Argentina, l’ombra nera dei militari sulla crisi economica

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Argentina di nuovo in crisi

L’Argentina potrebbe aver imboccato una strada che già negli anni ‘90  portò al collasso economico il Paese. Le proteste di piazza furono violente e costrinsero alla fuga l’allora presidente Carlos Saul Menem che aveva messo in piedi un sistema definito “mafiocrazia”, una rete di legami inconfessabili con potentati e multinazionali che consegnò l’Argentina agli interessi stranieri. Non si è arrivati ancora a questo punto ma l’ombra pesante di una nuova crisi, per il momento monetaria, è ripiombata sul paese sudamericano rischiando ancora una volta di far saltare il banco.

Politica di austerità

Dopo la fine della dinastia dei Kirchner, il presidente Mauricio Macrì si trova costretto ora a varare una politica di austerità dalle conseguenze sociali significative. Dallo scorso aprile infatti è iniziata una fase di forte svalutazione del peso (a metà aprile per 1 dollaro americano ci volevano 20 pesos, all’inizio di luglio 28). Una spirale dovuta alle uscite di ingenti capitali dal Paese. Gli effetti sul disavanzo pubblico e il tasso d’inflazione sono stati immediati. Molto viene imputato al quadro internazionale non più favorevole alle economie emergenti, così come in altri paesi del continente latinoamericano, ma è chiaro che Macrì, presentatosi come un risanatore, ha sbagliato qualcosa. Inoltre l’Argentina continua a scontare le sue debolezze strutturali cosa che ha allontanato gli investitori stranieri

La richiesta al Fmi e la cura da cavallo

Per questo il governo si appresta a fare quello che somiglia molto ad un autocondanna. Chiedere aiuto al Fondo Monetario Internazionale. Il 4 sttembre una delegazione argentina si è recata a Washington per proporre un’accelerazione del prestito di 50 miliardi già nel 2019 (la tranche di finanziamento doveva arrivare nel 2020 poi nel 2021). Per accreditarsi presso l’Fmi, e anticipare gli eventuali piani di aggiustamento strutturale lacrime e sangue, il governo di Macrì ha annunciato una serie di misure come la soppressione di diversi ministeri e una maggiore tassazione delle esportazioni. Si mira a ridurre il deficit di bilancio ma le reazioni dei cittadini sono ancora tutte da scoprire. In questo senso vanno lette le parole di Macrì:  «affrontiamo le difficoltà nel modo migliore, supereremo la crisi prendendoci cura dei più bisognosi».

L’ombra dei militari

Intanto però arrivano segnali inquietanti che rimandano inevitabilmente alla feroce dittatura dei generali. Macrì ha proposto l’uso dei militari anche per questioni interne al Paese (narcotraffico e terrorismo) mentre al momento le Forse Armate possono intervenire solo in caso di minacce esterne. Un’eventualità che ha provocato la sollevazione delle opposizioni le quali temono l’uso dello strumento  militare per reprimere le manifestazioni di piazza causate dalla crisi. Le Ong chiedono l’esclusione degli apparati militari anche per il supporto logistico. «Il proposito del governo è quello di aumentare il livello di repressione interna con la falsa scusa di proteggere obiettivi strategici» affermano le organizzazioni per i diritti umani. E già l’Assemblea per i diritti umani, di cui fanno parte anche le Abuelas del Plaza de Mayo e le Madres linea fundadora, ha fortemente protestato a partire dal luglio scorso davanti al Ministero della Difesa. Probabilmente l’intento di Macrì è quello di dare riconoscimento ai militari e riabilitarne il ruolo sociale. Una sorta di saldo del debito dopo anni dalla fine della dittatura e del dramma dei desaparecidos. L’Argentina cerca una posizione meno defilata nel consesso internazionale a partire dalla possibilità di poter partecipare alle missioni internazionali.

Alessandro Fioroni da Remocontro.it

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