Il Bangladesh fa i conti con gli "effetti stupefacenti"

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Foto: Hal Gatewood da Unsplash.com

In Bangladesh nel 2021 si contavano già 8 milioni di tossicodipendenti su circa 169 milioni di abitanti. Un dato in costante crescita che il Governo di Dhaka sta cercando di tamponare (per ora senza grande successo) con centri di riabilitazione per persone dipendenti da droghe gestiti dal Bangladesh Police Welfare Trust. Secondo il Ministro dell’Interno Asaduzzaman Khan Kamal è urgente “eliminare la domanda e l’offerta di droga”, una sfida che il Governo ha provato ad arginare anche in questo 2023 con centri all’avanguardia come quello inaugurato nel 2021 nella zona di Bashundhara Riverview, nel Keraniganj meridionale. Aperto 24 ora al giorno, ci lavorano medici, terapisti, esperti di yoga e consulenti capaci di fornire anche consulenza psicologica. Per Montu Palma, direttore del Bangladesh Rehabilitation and Assistance Center for Addicts (Baraca), un progetto della Caritas Bangladesh, è “Necessario che la gente sia più consapevole dei danni che può causare la droga” e centri come questo offrono un servizio fondamentale: “La consulenza psicologia viene ricercata solo in caso di gravi malattie psichiche, ma se ci fosse più consapevolezza intorno al tema della salute mentale si riuscirebbe a prevenire anche l’abuso di droga, che nasce quasi sempre da un forte disagio psicologico”.

Dal 1998 anche Baraca fornisce diversi servizi di assistenza e riabilitazione per i tossicodipendenti con un occhio di riguardo per le fragilità che portano molti giovani verso la tossicodipendenza. Al momento il loro unico  centro ospita circa 30 pazienti e anche qui come nel centro statale di Bashundhara Riverview oltre alle attività di recupero e consulenza, la struttura offre rifugio notturno per i ragazzi che vivono in strada e corrono situazioni di pericolo. Con la pandemia il consumo di droga è aumentato tra giovani che rispetto al passato hanno la possibilità di recuperare le sostanze stupefacenti con grande facilità prendendo contatti sui social media per ottenere dosi che provengono soprattutto dall’India e dal Myanmar. La “yaba”, una combinazione di caffeina concentrata e metanfetamine, è un droga tra le più diffuse in Bangladesh in questi ultimi anni. Si tratta di uno stimolante, dall’alto indice di dipendenza, che può causare disturbi mentali e fisici, soprattutto se usata per un periodo prolungato di tempo. Il caso ripreso da Asia News di Anita Gomes (nome di fantasia) è emblematico. Figlia unica di 21 anni, di buona famiglia e senza problemi apparenti dopo l’emergenza Covid è dipendente dalla yaba. “Si è fatta curare due volte in un centro di riabilitazione, ma poi è tornata ad essere dipendente”, ha dichiarato la madre che per paura dello stigma sociale legato alla droga per molto tempo non ha rivelato a nessuno i problemi della figlia. Prima di iniziare ad abusare della yaba la giovane frequentava l’università con ottimi risultati, una storia sempre più comune  in Bangladesh, ma spesso destinata all’oblio. La questione delle donne tossicodipendenti, infatti,  non viene alla luce spesso nel Paese per lo stigma sociale ancora forte che c’è in Bangladesh nei confronti di chi assume sostanze e delle loro famiglie.

A dare le dimensioni, seppur approssimative, del fenomeno è stato nelle scorse settimane il dottor Aruparatan Chowdhury, membro del Comitato nazionale per il controllo degli stupefacenti, secondo il quale “Sebbene non esistano statistiche ufficiali sui tossicodipendenti nel paese, stimiamo siano oggi più di 10 milioni e l'80% di loro sono giovani [...]. Il dato più significativo per la velocità di aumento è che il 5% dei tossicodipendenti sono donne e il 90% ha un'età compresa tra i 15 e i 35 anni”. Dati ancora più certi sul fenomeno che sembrano avere una forte connotazione di genere arrivano dal direttore del Dhaka Ahsania Mission Women's Drug Addiction Treatment and Rehabilitation CenterIqbal Masud secondo il quale: “Tra le sostanze maggiormente consumate tra le donne in cura c’è la yaba (il 33%), i sonniferi (16%), varie droghe (15%) e l’alcol (2%). Quasi sempre le pazienti con problemi di dipendenza erano anche affette da problemi di salute mentale: il 34% dei casi di donne ricoverate soffriva di schizofrenia, il 30% di disturbi dell’umore, il 12% è risultata bipolare e il 10% conviveva con la depressione” ha concluso Masud. Per la dott.sa Pallab Rozario, responsabile dell’area Salute di Caritas Bangladesh, “Dopo la pandemia di Covid-19, il tasso tra le donne tossicodipendenti è aumentato in modo allarmante: lo stress e la solitudine sono le principali cause che colpiscono in particolare le giovani studentesse universitarie. Infatti abbiamo osservato che spesso più membri di un gruppo di studio diventano contemporaneamente dipendenti da sostanze”.

Intanto nel 2022 in Asia orientale e nel sud-est asiatico è stata per la prima volta sequestrata la quantità record di un miliardo di pasticche di metanfetamine. A svelarlo è stato un rapporto pubblicato dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga (Undoc) e la prevenzione del crimine. Per l’Ufficio dell’Onu l’incremento dell’offerta, favorita dalla pandemia e dalla guerra civile in Myanmar, ha abbassato i prezzi, rendendo disponibile una quantità esorbitante di droghe sintetiche a basso costo nonostante un aumento dei sequestri e delle intercettazioni. L’89% circa delle confische si è verificato in Thailandia, Laos, Myanmar (i Paesi che formano il cosiddetto Triangolo d’oro, regione nota per la produzione e il commercio anche di oppio ed eroina), Vietnam e Cambogia.  “Le frontiere porose non solo facilitano la circolazione delle droghe attraverso regioni e territori, ma anche il movimento di sostanze chimiche, soggette a controlli o meno, verso i siti di produzione illeciti”, si legge nel rapporto. “Questo ha permesso ai gruppi della criminalità organizzata di diversificare facilmente i luoghi e i metodi di produzione”. “La regione sta letteralmente nuotando nella metanfetamina” ha dichiarato Jeremy Douglas, rappresentante regionale dell'Unodc per il sud-est asiatico e il Pacifico e tutti i Paesi della regione hanno indicato le metanfetamine come la fonte di maggior preoccupazione in termini di diffusione, consumo e numero di reati. Ma "Eliminare la domanda e l’offerta di droga", come ha dichiarato il Ministro del Bangladesh Kamal non sembra, purtroppo, così facile.

Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.

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