Il tempo di Yahya Sinwar

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di Paola Caridi

Un nuovo capitolo, per Hamas, si era aperto ben prima del 7 ottobre. Eppure il 7 ottobre è, anche per il Movimento di resistenza islamico, quel taglio della Storia che segna un prima e un dopo. Protagonista, prima e dopo, Yahya Sinwar. La figura dell’attuale capo del politburo di Hamas contribuisce in misura sostanziale al cambiamento di direzione del movimento islamista palestinese. E lo fa in poco tempo, nella sua scalata alla direzione della circoscrizione di Gaza. Liberato nel 2011 attraverso lo scambio tra Gilad Shalit, il soldato israeliano sequestrato per cinque anni dentro Gaza, e 1027 prigionieri palestinesi detenuti nella carceri di Israele, Sinwar è l’artefice di uno spostamento di Hamas verso una gestione che in molti considerano autocratica. E la conferma è nel 2021, quando Sinwar viene riconfermato alla testa della circoscrizione di Gaza del movimento, ma ha bisogno di tre ballottaggi per ottenere il risultato.

Dal 2021 sino all’attacco del 7 ottobre, l’impegno di Sinwar sembra in gran parte focalizzato a fare dello strumento militare il centro della sua strategia. Aveva proposto un «esercito nazionale» a Gaza che comprendesse le Brigate al-Qassam e gli altri gruppi militari, composto da migliaia di combattenti. Un vero e proprio centro di coordinamento definito Comando Unificato della Resistenza. «Le nostre armi devono essere sotto l’ombrello dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina», aveva detto pubblicamente, immaginando forse ciò che – lo si è compreso drammaticamente ex post – ha realizzato il 7 ottobre 2023.

Sinwar rende sempre più stretto il rapporto tra ala politica e ala militare. Ne riassume il legame nella sua stessa persona e nel suo percorso. Capo della circoscrizione delle prigioni, negli oltre vent’anni di detenzione, Sinwar è stato sempre considerato anche un membro dell’ala armata...

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