: laurea, esperienza, voglia di lavorare e mettersi in gioco ma che sono incastrati nel limbo dei voucher, dei tempi determinati, dei jobs act, dei contratti “quotidiani” o “mensili”, delle dimissioni in bianco, delle “grandi occasioni di visibilità” che significano lavorare gratis e poi, domani, forse…

Ecco allora che questa ridicola campagna offende noi quarantenni, offende ad esempio me che a quasi 38 anni con una partita iva e tre lavori, guardo mia moglie, con una partita iva e tre lavori e me la vedo con in mano una clessidra mentre mi dice: il mio orologio biologico corre, hai trovato un nuovo modo di guadagnare? Saresti in grado di mantenere un figlio? Perché gli altri sì e noi no?

Intendiamoci, la mia dolce metà non lo farebbe mai, ma è la mia nazione, quell’Italia che nonostante tutto amo alla follia, attraverso una sua improvvisata Ministra a dirmelo, anzi a sbattermelo in faccia mentre io, come milioni di miei connazionali tutt’altro che bamboccioni e sfigati, affannosamente cerco di costruirmi un futuro e di gettare le basi per una nuova famiglia.

Questo non è un insulto, è totale mancanza di rispetto, e soprattutto significa non capire come funziona davvero il mondo fuori dai dorati palazzi del potere. Oppure, peggio, capirlo e fregarsene.

Tornando al tema del contendere, forse la Lorenzin farebbe meglio a realizzare leggi e campagne riguardo la conciliazione dei tempi di vita e lavoro, modifiche dei congedi parentali diverse, più flessibili e davvero vicine ai bisogni delle nuove famiglie poiché quelle contenute nel decreto 80/2015, attuativo del jobs act, hanno dimostrato di non funzionare tanto che, come evidenziato nella “Relazione annuale sulle convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri “ diffusa nello scorso giugno dal Ministero del lavoro, nel 2015 le  madri che hanno dovuto rinunciare al lavoro ben l’ 82% del totale - sono aumentate del 19% rispetto all’anno precedente, con una particolare incidenza delle dimissioni (73%) rispetto alle risoluzioni consensuali (3%). Tra le motivazioni più rilevanti viene indicata la “difficoltà di conciliare il lavoro e le esigenze di cura della prole” per assenza di parenti di supporto, mancato accoglimento al nido, costi eccessivi di assistenza del neonato.

Lo studio ha confermato inoltre che i sussidi legati unicamente alla maternità - vi dice nulla “bonus bebè”? - a differenza di quelli dedicati all’acquisto di servizi per la cura dei figli hanno effetti “incerti e poco significativi” sia sul tasso di natalità che su quello di lavoro femminile che sono invece positivamente influenzati da un insieme di misure di sostegno alla fertilità che interagiscano su vari piani.

Auguriamoci che la Ministra Lorenzin butti un occhio nella vicina Francia dove le cosiddette politiche complementari “dual earner, dual carer” già hanno incrementato impiego femminile e nascite, grazie a supporti ai costi per la cura dei figli, offerte di strutture pubbliche per la cura dell’infanzia e un attento sistema di sgravi fiscali.

Speriamo infine che questo flop mediatico serva a dare uno scossone e che la Ministra Lorenzin possa davvero stupirci.

Per il momento la conclusione è d’obbligo: #Lorenzinstudia e, se puoi, rispettaci di più.

Fabio Pizzi

Laureato in Studi Storici e Filologico Letterari all’Università di Trento, scrive fin da piccolo per passione e, da qualche anno, anche per lavoro. Per questo si ritiene parecchio fortunato. Appassionato di storia e politica è attivo nell’associazionismo fin da giovanissimo soprattutto nelle associazioni locali e nelle Acli Trentine.  Ama il cinema, l’arte e la tecnologia, la satira, la musica, il bosco e il mare. Su tutto, sua moglie, la famiglia e i suoi veri amici. Dice e scrive quello che pensa, filtrandolo il meno possibile e prendendo spesso posizione. Questo gli ha portato in dote parecchie polemiche, qualche complimento e il rispetto di se stesso.  

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