Bernie, il Bronx e l'ottimismo

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Giovedì 31 Marzo è una di quelle giornate in cui pensi: “Questo potrò raccontarlo ai miei nipoti”. Una giornata che scrive un po’ di storia. Il 31 Marzo un candidato alla presidenza degli Stati Uniti ha tenuto il proprio comizio nel Bronx (il video completo del comizio a questo link): accade per la prima volta dal 1968, quando si tenne quello di Robert Kennedy. A seguire l’enorme successo di Bernie Sanders, che ha coinvolto circa 18.500 persone, anche Donald Trump e Hillary Clinton annunciano un comizio nel quartiere dimenticato dagli stessi newyorkesi. Ma quest’ultima frase, a parte per il reale dato numerico e l’enorme successo, è in realtà un pesce d’Aprile del collettivo “Welcome2theBronx”, che ironizza sull’eccezionalità dell’evento. 

“E’ la prima volta che vengo nel Bronx” afferma Kevin ad Unimondo. “Io vivo nel New Jersey, ho preso due metropolitane e un autobus per arrivare qui. E sono entusiasta di averlo fatto. Questo è un bel parco, e si è riempito di persone che come me credono in questa rivoluzione!”.

Si, perché di rivoluzione si parla nella campagna elettorale di Bernie Sanders. Questa parola viene ripetuta moltissime volte durante il comizio nel Bronx; Sanders enfatizza che i cambiamenti veri avvengono dal basso e che gli Stati Uniti sono stati l’avanguardia delle più grosse rivoluzioni sociali del mondo, dalla sessualità alle battaglie contro il razzismo. Bernie Sanders detiene un altro primato, e cioè l’essere il primo candidato alla presidenza degli Stati Uniti a dichiararsi socialista senza temere la demonizzazione del termine: un sondaggio dello scorso ottobre rivela che il 47% degli elettori voterebbe per un candidato socialista, di cui il 59% dei democratici, il 49% degli indipendenti e addirittura il 26% dei repubblicani. E teniamo conto che nello stesso sondaggio, dichiararsi socialista era più penalizzante che definirsi musulmano o ateo.  

Il comizio di giovedì ha visto Sanders accompagnato dal cantante del gruppo rap portoricano Calle 13, residente, e dall’attrice Rosario Dawson,  di origini nativo americane, portoricane ed afro-cubane. Due sostenitori che parlavano soprattutto alle minoranze, che ancora sembrano preferire Hillary Clinton al senatore del Vermont. Il voto degli afro e dei latino americani sembra esser stato decisivo per la vittoria della Clinton al Super Tuesday, lo scorso primo Marzo, quando si è votato per le primarie in 13 stati; a dirla tutta però, come nota la Dawson, i presenti sembrano tutt’altro che in maggioranza bianchi.

Giovedì scorso, Bernie ha scelto varie strategie comunicative che variavano dal “Noi non possiamo accettare che…”  a “La differenza tra me e Hillary è che…”. Molte le differenze con l’ex segretario di stato, prima tra tutte il totale distacco dai poteri forti di Wall Street, dell’AIPAC ( Sanders, nato da genitori ebrei polacchi, è stato l’unico candidato a non presentarsi alla conferenza annuale della lobby americana pro-Israele) e dalle grosse multinazionali. Insomma, Sanders non vuole avere niente a che fare con quello che definisce l’establishment.

Anche tra chi partecipa al comizio, qualcuno non è sicuro di votare Bernie piuttosto che Hillary. Incontro Josh, che con un’enorme sorriso dice: “Sono contento che siano qui! Sono curiosi e stanno cercando di formarsi un’idea. Sono estremamente ottimista che saranno coinvolti dall’energia di Bernie e dalle sue proposte. Sono proposte necessarie, fantastiche, irrinunciabili”.

Bernie le proprie proposte le menziona tutte: la causa ambientalista, il diritto al controllo sul proprio corpo – dopo un’affermazione di Trump per cui le donne che abortiscono dovrebbero essere punite- la necessità di una società che accetti tutti in maniera paritaria, dagli omosessuali alle persone di colore. Battaglie ben lontane dall’essere vinte, in una società in cui –ad esempio- mediamente per ogni dollaro posseduto da un bianco, un nero possiede otto centesimi (Rapporto sullo stato del Sogno: la depressione silenziosa, Boston, 2009).

Non è accettabile che in questo paese ci siano abbastanza soldi per riempire le carceri ( l’America è il paese che conta, in proporzione, il più alto numero di detenuti al mondo) ma non per garantire un sistema sanitario pubblico o un’educazione pubblica” tuona Sanders. Il senatore- strenuo sostenitore del modello nordico-  sottolinea più volte la necessità di un apparato statale che garantisca più servizi e in maniera uniforme, indipendentemente dall’estrazione sociale ed economica. “ Io ho studiato in una buona scuola pubblica a Brooklyn. Tutti dovrebbero poter ricevere un’istruzione simile. E’ impensabile che i nostri giovani vivano stressati fin dalle scuole superiori, per essere ammessi in un college. College che poi devono pagare caro, accumulando altro stress e pensando ad un buon lavoro con cui ripagare il loro debito”.

La forza di Bernie Sanders non si ferma alle sue capacità oratorie o al programma ampliamente condiviso, soprattutto tra i giovani americani (ma anche tra chi non avrebbe mai votato: incontro molte persone che si definiscono anarchiche).  Le 18mila persone che si sono ritrovate nel piccolo parco St.Mary’s del Bronx sono pervase da un’energia che fa quasi scintille: sono ottimiste, pronte a dedicare il loro tempo alla campagna, che in fondo nasce e si sviluppa solo dal basso, e provano un’intensa empatia con il loro candidato. Credono in quest’uomo che non ha mai tradito i propri ideali, da quando è stato arrestato nel 1963 ad una marcia contro la segregazione razziale guidata da Martin Luther King, a quando ha ottenuto la carica di senatore del Vermont ( uno stato particolare, fatto di boschi e democrazia diretta, grazie ai town meetings). Alcuni dei partecipanti al comizio dicono che: “Se lui tenterà di cambiare davvero il sistema, probabilmente cercheranno di ucciderlo, come è avvenuto da Lincoln a Kennedy. Ma noi crediamo che Bernie non rinuncerebbe ai suoi ideali neanche sotto minaccia”. Questa affermazione, si, riempie di significato uno degli slogan della campagna: “Feel the Bern!”, un gioco di parole che significa letteralmente “Senti Bernie!” ma anche “Senti come brucia!”.

Infine, gli elettori di Sanders sfidano la poca attenzione che i più grossi media statunitensi gli riservano con le armi del web. Joe dice ad Unimondo che nonostante segua da vicino la campagna di Bernie, è riuscito a sapere del comizio di giovedì solo il giorno prima. Rosario Dawson ha proposto un sit-in di protesta davanti alla sede centrale della CNN per non essere stata presente al più grosso evento politico nella storia del Bronx. 

Sofia Verza

Laureata in Giurisprudenza presso l'Università di Trento, ha studiato ad Istanbul presso le Università Bilgi e Yeditepe, specializzandosi nel campo del diritto penale e dell'informazione. Ad Istanbul, ha lavorato per la fondazione IKV (Economic Development Foundation), ricercando nel campo della libertà di espressione. E' stata vice presidente dell'associazione MAIA Onlus di Trento, occupandosi di sensibilizzazione sulla questione israelo-palestinese e cooperazione culturale in Cisgiordania. Scrive per il Global Freedom of Expression Centre della Columbia University e collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso

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