Partecipazione: per una cittadinanza attiva

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Due bisogni, innanzitutto. Essere conosciuti e riconosciuti. La politica, nello svolgere il suo ruolo di rappresentanza, deve riconoscere l’apporto dei cittadini favorendo partecipazione, dialogo e conoscenza reciproca. Insomma, fare più attenzione al mezzo che al fine; al “come” arrivare ad una decisione che al “cosa”.

Perché? Ce lo dice la Costituzione: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà” (art. 118, ultimo comma)

Dove? Dentro le istituzioni. La scarsa partecipazione della cittadinanza ai consigli comunali indica da un lato l’avanzare dell’antipolitica ma dall’altro ad un’ingessatura delle istituzioni che sembrano temere la dialettica.

Se non vengono re-iscritte le “regole del gioco” si moltiplicheranno le istanze fuori dalle stesse: i “comitati del No”. Comitati spesso isterici (passatemi il termine) che affrontano le questioni con la sindrome Nimby (not in my back yard): non nel mio giardino perché privati di un’agorà d’espressione e confronto politico.

La città dell’uomo è anche depuratore, inceneritore, discarica, tratto ferroviario, impianto per la cremazione. La convivenza prevede micro-aree per i nomadi, alloggi protetti, edilizia popolare. Cose e case da non edificare “solo” nel paese vicino.

Rendere partecipate le istituzioni significa depotenziare proprio questi comitati in quanto le istanze si discutono nelle sedi appropriate ove l’interesse specifico di un territorio s’intreccia con il “bene comune” e quindi con gli interessi degli altri territori. Siamo tutti alimentatori di depuratori, discariche, inceneritori e, quando il Padre Eterno ci chiama, di forni crematori.

La Costituzione c’invita a costruire una società ove la cittadinanza attiva sia diffusa. Da antagonisti ad alleati, anche conflittuali, dell’amministrazione pubblica per costruire una civis che vada oltre la siepe. Un compito difficile per la politica. Ma ineludibile.

Fabio Pipinato

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