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La nuova politica in Kosovo ha il volto di Vjosa Osmani
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Foto: Pixabay.com
Scrivere di Kosovo non è mai facile. Scrivere di Kosovo è scalare montagne proibite, aprire ferite non ancora cicatrizzate, bussare alla porta di dolori passati che non passeranno mai. Lo ammetto: quando mi viene chiesto di scrivere di Kosovo sono sempre incerta. La sua storia, inutile negarlo, è un fardello pesante. Difficile dimenticarsene e fare finta di niente. Difficile guardare le cose per come sono, senza difficoltà. Detto questo, oggi si può provare a scrivere da un punto di vista diverso, perché anche il Kosovo sembra voler guardare a se stesso da un'altra prospettiva, quella di chi ha iniziato a sperare e vuole andare avanti.
Sarà che l’età media dei kosovari è di circa 30 anni (nella capitale Pristina di 28), un dato che classifica il Kosovo come Paese più giovane d’Europa; o che il tasso di natalità incrementa costantemente. C’è da dire, però, che quest’aria fresca si accompagna ad una fitta nube di difficoltà: prima fra tutte il tasso di disoccupazione, che si attesta attorno al 30%, ma che vola a livelli altissimi quando si tratta di quello giovanile, che sarebbe addirittura attorno al 50%. Ecco perché sembra che molti giovani kosovari vogliano emigrare altrove, dove la vita sembra più semplice o, almeno, dove un futuro sembra possibile.
Insomma, c’è chi va, chi spera di farlo presto e c’è chi resta. Oppure chi va via per un po’, ma poi torna con l’idea di essere parte di un progetto comune. E forse è proprio questa l’esperienza che ha portato la neo-eletta presidente della Repubblica, Vjosa Osmani, dall’università di Pristina a quella di Pittsburgh in Pennsylvania, fino ad essere la seconda donna a ricoprire la più alta carica nel piccolo Paese balcanico.
Il Kosovo, indipendente dal febbraio del 2008 (ma non ancora riconosciuto da Serbia e da parte della comunità internazionale, incluse Spagna e Grecia), ha salutato con entusiasmo l’elezione della giovane donna. Osmani è attiva politicamente fin dall’adolescenza, quando aderì al partito di centro-destra LDK. Nel 2019 aveva guidato il partito alle elezioni, ottenendo la posizione di speaker (presidente) del parlamento kosovaro.
Tuttavia, nel giugno del 2020 (dopo solo due mesi di governo) viene espulsa da quello stesso partito, perché si era rifiutata di appoggiare la sfiducia al premier e compagno di coalizione Albin Kurti del partito Vetëvendosje. Una mossa guidata dalla vecchia guardia, l’ex presidente della repubblica Hashim Thaçi, per altro sostenuta da Donald Trump, che voleva farsi mediatore di un accordo con la Serbia di Aleksandar Vucic e guadagnarsi il ruolo di paciere di fronte alla comunità internazionale.
Nel novembre del 2020 Osmani si è trovata ad assumere la funzione di presidente della Repubblica ad interim, dopo che lo stesso predecessore Hashim Thaçi si era dimesso per essere arrestato e portato a L’Aia, sede del Tribunale Speciale per il Kosovo: dovrà rispondere delle accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità riferiti al conflitto e al post-conflitto, anni in cui Thaçi era a capo dell’UCK, l’esercito di liberazione del Kosovo.
La scelta di Osmani di restare leale con la coalizione è stata, evidentemente, apprezzata dalla maggioranza dei cittadini kosovari. La leader costituisce un suo partito, Guxo (osare), e corre da sola alle elezioni del 2021, ma sempre in coalizione con Vetëvendosje (autodeterminazione), il partito nazionalista anti-sistemico di sinistra guidato da Albin Kurti. La 38enne di Mitrovica riceve 300.000 voti, diventando la leader più votata nella, seppure breve, storia del Kosovo. Mentre la coalizione guidata da Kurti riesce a sbaragliare tutti gli altri partiti, ottenendo più del 48% dei voti, con un’importante affluenza alle urne nonostante il Covid e le copiose nevicate di febbraio.
L’elezione della Osmani è arrivata al terzo tentativo – l’ultimo possibile – dopo che i primi due erano falliti a causa dell’assenza di un numero sufficiente di parlamentari. Per lei e per Kurti sembra essere una rivincita politica nei confronti dei “partiti di guerra” e di dieci anni di corruzione e clientelarismi. All’indomani delle elezioni, lo stesso Kurti, 45 anni, ha ringraziato la base elettorale identificandola con giovani (quelli nati dopo il conflitto o che del conflitto non hanno memoria), donne e la diaspora, che ha visto nel suo progetto la possibilità di un vero cambiamento.
Invece il fatto che una giovane donna sia riuscita a raggiungere un ruolo di tale rilievo è ancora più significativo e niente affatto scontato: sebbene le donne siano state e siano il pilastro e il motore della società kosovara, la cultura fortemente patriarcale e maschilista ha sempre impedito alle donne di accedere al processo decisionale e a ruoli di leadership. Il ruolo che ricoprirà la Osmani è di importanza istituzionale, ma è probabile che le verranno affidate competenze anche a livello rappresentativo nei rapporti internazionali.
Per quanto riguarda il nuovo governo invece, a parte un’agenda ambiziosa fatta di lotta alla corruzione e creazione di posti di lavoro, la prima e più grande sfida che dovrà affrontare, nonché la premessa necessaria alla sua esistenza, sarà quella della stabilità politica. Nessun governo del Kosovo, infatti, è riuscito finora a portare a termine un’intera legislatura. Tuttavia, non sono tardate le critiche nei confronti del Primo Ministro kosovaro (di etnia albanese e che detiene la doppia cittadinanza), il quale si sarebbe recato spesso in Albania nell’ultimo periodo per sostenere la campagna elettorale della controparte albanese, Vetëvendosje Shqiperi. Comportamento che le opposizioni avrebbero definito irresponsabile, in quanto interpretabile come un’intromissione nelle elezioni albanesi del 25 aprile (alle quali ha anche votato, come ha fatto sapere lui stesso tramite il suo profilo Twitter).
Per quanto riguarda il rapporto con Belgrado, Kurti sembrerebbe intenzionato piuttosto ad intentare un dialogo con la minoranza etnica serba all’interno dei confini, prima che con la Serbia. Eppure, il raggiungimento di un compromesso sembra essere una questione con cui anche la nuova classe politica dovrà fare i conti. Un banco di prova dove dimostrare la propria maturità. D’altro canto, anche il presidente Biden ha fatto giungere una lettera alla Osmani nella quale esprime la sua volontà di supportare l’amministrazione kosovara nella lotta alla pandemia e alla corruzione, al fine di rafforzare lo stato di diritto e l’economia. Ma il presidente degli Stati Uniti ha sottolineato anche che eguale importanza avranno gli sforzi in termini di flessibilità per raggiungere un accordo di normalizzazione dei rapporti con la Serbia. Un tale accordo andrebbe a beneficio non solo di una convivenza pacifica nella regione, ma è anche il presupposto necessario all’avvio dei negoziati di ingresso nell’Unione Europea e di integrazione nella comunità internazionale.
Maddalena D'Aquilio

Laureata in filosofia all'Università di Trento, sono un'avida lettrice e una ricercatrice di storie da ascoltare e da raccontare. Viaggiatrice indomita, sono sempre "sospesa fra voglie alternate di andare e restare" (come cantava Guccini), così appena posso metto insieme la mia piccola valigia e parto… finora ho viaggiato in Europa e in America Latina e ho vissuto a Malta, Albania e Australia, ma non vedo l'ora di scoprire nuove terre e nuove culture. Amo la diversità in tutte le sue forme. Scrivere è la mia passione e quando lo faccio vado a dormire soddisfatta. Così scrivo sempre e a proposito di tutto. Nel resto del tempo faccio workout e cerco di stare nella natura il più possibile. Odio le ingiustizie e sogno un futuro green.