Informarsi veramente: a chi importa ancora?

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Oggi chi vuole veramente informarsi ha gli strumenti e le risorse per farlo. 

Ne siamo sicuri?

Scrollare la home di facebook o navigare tra le stories di Instagram ci restituisce talvolta elementi di attualità. O meglio, ci fornisce il titolo della news e i commenti di chi lo ha condiviso dal quotidiano. La lettura, se non l’approfondimento della notizia, è in genere consentita solo dalla sottoscrizione di un abbonamento ai quotidiani.

Cosa cambia con la situazione di qualche anno fa? Poco e tanto al contempo. Il giornale veniva acquistato quotidianamente in edicola e, anche se non esisteva una versione digitale dello stesso, si pagava la conoscenza approfondita della notizia riportata dai professionisti della comunicazione. Oggi non importa a molti leggere gli articoli di giornali e tantomeno pagare per avere l’approfondimento giornalistico: siamo tempestati da notizie dalle più variegate fonti, non solo dai quotidiani, e gli stessi giornalisti professionisti non sono immuni a incappare (e divulgare) bufale o a formulare titoli acchiappa-click su quotidiani prestigiosi. La vendita dei giornali cartacei è in caduta libera e non è stata affatto rimpiazzata da lettori abbonati alla versione web dei quotidiani. 

Uno sguardo ai numeri può meglio dare un quadro della situazione. Il 57° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, pubblicato il primo dicembre 2023, riporta che “i quotidiani cartacei, che nel 2007 erano letti dal 67,0% degli italiani, si attestano oggi al 25,4% (-3,7% in un anno e -41,6% in quindici anni). Si registra ancora una limatura dei lettori dei settimanali (-1,6%) e dei mensili (-0,6%). Gli utenti dei quotidiani online invece aumentano al 33,0% degli italiani (+4,7%), un numero comunque inferiore a quanti utilizzano i siti web d’informazione generici (il 58,1%: +4,3%)”. I dati sono in effetti inequivocabiliin meno di vent’anni i lettori italiani si sono dimezzati, tanto per i giornali quanto per i libri attestando nel 2023 la spesa per i libri al 12,9 e per i giornali allo 0,3%. La stragrande maggioranza li ha pressoché esclusi dalla propria quotidianità. Gli interventi pubblici a sostegno dell’editoria consentono ai giornali di “sopravvivere” ma non di avvicinare maggiormente il lettore (cittadino) alle notizie e di essere cittadino pienamente consapevole

Il trend generale è diventato quello di non soffermarsi sulla notizia, leggerla sommariamente o mediante il titolo nel mare magnum dei siti di informazione non professionistici (o ripostati dai social media). Con l’avvento dell’informazione online, le notizie sono diventate oggetto di un flusso costante, non più legate alla scansione del tempo (quotidiana, settimanale, mensile) ma al luogo, virtualmente parlando, dal quale le notizie vengono prodotte e immesse in circolazione. Un approccio che cambia le modalità di lettura e il tipo di approfondimento possibile e che, secondo la giornalista e psicologa Edith Sánchez, limita le capacità di pensiero critico; internet lavora mediante algoritmi che tendono a confermare le nostre opinioni e, a lungo andare, a indebolire la facoltà di valutare e di soppesare le informazioni secondo i nostri criteri. L’autorevolezza della fonte di informazione non appare più così decisiva (ma la sola gratuità?), paradossalmente quando proprio ora dovrebbe risultare determinante. Che gli articoli di siti web che fanno di notizie inventate su dettami satirici la loro bandiera siano commentati e diffusi come se fossero veri, la dice lunga sulle capacità di lettura e comprensione di un testo e, tantomeno, sulla comprensione delle fonti di informazione. Ad esempio il noto “Lercio” (sottotitolo “Lo sporco fa notizia”) specifica in prima pagina che “Tutti gli articoli contenuti in questo sito sono falsi (almeno finché non si avverano) e sono stati redatti a scopo esclusivamente umoristico.” Non ci dovrebbe essere neanche bisogno solo leggendo i contenuti di quegli articoli, eppure…

Probabilmente a dare un contributo alla generale disinformazione dei cittadini, al disinteresse alle fonti di informazione e al corretto lavoro giornalistico, sono state le stesse principali testate italiane che, nel tentativo di rincorrere i lettori e la loro ricerca di informazioni immediate (e poco approfondite), hanno abbassato la qualità dell’informazione sganciando il dovere di informare dal diritto a essere informati.

Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.

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