Serbia, gli studenti scuotono il sistema

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Lacrimogeni e fumo nero, lancio di altri oggetti, urla, fischi, suoni di vuvuzela. Appare uno striscione nero con la scritta bianca “СРБИЈА УСТАЈЕ ДА РЕХИМ ПАДНЕјА”: “La Serbia si ribellerà e farà cadere il regime”. 

È andata più o meno così la prima sessione del 2025 dell’Assemblea nazionale, il parlamento serbo, tenutasi a Belgrado il 4 marzo. Da quella che pareva una rissa da stadio ne sono uscite tre parlamentari ferite. La speaker del parlamento, Ana Brnabić, però ha tirato dritto e ha fatto proseguire i lavori fino alle 18.00. 

Il parlamento serbo non si riuniva da quando, a fine gennaio, il primo ministro Miloš Vučević aveva annunciato le sue dimissioni. La rissa è scoppiata alla votazione dell’ordine del giorno. L’opposizione ha contestato alla maggioranza di non avere il diritto di approvare provvedimenti e leggi con un presidente dimissionario e un governo in bilico. I punti proposti all’ordine del giorno erano 70. 

La minoranza voleva che l’ordine del giorno riguardasse solo due punti: la presa d’atto delle dimissioni di Vučević e la modifica ad una legge sull’istruzione superiore chiesta dalle piazze. 

Da quattro mesi la Serbia è sottosopra per le proteste degli studenti che, da Belgrado a Novi Sad, si sono diffuse in tutto il Paese. Partita dagli studenti universitari e delle scuole superiori, i manifestanti vengono accolti e sostenuti da una buona parte della società. La partecipazione alle proteste si è allargata ad altre categorie: insegnanti, agricoltori, sindacati, persino qualche giornalista della TV di Stato. 

Dallo scorso novembre si susseguono cortei quasi quotidiani, blocchi del traffico, occupazioni. Da quando Aleksandar Vučić e il suo partito è al potere, correva l’anno 2012, è la prima volta che il suo dominio viene messo seriamente in difficoltà. 

Le proteste contro la corruzione nel Paese sono partite dalla città settentrionale di Novi Sad, nella Voivodina, seconda città per grandezza della Serbia. Il primo di novembre scorso, a causa del crollo di una tettoia della stazione, sono rimaste uccise 15 persone. Alla tragedia è seguito lo scandalo, con il tentativo iniziale delle autorità di negare i lavori svolti in quell’area della stazione. 

Fin da subito, gli studenti non credono alla tragica fatalità di un incidente, perché quella stazione era appena stata soggetta a lavori di ricostruzione. Lavori affidati ad una società cinese. Ma poi, la richiesta di far emergere le responsabilità e di giustizia per le vittime è andata oltre. Non sono servite le dimissioni dei ministri Goran Vesić e Tomislav Momirović, rispettivamente ex ministro delle infrastrutture ed ex ministro del commercio. 

Il crollo della pensilina e la morte di 15 persone ha fatto esplodere una rabbia latente contro un sistema tutt’altro che trasparente. A causare il crollo della pensilina è stata la corruzione dilagante di un governo clientelare, gridano gli studenti. Si organizzano sempre meglio e indicono uno sciopero generale per il 24 gennaio. Ne seguiranno molte altre manifestazioni. 

La polizia per il momento sembra essersi astenuta dall’intervenire, perché le proteste sono state pacifiche e gli studenti hanno organizzato un loro servizio d’ordine. Nonostante questo, non sono mancati episodi di violenza contro i manifestanti. Ad esempio, una macchina è entrata nel corteo di Belgrado per falciare le persone. A Novi Sad degli sconosciuti hanno affrontato i manifestanti con mazze da baseball, colpendo e ferendo una studentessa. 

I manifestanti non si sono fatti intimidire e da quattro mesi scendono regolarmente in piazza per chiedere un vero cambiamento. 

La politica però, almeno finora, ne era rimasta sostanzialmente fuori. Da un lato perché le proteste hanno un forte carattere civico e i manifestanti non intendono farsi usare dalla politica. Dall’altro perché sono proteste trasversali, con istanze condivise da una buona parte della società. Vogliono giustizia per le vittime, trasparenza e cambiamento. Comunque – forse ad attestare il grado di potere nelle mani dell’attuale presidente serbo – c’è da dire che non tutte le categorie di settore si sono schierate. 

Il presidente Vučić ricopre incarichi ufficiali ininterrottamente dal 2012. Prima come ministro, poi come primo ministro e, dal 2017, come presidente della Repubblica. Negli ultimi anni il suo potere ha mostrato crescenti tendenze antidemocratiche e la sua egemonia ha subito un’accelerazione. In questo quadro, la corruzione è qualcosa di davvero problematico: l’indice della corruzione percepita stilato da Transparency International pone la Serbia al 105simo posto su 180 con un punteggio di 35 su 100. Il trend risulta essere in caduta libera dal 2017. 

Rispetto alle proteste, il presidente Vučić ha assunto una postura piuttosto bellicosa. Ha tacciato gli studenti di portare avanti “manifestazioni colorate” per rovesciare il governo e ha detto che le proteste sono state sobillate e orchestrate dall’estero.  

Quest’ultima accusa sarebbe alla base dell’arresto di diversi attivisti di NGO, provenienti da altri Stati balcanici che si trovavano in Serbia. 13 persone sarebbero state interrogate e poi espulse. 

La narrativa delle autorità serbe ha colpito in particolare le organizzazioni finanziate da USAID (il sistema di aiuti internazionali degli USA che Trump aveva sospeso). Per le autorità, le attività di queste organizzazioni sarebbero la prova che la Serbia è vittima di influenze esterne che la vorrebbero destabilizzare. 

Il dominio di Aleksandar Vučić e del suo partito SNS si misura anche sulla capacità di controllare i media nazionali. Come racconta il corrispondente di OBCT Massimo Moratti, solo recentemente i media filogovernativi hanno iniziato a raccontare le proteste. Il report sulla libertà di stampa 2024 del consiglio d’Europa ha riscontrato che il numero di attacchi ai giornalisti in Serbia è inferiore soltanto a Ucraina (in particolare i territori occupati dalla Russia) e Turchia. Emblematico è il caso del giornalista investigativo serbo Stevan Dojčinović, vittima di una campagna diffamatoria su internet, per cui è stato condannato il tabloid “Informer”. 

Infine, è interessante notare come il sostegno esterno, in particolare dalla UE, sia stato abbastanza modesto. La Serbia è nel processo di adesione all’Unione Europea. Ma dall’Unione sono arrivate poche, timide dichiarazioni a sostegno degli studenti serbi, nonostante stiano manifestando per valori che l’Unione dovrebbe condividere e sostenere. Per la società civile europea, invece, gli studenti serbi stanno diventando un esempio di risveglio della coscienza civica. 

Dopo le risse in parlamento, rimangono gli interrogativi sul futuro politico del Paese. Alcuni analisti hanno ipotizzato che Vučić, anziché nominare un nuovo primo ministro, potrebbe giocarsi la carta delle elezioni. Per lui, le elezioni sarebbero una situazione di comfort, perché lo hanno sempre visto vincitore. Sarà forse la consapevolezza della forza elettorale di Vučić il motivo per cui gli studenti non stanno chiedendo nuove elezioni, ma che la loro voce venga ascoltata davvero.

Maddalena D'Aquilio

Laureata in filosofia all'Università di Trento, sono un'avida lettrice e una ricercatrice di storie da ascoltare e da raccontare. Viaggiatrice indomita, sono sempre "sospesa fra voglie alternate di andare e restare" (come cantava Guccini), così appena posso metto insieme la mia piccola valigia e parto… finora ho viaggiato in Europa e in America Latina e ho vissuto a Malta, Albania e Australia, ma non vedo l'ora di scoprire nuove terre e nuove culture. Amo la diversità in tutte le sue forme. Scrivere è la mia passione e quando lo faccio vado a dormire soddisfatta. Così scrivo sempre e a proposito di tutto. Nel resto del tempo faccio workout e cerco di stare nella natura il più possibile. Odio le ingiustizie e sogno un futuro green.

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