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Donne Acli sullo scandalo Ruby: “deturpata l'immagine femminile”
Giovani
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"Un quadro avvilente, che deturpa l’immagine delle donne e dovrebbe indignare tutto il Paese". E’ l'amaro commento della neo-responsabile del Coordinamento Donne delle Acli, Agnese Ranghelli, alle vicende che stanno investendo in queste ore il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che riguardano storie di sfruttamento di giovani donne, addirittura minorenni, e ipotesi gravi di reato.
"Ci indigna e dovrebbe indignare tutti – afferma la responsabile delle Acli – la riproposizione di un modello femminile legato esclusivamente allo sfruttamento e alla mercificazione del corpo, che deturpa l’immagine delle donne, in spregio alle tantissime giovani che portano avanti con dignità la loro vita, alle donne che ogni giorno, faticosamente e onestamente, lavorano per aggiungere valore alla nostra società. In spregio anche alla storia del nostro Paese, nell’anno in cui celebriamo il suo 150° anniversario, e ripensiamo al percorso difficile di emancipazione compiuto dalle donne e al contributo decisivo che hanno dato all’Italia e alla democrazia".
"Preoccupano soprattutto le ricadute sul piano educativo – conclude Agnese Ranghelli – con la proposizione ossessiva di un modello, che è poi quello predominante in tanta televisione, fondato sull’apparire, sul successo e sui soldi, ottenuti non importa come. Sembriamo tornate all’anno zero". La responsabile delle Acli denuncia infine "il silenzio e la sottovalutazione di questo aspetto da parte delle donne impegnate in politica con incarichi di Governo, provoca angoscia e inquietudine".
In una "lettera aperta" le donne della Segreteria del Partito Democratico (PD) invitano il presidente del Consiglio a dimettersi. "Presidente, ora basta. Si dimetta adesso. Liberi l`Italia dall`imbarazzo" - scrivono Roberta Agostini, Stella Bianchi, Cecilia Carmassi, Annamaria Parente, Francesca Puglisi al presidente del Consiglio alla luce dell'inchiesta su Ruby e le altre donne frequentate dal premier. "Lo spettacolo indecoroso che sta offrendo al mondo intero non è degno di un Paese civile. Ciò a cui stiamo assistendo supera ogni limite in un decadimento dei costumi e della morale pubblica, a cui pure ci aveva tristemente abituato, che oggi precipita all`estremo della prostituzione minorile. E` intollerabile che i suoi comportamenti la espongano all`accusa di essere il diretto protagonista ed impresario del set degradante che ci ha già propinato in decenni di trash televisivo".
"Ed altrettanto intollerabile è che proprio lei, che a parole sbandiera il primato del merito e della famiglia, nei fatti cerchi solo un patetico acquisto di favori sessuali, riducendo le donne a merce e oggetto di scambio - concludono le donne della segreteria del Pd. Le donne di questo Paese sono altro: sono talento, lavoro, impegno, fatica, bellezza, cuore, passione, dignità e serietà. In nome della nostra dignità e serietà, esigiamo rispetto. Ora basta. Si dimetta. Liberi l`Italia da questo imbarazzo" - conclude la lettera.
Anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in una nota ufficiale afferma di essere "ben consapevole del turbamento dell'opinione pubblica dinanzi alla contestazione - da parte della Procura della Repubblica di Milano al Presidente del Consiglio - di gravi ipotesi di reato, e dinanzi alla divulgazione di numerosi elementi riferiti ai relativi atti d'indagine". "Senza interferire nelle valutazioni e nelle scelte politiche che possano essere compiute dal Presidente del Consiglio, dal governo e dalle forze parlamentari, egli auspica che nelle previste sedi giudiziarie si proceda al più presto ad una compiuta verifica delle risultanze investigative".
Il presidente Napolitano inoltre smentisce quanto riferito da qualche organo di stampa affermando che "non c'è stato in questi giorni alcun colloquio telefonico tra il Presidente del Consiglio e il Presidente della Repubblica". "Si smentisce egualmente - si legge - che il Capo dello Stato abbia letto o comunque ricevuto - non competendogli in alcun modo - le carte trasmesse dall'Autorità giudiziaria alla Camera dei Deputati che dovrà pronunciarsi sull'autorizzazione richiestale a eseguire una specifica perquisizione". [GB]