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A chi e a cosa serve un suolo sano
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Foto: Unsplash.com
Un suolo sano è un nostro grande alleato contro il cambiamento climatico e il 5 dicembre è la sua ‘giornata’ speciale. Nel 2014, infatti, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha designato questa data per sensibilizzare sull’importanza di mantenere un suolo sano.
Ma perché avere un suolo in salute è fondamentale? “Il suolo - spiega Eleonora Peruzzi, ricercatrice CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), che lavora all’Istituto di Ricerca sugli Ecosistemi Terrestri (IRET) - è la maggiore riserva di carbonio di cui il Pianeta dispone. Solo nel primo strato, di un metro di profondità, si trovano circa 1500 picogrammi e più andiamo in profondità, più aumenta. Quando il suolo si demineralizza il carbonio si libera e si disperde nell’aria sotto forma di CO2, mentre se il suolo è sano può svolgere il proprio ruolo regolatore. Oltre a regolare il ciclo del carbonio, un suolo in salute è in grado di trattenere l’acqua in caso di piogge intense. Cosa che non fa se ha perso la sua struttura ideale”.
Come si fa quindi a capire se un suolo è in salute? “Inizialmente - continua la ricercatrice - si utilizzavano valutazioni agronomiche che prendevano in considerazione gli elementi chimici più classici. Con il tempo, poi, sono stati studiati altri tipi di indicatori che considerano anche la componente biologica, come la fauna e i microrganismi (ad esempio batteri e funghi). Il suolo, comunque, è un sistema complesso, difficile da studiare in maniera lineare. Gli scienziati stanno per questo ancora lavorando alla creazione di indicatori multifunzionali".
In questa direzione è attiva anche la Commissione Europea, che il 5 luglio 2023 ha pubblicato il testo della proposta di Direttiva per il monitoraggio e la resilienza del suolo (Soil Monitoring Law), con l’obiettivo di ottenere suoli in salute entro il 2050 in tutto il territorio dell’Unione. La fase di discussione si è conclusa nel giugno 2024 con la produzione di una versione del testo, che sarà sottoposta all'approvazione del Parlamento Europeo nei prossimi mesi.
“In sede europea - prosegue Eleonora Peruzzi - si è discusso, tra le altre cose, di inserire la biodiversità tra gli indicatori della salute del suolo, perché è chiaro che più il terreno è biodiverso, più è resiliente”.
Certo è che c’è molto da fare per recuperare il benessere dei suoli. Secondo il rapporto 2023 della ReSoil Foundation, il 47% dei suoli italiani è in uno stato di cattiva salute. Le principali cause sono l’erosione (23%) e la mancanza di carbonio organico (19%). L’80% dei terreni agricoli, infatti, è sottoposto a fenomeni erosivi, pari al 23% del territorio nazionale. E ancora: il 68% delle superfici agricole a pascolo permanente ha perso più del 60% del carbonio organico originariamente presente.
La perdita di terreno coltivabile, secondo le rilevazioni della fondazione, non influisce solo sulla sicurezza alimentare, ma ha anche un costo economico stimato di circa 400 miliardi di dollari all’anno di produzione agricola persa. In Europa, la degradazione dei suoli arriva a costare decine di miliardi di euro all’anno.
Ma ai danni provocati dall’uomo si può in parte sopperire attraverso soluzioni naturali. Il team di cui fa parte Eleonora Peruzzi si occupa infatti di studiare le cosiddette Nature-based Solutions (soluzioni basate sulla natura).
“Si tratta - spiega - di un approccio ecosistemico che affronta problemi reali applicando soluzioni tipicamente naturali, facendosi quindi ispirare dalla natura. Nell’ambito del National Biodiversity Future Center (NBFC), (primo Centro Nazionale di ricerca e innovazione dedicato alla biodiversità, finanziato dal MUR attraverso i fondi dell'Unione Europea - NextGenerationEU), ad esempio, ci stiamo occupando del monitoraggio di parchi urbani in varie città italiane per valutare la loro capacità di fornire servizi ecosistemici per la cittadinanza. Il monitoraggio riguarda lo studio del comparto suolo-pianta e viene applicato sia su parchi urbani di rilevanza storica, che su parchi urbani di nuova generazione, progettati ad hoc per la gestione della raccolta delle piogge, con la funzione di prevenire l’esondazione di torrenti o spazi verdi urbani progettati scegliendo specie vegetali in grado di resistere allo stress idrico e termico, e che possano mitigare gli effetti degli gli agenti inquinanti presenti nell’aria.
Questo approccio nature-based, si ritrova anche nelle tante pratiche sostenibili dell’agricoltura, che possono essere adottate in tutte le fasi della filiera produttiva. “In questo contesto, nell’ambito di vari progetti di ricerca, stiamo valutando la capacità di aumentare il contenuto di carbonio organico in suoli agricoli, applicando ammendanti organici derivati dalla frazione organica di rifiuti urbani e di scarti agricoli, valorizzando in modo sostenibile il contenuto dei nutrienti presenti e migliorando così lo stato di salute del suolo”.
Soluzioni naturali, quindi, suggerite dalla natura stessa. Sta a noi ascoltarla e metterle in pratica.
Alice Pistolesi

Giornalista, è laureata in Scienze politiche e Internazionali e in Studi Internazionali all’Università di Pisa. Viaggia per scrivere e per documentare, concentrandosi in particolare su popolazioni oppresse e che rivendicano autonomia o autodeterminazione. È redattrice del volume Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo e del sito Atlanteguerre.it dove pubblica dossier tematici di approfondimento su temi globali, reportage. È impegnata in progetti di educazione alla mondializzazione e alla Pace nelle scuole e svolge incontri formativi. Pubblica da freelance su varie testate italiane tra le quali Unimondo.org.