Brucia l’inferno di Lesbo

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Foto: Unsplash.com

Se esistesse un inferno, allora sarebbe come Lesbo. 

Ancora una volta la piccola isola greca è il teatro di una tragedia senza fine. 

Da quando il campo profughi di Moria è bruciato, l’8 settembre, più di 12.000 persone (di cui circa 4000 minori), sono rimaste senza un tetto, senza assistenza, senza più nulla.

Per la cronaca, quel campo era stato creato per ospitarne solo 3000 di profughi.

L’orda di persone che si è riversata sulle strade della piccola isola e che protesta con in mano cartelli improvvisati, chiede soltanto libertà. Libertà di potersene andare da lì, di potersene andare dalla Grecia, in un altrove dov’è ancora possibile sperare in un futuro. 

Sì, perché Moria ha tolto l’unica cosa che era rimasta a quella gente, la speranza. Ora dormono in letti improvvisati, fatti di coperte e canne di bambù, sul ciglio delle strade, nei parcheggi dei supermercati, nei campi di ulivi. Avanzano insieme, come se fossero un unico corpo. 

Di fronte, soltanto la polizia in tenuta antisommossa. 

Cinque persone sospettate di aver appiccato il fuoco sono state arrestate, un’altra sarebbe ricercata. Le autorità greche non hanno fornito ulteriori dettagli, ma gli incendi sono stati attribuiti fin dall’inizio ai residenti del campo, che volevano in questo modo fare pressione per essere lasciati liberi di andarsene. Le fiamme sarebbero divampate in diversi punti del campo, quando le autorità greche avevano deciso di sottoporre l’intero hotspot al lockdown, dopo che 35 persone sono risultate positive al coronavirus. Ovviamente questo è stato l’ultimo di una serie di problemi ormai cronici che affliggeva la gestione di queste persone. 

Il governo greco sta riorganizzando un altro campo profughi, ma più che altro sembra si tratti di un altro campo di detenzione: chi entra lì, non può più uscire. C’è il filo spinato a dividere il dentro dal fuori, la prigionia dalla libertà. Eppure queste persone non hanno commesso alcun crimine. Per la maggior parte sono migranti afghani e siriani, anche se ci sono persone di 70 nazionalità diverse. La loro colpa è la disperazione di chi scappa da guerra e persecuzioni, di chi percorre un viaggio che nessuno vorrebbe intraprendere mai. 

Il nuovo campo è una tendopoli temporanea situata vicino a Mitilene (la città portuale capoluogo dell’isola) che può ospitare fino a 3000 persone, ma il governo greco – per bocca del ministro dell’immigrazione Notis Mitarachi – ha precisato che gradualmente tutti i profughi verranno spostati lì dentro. Pare che finora soltanto un migliaio di persone abbia accettato di entrare nel nuovo campo. Il ministro però non nega l’ipotesi dell’uso della forza, qualora i rifugiati opporranno resistenza. Inoltre, chi si rifiuterà di entrare lì, non potrà proseguire con la richiesta di asilo. 

Per il momento sono stati lanciati dei volantini sopra la folla, nei quali viene spiegato ai richiedenti in diverse lingue che il campo è un posto sicuro per loro e per le loro famiglie. 

Ma la paura dei rifugiati è evidente ed è anche comprensibile: un’altra Moria sarebbe intollerabile. 

Per quanto riguarda il virus, si faranno dei test all’ingresso, e coloro che risulteranno positivi al Covid-19 verranno messi in isolamento in una tenda a parte. Sì, perché al dramma non c’è mai fine e la pandemia non guarda in faccia nessuno. 

Con il turismo estivo, il virus è giunto anche a Lesbo e non ha risparmiato i richiedenti asilo. 

L’8 settembre a Moria ha preso fuoco anche la tenda adibita per i profughi affetti dal virus, che sono dovuti scappare, mescolandosi al resto della folla. Altre 21 persone sono già risultate positive al tampone. 

Non ci sono dispositivi di protezione, non c’è distanziamento, non c’è isolamento. 

A dare assistenza (in particolare sanitaria) ci sono le NGO, come Medici Senza Frontiere, che ha allestito una clinica di emergenza all’interno di un capannone nel parcheggio di un supermercato dove i migranti sono accampati. Le stesse NGO impegnate in prima linea per soccorrere gli sfollati, chiedono con una petizione l’evacuazione dei rifugiati dall’isola e la garanzia che vengano riconosciuti i diritti fondamentali a questa gente, oltre che un deciso cambiamento di approccio politico da parte dell’Europa. 

Il ministro della protezione civile greco, Michalis Chrysochoidis, ha dichiarato al Guardian che circa 6000 rifugiati saranno trasferiti sulla terraferma entro Natale, gli altri rimarranno sull’isola al massimo fino a Pasqua, perché anche la popolazione autoctona è esausta e si oppone alla costruzione di un nuovo campo. 

E poi c’è l’Europa, immobile. La sua proposta è invece quella di garantire ulteriori fondi per costruire il nuovo campo. Alcuni Stati come Francia e Germania si sono anche resi disponibili ad accogliere 400 minori non accompagnati. La Germania ha poi rettificato: accoglierà 1533 persone dai diversi hotspot greci. Si attendono nuove entro il 23 settembre, quando la Commissione europea renderà pubblico il Patto europeo su migrazione e asilo, un testo programmatico contenente le linee guida sul lavoro che l’Europa svolgerà nell’ambito migrazione nei prossimi cinque anni. La Presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, durante il suo discorso sullo Stato dell’Unione, ha assicurato che il nuovo pacchetto porterà all’abolizione del regolamento di Dublino. 

Per ora il silenzio dei 27 su Moria è assordante, ed è il silenzio di chi – ancora una volta – gira la testa dall’altra parte. 

Maddalena D'Aquilio

Laureata in filosofia all'Università di Trento, sono un'avida lettrice e una ricercatrice di storie da ascoltare e da raccontare. Viaggiatrice indomita, sono sempre "sospesa fra voglie alternate di andare e restare" (come cantava Guccini), così appena posso metto insieme la mia piccola valigia e parto… finora ho viaggiato in Europa e in America Latina e ho vissuto a Malta, Albania e Australia, ma non vedo l'ora di scoprire nuove terre e nuove culture. Amo la diversità in tutte le sue forme. Scrivere è la mia passione e quando lo faccio vado a dormire soddisfatta. Così scrivo sempre e a proposito di tutto. Nel resto del tempo faccio workout e cerco di stare nella natura il più possibile. Odio le ingiustizie e sogno un futuro green.

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