Giornata Mondiale della Popolazione: l’altra pandemia è la disparità di genere

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Foto: Unsplash.com

L’11 luglio si celebra la Giornata Mondiale della Popolazione, un evento annuale voluto dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1990 per aumentare la consapevolezza relativa alle principali problematiche che riguardano la popolazione mondiale come la crescita della popolazione in un pianeta dalle risorse limitate, i flussi migratori, il controllo delle nascite e la dis-parità di genere.

L’iniziativa ispirata alla Giornata dei Cinque Miliardi (11 luglio 1987), quando appunto la popolazione mondiale raggiunse quella soglia, si ripropone di riflettere sulle tendenze demografiche attuali e sulle grandi sfide dell’umanità, riassunte negli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Insomma, un modo di fermarsi e chiedersi dove sta andando l’umanità e a che punto siamo rispetto a uno sviluppo equo e sostenibile per tutti. 

In questo 2020, contrassegnato da un evento assolutamente straordinario, è impossibile evitare di riflettere su come il Covid-19 abbia inciso sulla popolazione e sulla vita delle persone a livello globale. Il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA) ha evidenziato come la pandemia e il lockdown abbia inciso in modo diverso sulla vita di ciascuno. Ancora una volta sono le donne a pagarne il prezzo più salato e i loro diritti sono ancor più minacciati o violati. La parità di genere sembra un miraggio e le conquiste degli ultimi decenni potrebbero essere cancellate in pochi mesi.

L’UNFPA mette in luce le possibili conseguenze subite dalle donne a livello di salute sessuale e riproduttiva o per la violenza di genere, soprattutto in quei Paesi con economie già fragili e in via di sviluppo. Uno studio condotto da UNFPA con Avenir Health, Johns Hopkins University (USA) e Victoria University (Australia) ha rilevato come i sistemi sanitari già fortemente sotto stress nella lotta al virus, potrebbero trascurare i servizi di salute sessuale e riproduttivaLe stesse donne potrebbero avere difficoltà ad accedere a tali servizi a causa del distanziamento sociale o intimorite dal virus. In aggiunta, il blocco delle catene di approvvigionamento rende difficile, in alcune zone impossibile, il reperimento dei contraccettivi, influendo negativamente sulla prevenzione di gravidanze indesiderate e sul planning famigliare. Viene calcolato che in tre mesi di lockdown, le donne che non potranno accedere ai contraccettivi saranno fra i 13 e i 44 milioni, in base al grado di interruzione dei sistemi sanitari. Inoltre, sebbene sia ancora difficile calcolare un dato certo, il blocco delle attività di contrasto e prevenzione delle mutilazioni genitali femminili e i matrimoni precoci potrebbe portare conseguenze disastrose sulla vita di bambine e ragazze. 

C’è poi il capitolo violenza domestica, che mette in serio pericolo i soggetti più vulnerabili: donne e minoriGià nel mese di marzo Dubravka Šimonović – relatore speciale per la violenza contro le donne delle Nazioni Unite – aveva denunciato il potenziale aumento consistente della violenza domestica a causa delle misure anti-contagio. L’UNFPA ha ipotizzato che in tre mesi di lockdown la violenza domestica potrebbe aumentare del 20%, stimando un aumento di 15 milioni di casi. 

L’appello è stato raccolto anche dal Segretario Generale ONU, Antonio Guterres, che ha richiamato i governi ad investire nei servizi online per la richiesta d’aiuto e nelle associazioni di società civile che si occupano di contrastare il problema. 

A livello lavorativo mondiale, le donne costituiscono la maggioranza della forza lavoro impiegata nella cosiddetta frontline e sono quindi più esposte al rischio di contrarre il virus. L’economia informale e sommersa – un mercato lavorativo instabile che potrebbe subire un duro colpo dal lockdown – impiega circa il 60% delle donne, che rischiano di entrare definitivamente in uno stato di povertà. Non si dimentichi infine il lavoro di cura non retribuito e affidato alle donne, che ha visto un incremento ulteriore con la chiusura delle scuole e le aumentante necessità di cura delle persone anziane. Lavorando in modo “informale”, queste donne si vedono negato l’accesso a servizi assicurativi, sussidi di disoccupazione e previdenziali, indennizzi di maternità e malattia. Eppure – come ha svelato uno studio di Bank of America Merrill Lynch Global Research – se si raggiungesse l’uguaglianza di genere, il PIL mondiale potrebbe aumentare fino a 31 punti percentuali. Una ricchezza di cui l’intera umanità potrebbe beneficiare e investire per migliorare le condizioni di tutti.

La pandemia è tutt’altro che l’unica emergenza alla quale l’umanità dovrà dare una risposta immediata ed efficace, ma ha riportato a galla fragilità esistenti e trascurate da troppo tempo, anche se, come nel caso della violenza contro le donne, riempiono quotidianamente le pagine di cronaca di tutto il mondo. L’11 luglio può allora diventare un’occasione per elaborare strategie concrete e prioritarie che trasformino l’Agenda 2030 in un traguardo davvero possibile.

Maddalena D’Aquilio

Maddalena D'Aquilio

Laureata in filosofia all'Università di Trento, sono un'avida lettrice e una ricercatrice di storie da ascoltare e da raccontare. Viaggiatrice indomita, sono sempre "sospesa fra voglie alternate di andare e restare" (come cantava Guccini), così appena posso metto insieme la mia piccola valigia e parto… finora ho viaggiato in Europa e in America Latina e ho vissuto a Malta, Albania e Australia, ma non vedo l'ora di scoprire nuove terre e nuove culture. Amo la diversità in tutte le sue forme. Scrivere è la mia passione e quando lo faccio vado a dormire soddisfatta. Così scrivo sempre e a proposito di tutto. Nel resto del tempo faccio workout e cerco di stare nella natura il più possibile. Odio le ingiustizie e sogno un futuro green.

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