Solidarietà europea: ok… ma non troppo

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Foto: Unsplash.com

Moria is a stark reminder” (Moria è un duro promemoria) ha affermato la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen il 23 settembre, presentando il nuovo Patto europeo su migrazione e asilo: “Non è in discussione se gli Stati membri debbano sostenersi nella gestione dell’immigrazione, ma in che modo debbano farlo.” 

Agli occhi della Commissione europea, questa nuova proposta rappresenta un efficace compromesso tra responsabilità e solidarietà ed un buon punto di partenza affinché – come ha aggiunto la Commissaria per gli Affari Interni Johansson – la migrazione torni ad essere un tema normale, persino noioso. 

Il nuovo pacchetto che non ha valenza normativa ma suggerisce comunque quale sarà l’indirizzo delle politiche migratorie europee per gli anni a venire, si fonda essenzialmente su quattro pilastri: il superamento del Regolamento di Dublino, una maggiore condivisione di responsabilità fra gli Stati membri, uno sforzo maggiore dell’Unione nei salvataggi in mare e il rafforzamento dei controlli delle frontiere esterne.

In che modo si dovrebbe realizzare tutto questo? 

Nella conferenza stampa, il Vicepresidente della Commissione Schinas ha presentato il Patto come una casa a tre piani: una metafora un po’ fuori luogo, se pensiamo che si tratta del futuro di chi una casa probabilmente non ce l’ha più. 

Giacché la migrazione dev’essere affrontata come un fenomeno globale, le fondamenta di questo palazzo sono costituite dalla “dimensione esterna”, cioè il rafforzamento della cooperazione con gli Stati terzi, di origine e di transito dei migranti, per la regolazione dei flussi. 

Il secondo piano è costituito dall’irrobustimento della gestione delle frontiere esterne attraverso l’implementazione di Frontex (la guardia frontaliera e costiera europea) e l’introduzione di uno screening preventivo dei migranti irregolari alla frontiera, basato su controlli di identità, sicurezza e dello stato di salute. Coloro i quali presenteranno una richiesta “debole”, quindi con una bassa probabilità di essere accolta, affronteranno una procedura semplificata e rapida di accertamento ed eventualmente di rimpatrio. Gli altri verranno indirizzati verso la giusta procedura per rimanere legalmente in Europa. 

Il terzo ed ultimo piano è costituito dal nuovo meccanismo di solidarietà fra gli Stati europei, che abbandona definitivamente l’idea di una redistribuzione obbligatoria del numero di migranti, ma introduce il concetto di “sponsorizzazione dei rimpatri”. Nei momenti di crisi o particolare pressione migratoria su uno degli Stati europei e qualora un altro Stato membro non intenda accettare il ricollocamento dei migranti sul suo territorio, quest’ultimo è comunque obbligato ad assumersi la responsabilità dei rimpatri di un numero di migranti pari al numero di quelli che avrebbe dovuto accogliere. Inoltre, gli Stati “sponsor” avranno facoltà di scegliere di quale gruppo nazionale occuparsi, sulla base della loro valutazione di probabilità di successo dei rimpatri. 

E su questo punto la Commissione europea sembra avere una spiccata creatività, ma uno scarso senso pratico. Riprendendo un’interessante analisi di Francesca Spinelli su Internazionale, poniamo un esempio concreto: la Bulgaria non intende accettare il ricollocamento dei richiedenti asilo sul suo territorio e quindi sceglie di sostenere l’Italia occupandosi del rimpatrio dei migranti irregolari, che nel frattempo rimangono sul suolo italiano. La Bulgaria potrebbe però anche dire che intende sì aiutare l’Italia nei rimpatri, ma occupandosi solo dei migranti iracheni, ma non dei siriani e dei nigeriani. 

Se così fosse, si prospetterebbe una situazione assurda, oltre che di difficile applicazione. 

Al di là del discutibile meccanismo di solidarietà, il pacchetto di soluzioni presentato dalla Commissione non ha tardato a suscitare scetticismo e critiche

Il Patto prevede, ad esempio, l’istituzione di un meccanismo di controllo per contrastare i respingimenti illegali dei richiedenti asilo tramite quelle azioni (violente) che violano i diritti fondamentali di queste persone. Sebbene questa iniziativa sia stata salutata favorevolmente, non è ben chiaro come il meccanismo di sorveglianza potrà essere indipendente, nel momento in cui è composto dagli stessi Stati che mettono in atto tali violazioni. 

Altra questione è quella delle tempistiche previste per gli screening da parte dei Paesi di primo ingresso. Il tempo previsto sarebbe di cinque giorni, ma molti obiettano che è davvero improbabile che Italia e Grecia riescano a rispettare le tempistiche, soprattutto in situazione di crisi. Ne conseguirebbe la necessità di rafforzare ulteriormente il sistema di hotspot già in atto a Lesbo, Lampedusa e altrove. Insomma, proprio quello che si sarebbe voluto evitare.

In un’intervista a MeltingPot, l’avvocato dell’ASGI Anna Brambilla espone le sue perplessità.

Come moltissimi altri enti della società civile, ASGI aveva inviato alla Commissione alcune proposte ma «del tutto opposte sono le posizioni sulla cooperazione con i Paesi terzi, le procedure per l’esame delle domande di protezione internazionale, l’uso di concetti quale “Paese d’origine sicuro” e “Paese terzo sicuro”, la libertà di circolazione e le operazioni di soccorso e ricerca in mare.»

Il nuovo capitolo di una politica migratoria condivisa ha posto l’accento sui meccanismi di protezione dei confini e sulle procedure di rimpatrio e riammissione in continuità con il passato. Viene data centralità alla cooperazione con gli Stati terzi e con quelli che ospitano i rifugiati, oltre che alla lotta al traffico di migranti e allo sviluppo di canali di migrazione regolare.

Pur plaudendo l’Unione per avere riconosciuto la necessità di una politica comune e avere riaffermato l’obbligo legale e morale di soccorso e salvataggio in mare dei naufraghiIOM (l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni) ha affermatoche alcune questioni riguardanti l’attuazione delle proposte dovranno essere valutate e chiarite. Il Patto è infatti composto da numerosi documenti che sono ora al vaglio di giuristi ed esperti e che dovranno passare per il Consiglio e il Parlamento europei. 

Se non altro Il Patto è un punto di partenza, ma fin qui il concetto di solidarietà – sia nei confronti dei migranti che fra gli Stati europei – sembra sfumare di fronte alle istanze ed esigenze nazionali e nazionalistiche. 

Maddalena D'Aquilio

Laureata in filosofia all'Università di Trento, sono un'avida lettrice e una ricercatrice di storie da ascoltare e da raccontare. Viaggiatrice indomita, sono sempre "sospesa fra voglie alternate di andare e restare" (come cantava Guccini), così appena posso metto insieme la mia piccola valigia e parto… finora ho viaggiato in Europa e in America Latina e ho vissuto a Malta, Albania e Australia, ma non vedo l'ora di scoprire nuove terre e nuove culture. Amo la diversità in tutte le sue forme. Scrivere è la mia passione e quando lo faccio vado a dormire soddisfatta. Così scrivo sempre e a proposito di tutto. Nel resto del tempo faccio workout e cerco di stare nella natura il più possibile. Odio le ingiustizie e sogno un futuro green.

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