Zimbabwe: demolizione di villaggi e sfruttamento dei bambini

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Amnesty International ha diffuso oggi immagini inedite sulla distruzione di massa di una grande comunità dello Zimbabwe, fornendo la prova dell'impatto devastante della politica di demolizione delle case adottata dal governo di Harare. "Se mai ve ne fosse ancora bisogno, queste immagini costituiscono la prova inconfutabile che il governo dello Zimbabwe ha raso al suolo intere comunità, cancellandole completamente dalle mappe, come se non fossero mai esistite" - denuncia l'organizzazione per i diritti umani. Il 28 giugno 2005, nell'ambito dell'operazione "Restaurare l'ordine", un convoglio di veicoli militari e camion entrò a Porta Farm e ridussero in briciole la zona. I poliziotti minacciarono fisicamente chiunque tentasse di opporre resistenza. Il giorno dopo la polizia tornò e completò la devastazione, caricando a forza le persone a bordo dei camion.

Paradossalmente la distruzione di Porta Farm ebbe luogo mentre l'Inviata speciale delle Nazioni Unite, Anna Tibaijuka, si trovava nello Zimbabwe. Il 29 giugno alcuni funzionari del suo staff furono testimoni diretti delle demolizioni e delle espulsioni di Porta Farm. Nel suo rapporto, l'Inviata speciale riferì come il suo staff fosse rimasto "scioccato dalla brutalità" cui aveva assistito. Secondo osservatori locali per i diritti umani, nell'operazione vennero uccise diverse persone, tra cui due bambini.

Nel maggio 2005 il governo dello Zimbabwe lanciò l'operazione "Restaurare l'ordine", che prevedeva massicci sfratti forzati e la demolizione di case e di banchi di lavoratori ambulanti. L'operazione, condotta in pieno inverno e in un periodo di grave crisi alimentare, prese di mira le comunità povere delle zone urbane e semiurbane di tutto il paese. In un rapporto reso pubblico il 22 luglio 2005, le Nazioni Unite stimarono che nell'arco di circa sei settimane almeno 700.000 persone avevano perso le proprie case o i propri beni, o entrambi. L'oprazione è stata ripetutamete denunciata dalla International Alliance of Inhabitants (IAI).

Intanto Save the Children riporta che i bambini che attraversano il confine dallo Zimbabwe al Mozambico finiscono spesso nelle reti dello sfruttamento sessuale o di imprenditori senza scrupoli. Molti di questi sono orfani oppure 'non accompagnati' e perciò particolarmente vulnerabili. Una volta in Mozambico, i bambini sono impiegati soprattutto in agricoltura, nell'edilizia e nel piccolo commercio con retribuzioni inferiori a quelle dei coetanei mozambicani e senz'alcuna protezione sul lavoro. Il destino delle bambine è invece quello di finire nella prostituzione. "Il fenomeno dei minori che varcano i confini tra uno Stato e l'altro per sfuggire a fame, povertà e guerre è poco conosciuto e indagato" - ha spiegato Carlotta Sami, direttore dei programmi di Save the Children Italia. "In realtà si tratta di un problema molto serio che non è certo limitato allo Zimbabwe e al Mozambico ma riguarda migliaia di bambini che passano le frontiere dei paesi del Sud dell'Africa. Sono minori privi di qualsiasi protezione e punti di riferimento, quindi facili vittime delle tante forme di sfruttamento e abuso". [GB]

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