Burundi: la missione era donna

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Non solo James Foley e Steven Sotloff, quindi. Decapitati in diretta e rei di essere dei veri giornalisti ma anche missionarie a noi vicine come Suor Lucia Pulici, suor Olga Raschietti e Bernardetta Boggian, di 75, 83 anni e 79 anni, massacrate tra domenica pomeriggio e lunedì mattina presso il “Centro pastorale giovanile”. Luogo d' incontro fra ragazzi di etnia hutu e tutsi fondato dai padri saveriani.

Ma cosa fanno i Saveriani in Burundi? 

 Presenti dal 1963, sulle orme dei Padri Bianchi. Tra essi v'erano anche delle Saveriane giunte dal Congo (ex Zaire) perché ivi impossibilitate ad operare. Nel 1972 sono già ben 26 missionari impegnati in sei missioni e nella casa di accoglienza della capitale Bujumbura. All'inizio cercarono di rispondere per lo più all'alta domanda di “nuovi cristiani” costruendo chiese e canoniche.

Con il passare degli anni vi aggiunsero scuole e dispensari. Accanto alle suore Saveriane v'erano costantemente gruppi di volontari impegnati nella costruzione di ospedali e maternità, foyer sociale per le ragazze, laboratori di falegnameria, meccanica, muratura; agricoltura e allevamento, cooperative per l'acquisto e lo smercio dei prodotti agricoli locali e l'acquisto dei prodotti necessari alla popolazione. Vengono sistemate la strade ed aperte nuove piste per raggiungere le succursali delle missioni. Sulla riva del lago Tanganica vennero fondate le prime cooperative di pescatori. Gruppi di volontari si alternano dall'Italia.

Poi arrivò il tragico aprile 1972 con un attacco da parte di milizie Hutu in una località dove erano nati diversi ufficiali dell'esercito governativo. Ciò scatenò la violenta reazione dell'apparato militare Tutsi. La repressione fu spietata e lasciò sul campo centinaia di migliaia di vittime ed altrettanti profughi oltreconfine.

Nel 1976 il colonnello Jean-Baptiste Bagaza prese il potere a seguito di un sanguinoso colpo di Stato. Il 30 maggio 1979 vengono espulsi i primi 15 missionari, tra i quali tre Saveriani rei di condannare l'haparteid su base etnica. Due settimane dopo la stessa sorte toccò ad altri 55, sei dei quali Saveriani. La motivazione della loro espulsione è quanto mai generica: "la sua presenza e il suo comportamento minacciano di compromettere l'ordine, la sicurezza e la tranquillità pubblica". Il piano del governo è ben chiaro: espellere tutti i missionari entro l'estate, in modo da indebolire la Chiesa e ridurne l'influenza sulla vita del Paese.

Nel novembre del 1981 vennero espulsi in blocco tutti i Saveriani presenti nelle quattro parrocchie del decanato di Rumonge e nel 1984 fu la volta di tutti gli altri presenti nella diocesi di Bururi. Dal 1985 in poi la stessa sorte toccò a molti altri. Solo con il colpo di stato di Buyoya del settembre 1987, che pose fine alla persecuzione di Bagaza si fermò la deportazione: si contarono solo quattro confratelli.

Con gli anni 90 nacque, sempre per iniziativa dei Saveriani, il "Centro Giovanile di Kamenge" ove persero la vita le tre anziane suore. Questo centro diede speranza di convivenza ad una generazione di giovani che si misuravano non più sull'appartenenza etnica ma sul campo da basket, da volley, da calcio e nelle aulee di studio. Nel 1993 tutto sembrò rifiorire. Godetti di quel periodo per averlo vissuto in diretta; il periodico più famoso d'Africa parlò di “rinascimento africano”. I tempi della persecuzione erano passati ed il paese camminava speditamente verso la democrazia. Le elezioni del giugno 1993 sembravano chiudere definitivamente una pagina dolorosa di storia. Ma il dramma che si voleva scongiurare per sempre fu di nuovo là. Si trattò del quarto colpo di stato militare; questa volta non più contro il regime militare, ma contro un Presidente – Ndandaye - e un Parlamento democraticamente eletti. Altro bagno di sangue delle proporzioni del 1972. L'anno seguente – il 1994 – vi fu il genocidio del Rwanda.

Le Saveriane ritornarono nel paese solo nel 2000 per proseguire l'attività sanitaria e di promozione della donna. Visto il mancato ricambio e le poche vocazioni emerse dal nono capitolo generale celebrato a Parma il mese scorso credo che la loro presenza in Burundi cesserà definitivamente. 

Un paio d'anni fa fui in visita alle suore operaie di Bujumbura. Per favorire la mia attraversata verso il Congo mi fecero conoscere le consorelle saveriane dalle quali ho avuto informazioni per il trasporto e l'alloggio in Congo. Persone disponibili; indescrivibili. La loro porta era sempre aperta... Purtroppo.

Fabio Pipinato 

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