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L’Unione Africana sceglie di puntare sull’Istruzione
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Foto: Flickr.com
Nella sua ultima assemblea plenaria di metà febbraio l’Unione Africana (UA) ha chiuso gli occhi e immaginato il suo futuro: entro un decennio, un terzo dei lavoratori proverrà dall’Africa e nel 2050 il 40% dei giovani sotto i 18 anni sarà africano. Parliamo di circa un miliardo di ragazzi: un numero non indifferente e che impone la soluzione di una determinante sfida, quella educativa. Ciò che quei giovani impareranno a scuola e come costituisce una questione vitale a livello globale. I dati raccontano che oggi 98 milioni di bambini e bambine non vanno a scuola nell’Africa subsahariana e che ben l’86% fatica a raggiungere l’alfabetizzazione di base entro i 10 anni, una percentuale che si è aggravata dalla pandemia di Covid-19 e tarda a decrescere.
È probabilmente sulla scorta di questa riflessione che l’UA ha lanciato il 2024 come l’anno dell’Educazione. La costruzione di sistemi educativi consolidati diventa la priorità dei 55 Paesi dell’organizzazione regionale. Dai (superati) Obiettivi di sviluppo del Millennio del 2015 agli Obiettivi di sviluppo sostenibili del 2030, l’istruzione è indicata come il Goal con la G maiuscola, laddove va oltre il suo semplice ruolo educativo e costituisce un tassello nella direzione della costruzione della pace, della salute, dello sviluppo e della garanzia dei diritti. La frequenza scolastica impone una quotidianità che detta pratiche di stabilità sociali, accoglienza e di serenità talvolta contrapposte alla caotica quotidianità della sopravvivenza ad esempio degli sfollati, bambine sottratte a matrimoni precoci e favore verso una evoluzione di pratiche sociali, garanzia di cibo, acqua pulita e servizi igienici, mamme più consapevoli dei bisogni igienico-sanitari dei bambini. Questo rappresenta il raggiungimento dell’“Obiettivo Istruzione” in Africa.
“Un’istruzione di qualità e resiliente, per promuovere la stabilità regionale e meglio preparare alle sfide dei cambiamenti climatici e ai conflitti territoriali o globali”, l’annuncio programmatico è dato forte in tutto il continente. A questo deve seguire l’azione che si concretizza in investimenti, ovvero in moneta tintinnante per far fronte alla carente formazione degli insegnanti, alla costruzione delle strutture scolastiche e alla garanzia di un’istruzione universale anche per le bambine del continente. Eppure tale priorità all’istruzione sembra data solo a parole: nella maggioranza dei Paesi africani l’investimento in istruzione è rimasto a meno del 4% del Pil. Nel 2023 l’investimento totale aveva raggiunto i 158 miliardi di dollari per i potenziali 700 milioni di giovani studenti africani. Per fare un paragone, anche se con i dovuti distinguo, le spese per l’istruzione nell’area dell’Unione Europea ammontano a oltre 670 miliardi euro per far fronte agli scarsi 74 milioni di studenti europei. L’Italia è bandiera nera dell’UE in quanto a investimenti sull’istruzione: la spesa pubblica mostra un impegno minore del nostro Paese rispetto alle maggiori economie europee (4,1% del Pil in Italia nel 2021 contro il 5,2 in Francia, il 4,6 in Spagna e il 4,5 in Germania) e in generale alla media dei 27 Stati membri UE (4,8%).
L’UNESCO, nel suo Education finance watch 2023 dedicato proprio all’Anno dell’Unione Africana per l’Educazione, ha fornito i dati sullo status quo attuale degli investimenti del continente in istruzione: la spesa media pro-capite risulta più bassa, tra i 70 e i 90 dollari, nelle regioni centrali dell’Africa così come a Est e a Ovest; più alto risulta lo speso negli Stati dell’Africa del sud, pari a 186 dollari nel 2021. Grazie ad essi, negli ultimi 20 anni in Africa subsahariana la popolazione che non frequenta la scuola primaria e secondaria è scesa dal 44% nel 2000 al 29% nel 2020 e, in generale, il tasso di alfabetizzazione è aumentato dal 66% al 77,5% tra i giovani e dal 52,6% al 64,3% negli adulti. La stessa Agenzia ONU ha, però, stimato che il raggiungimento degli obiettivi educativi prefissati passa attraverso un ulteriore investimento di 77 miliardi di dollari l’anno che, fattivamente, sembra non giungeranno neanche dagli aiuti allo sviluppo in diminuzione del 23% nell’ultimo anno. Un tassello importante del programma sarà la qualificazione degli insegnanti: il raggiungimento dell’Obiettivo ONU 4 per il raggiungimento universale dell’istruzione primaria e secondaria entro il 2030 in Africa passa attraverso l’assunzione di 15 milioni di insegnanti; e la loro formazione va combinata con l’adozione di nuove tecnologie e metodi di insegnamento. Sarebbe miope perseguire l'uno senza l'altro, e l'Africa ha un immenso potenziale in entrambi i settori. Gli investimenti nella formazione degli insegnanti, insieme a una diffusione misurata delle tecnologie, devono però essere sostenuti dalla collaborazione internazionale. Tutti coloro che sono coinvolti nell'istruzione globale, insieme a governi, ONG, filantropi e investitori, devono prendere sul serio l’istruzione in Africa. Occorre pensare in grande, occorre guardare al futuro del globo.
Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.