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Piovono microplastiche sulle nostre teste
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Foto: Daoudi Aissa da Unsplash.com
Nei giorni di forte maltempo che ha messo alla prova il centro nord della nostra penisola all’inizio del mese, tutti noi eravamo con gli occhi bassi, concentrati a terra: acqua che sgorgava copiosa dalle rocce e nelle strade, frane e smottamenti, esondazioni di fiumi e allagamenti… Se poi per caso alzavamo gli occhi al cielo, era solo per vedere all’orizzonte o sulle nostre teste temporali che si riversavano a scroscio sulle nostre città. Nessuno di noi, ci sarebbe da scommetterci, ha pensato alla plastica che poteva caderci in testa. Eppure…
Un recente studio di ricercatori giapponesi della Waseda University ha confermato la presenza di microplastiche e nanoplastiche nelle nuvole. Sappiamo ormai troppo bene che queste minuscole particelle che possono raggiungere anche 5 millimetri si trovano ovunque, dall’ambiente al corpo degli animali, non escluso il nostro (spesso assorbite per inalazione o per ingestione e rinvenute in cuore, polmoni, sangue, placenta e feci). La ricerca, pubblicata sulla rivista «Environmental Chemistry Letters», apre scenari tutti da esplorare, e non certo per il meglio. La presenza di plastiche nelle nuvole e nelle nebbie montane influenza con ogni probabilità il clima, ma in modi ancora sconosciuti. La mappatura è avvenuta sui monti Fuji e Oyama (in aree con altitudini tra i 1300 e i 3700 metri), attraverso la raccolta di campioni sulle e intorno alle vette, campioni dei quali sono stati poi determinati, con tecniche specifiche, le proprietà chimiche e fisiche.
Il risultato è che sono stati identificati nove tipi diversi di polimeri e un tipo di gomma presenti nell’aria delle nuvole: un litro di quell’acqua si è dimostrato contenesse da 6,7 a 13,9 pezzi di plastica. È evidente come questo sia un problema molto grave, ma ancora sottovalutato dai decisori politici. Eppure, se la questione non verrà affrontata in modo rapido e mirato, ci sono rischi ecologici che diventeranno reali, irreversibili e dalle conseguenze ancora ignote, ma indubbiamente gravi. Anche perché, come ha dichiarato il dott. Hiroshi Okochi, autore principale della ricerca, le microplastiche che raggiungono l’atmosfera superiore e sono esposte alle radiazioni ultraviolette si degradano più velocemente e contribuiscono alla formazione di gas serra.
La maggior parte delle ricerche sulle microplastiche si è finora concentrata sui sistemi acquatici e molto meno sull’aria. Ma da dove ci sono arrivate le microplastiche nelle nuvole? Ovviamente con il ciclo dell’acqua nella biosfera: le plastiche dismesse, esito spesso di scarichi industriali o di degradazione di plastiche di dimensioni maggiori, prima o poi finiscono, direttamente o indirettamente, nell’oceano (oltre 10.000 tonnellate). E da lì salgono al cielo, influenzando la formazione stessa dei complessi nuvolosi e contaminando potenzialmente tutto ciò che dall’acqua piovana viene annaffiato, compreso il nostro cibo.
L’accumulo di microplastiche in atmosfera, soprattutto nelle regioni polari, potrebbe portare a cambiamenti significativi nell’equilibrio ecologico del pianeta e a perdite notevoli di biodiversità. Si tratta infatti di un carico di inquinamento con il quale, senza la minima consapevolezza, stiamo aumentando il peso che la Terra deve sopportare per la nostra presenza e soprattutto per le nostre attività sconsiderate. E siamo ben lontani dall’affrontare la soluzione in maniera efficace, nonostante si potenzino i sistemi di raccolta differenziata e riciclo, la produzione rimane elevata, spesso utilizzata per oggetti monouso e una parte non irrilevante finisce dispersa nell’ambiente… purtroppo anche quello aereo.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.