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Il tema di oggi è: dispersione scolastica
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: Foto di George Pagan III su Unsplash
“Ancora, per un anno, la scuola/ a preservare la mia fanciullaggine cocciuta./ Poi, la mia vita sola/ in mare aperto – come una vela sperduta”. È la poetessa Antonia Pozzi, allora 17enne, a scriverlo nel 1929.
Quasi 100 anni dopo, la percezione della scuola risulta diversa.
Poco rispettosa verso gli studenti, secondo M., studentessa delle superiori che ha espresso a Unimondo un certo disagio nella frequenza scolastica: talvolta i docenti intervengono in dileggio (o addirittura umiliazione) degli alunni in difficoltà nelle verifiche di apprendimento o banalmente risultano incapaci di raccogliere le evidenti forme di disagio espresse dai giovani. Le etichette affibbiate dagli adulti non aiutano di certo i giovani a sentirsi protetti all’interno della scuola, tutt’altro. Negli studenti matura, inoltre, un’insoddisfazione dettata dall’incongruenza della metodologia didattica fatta di scrittura su cartaceo e zaini strapieni di libri che parlano di sostenibilità ambientale-economica-sociale e non prendono in esame la possibilità di favorire il lavoro complessivo su strumenti digitali individuali, quali laptop e tablet, o di utilizzare metodi didattici più innovativi della tradizionale lezione d’aula e in contesti ambientali diversi. Infine una sensazione di frustrazione dettata dall’impossibilità di avere un dialogo con i docenti, a causa della loro ansia da valutazione e dell’affollamento delle classi, nonché dal clima competitivo respirato talvolta con i compagni di classe dovuto alle alte aspettative dei genitori o forse per pura maleducazione, che non rimane al di fuori delle strutture scolastiche.
R. conferma la percezione dell’assenza di serenità in aula e delle richieste incalzanti di risultati che non tengono talvolta conto delle complessità affrontate dei giovani. Anche lui intervistato per Unimondo, R., oggi 18enne, lo scorso anno ha lasciato la scuola dell’obbligo prima di aver completato il corso di studi frequentato. Oltre all’acquisizione di competenze (o semplici nozioni), ci spiega che avrebbe voluto trovare nella scuola un aiuto che non è arrivato. Lo dice parlando della necessità di un clima maggiormente accogliente e comprensivo, meno incentrato su verifiche e burocratici stati di avanzamento delle competenze; talvolta un clima anche più stimolante, capace di far mettere da parte quanto di brutto può essere già entrato nella mente e nel cuore di un giovane. Pentito della scelta? “Forse un pochino sì ora” ma probabilmente soprattutto per quello scambio umano con i compagni di classe che risulta un perno determinante dell’esperienza scolastica.
Attenzione alla salute mentale e al benessere, questo sembra essere il punto per molti dei giovani che lasciano la scuola dell’obbligo, incrementando i numeri della dispersione scolastica. Secondo gli ultimi dati del Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM) disponibili (anno 2019-2020), la dispersione scolastica in Italia ammonta al 20%, ovvero tocca 1 studente su 5, se con questo si intende un fenomeno che include l’abbandono, l’uscita precoce dal sistema formativo, l’assenteismo, la frequenza passiva o l’accumulo di lacune e ritardi che possono inficiare le prospettive di crescita culturale e professionale dello studente (la cosiddetta dispersione implicita). I numeri consegnano la percentuale dell’1,14% dei giovani che non prosegue dalla scuola secondaria inferiore (medie) alla superiore; una media che in realtà tocca maggiormente i maschi (l’1,24%) e i residenti nel Meridione (1,5%). Un ragazzo su sei fra i 18 e i 24 anni non ha il diploma, contro una ragazza su dieci. Seppur il dato relativo alla dispersione (ma fermo al 2020) è in leggero calo rispetto all’anno precedente, l’Italia resta al quartultimo posto in Europa per numero di abbandoni precoci: un 13,1% (che corrisponde a circa 543.000 giovani) rispetto al valore medio dell’Unione Europea (9,9%).
Molteplici le cause di abbandono, tra cui la situazione socioeconomica della persona, il background formativo della famiglia, i fattori di attrazione del mercato del lavoro, il rapporto con la scuola e con i programmi educativi offerti, le caratteristiche individuali e caratteriali della persona. In ogni modo, qualsivoglia sia la causa, probabilmente multidimensionale (sia essa di ordine biologico, psichico o sociale), la dispersione scolastica deve essere analizzata in termini olistici e con la consapevolezza che sistemi educativi efficaci ed equi siano essenziali per il benessere individuali, come per la prosperità economica e la coesione sociale, con uno sguardo dunque alla strategia del sistema Paese per l’occupazione e la crescita. L’assenza di una frequenza scolastica proficua determina “un fenomeno molto preoccupante: se i giovani lasciano prematuramente la scuola significa che corrono maggiori rischi di disoccupazione, povertà, esclusione sociale e devianza”, come mette in guardia l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza.
Oggi ricorre la Giornata per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ovvero una sorta di festa dei bambini in chiave di diritto internazionale. Il 20 novembre del 1989 è stato, infatti, adottato un lungo elenco di diritti che gli Stati si sono obbligati a garantire ai bambini. Si va da diritti alla parità di trattamento e alla salvaguardia del benessere, a quelli alla vita e allo sviluppo nonché i diritti all’ascolto e alla partecipazione: sono questi i 4 principi fondamentali dei ben 54 articoli della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza.
Il diritto all’educazione, nell’accezione dell’istruzione scolastica, è inserito in ben due articoli del documento internazionale (artt. 28 e 29), atti a sancire “l’insegnamento primario obbligatorio e gratuito per tutti” al fine di favorire lo sviluppo del bambino e la crescita come buon cittadino, rispettoso dei diritti umani, delle sue tradizioni e cultura, della sostenibilità ambientale, responsabile e capace di vivere nel rispetto dell’altro (anche diverso da sé). Questa è dunque la finalità della scuola come emerso nel tavolo di discussione mondiale: le competenze e le abilità di base “nel leggere, nello scrivere e nel fare di conto” sono solo l’anticamera dell’acquisizione a scuola delle più ampie capacità relazionali e da attore sociale.
Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.