Cibi ultra-trasformati: il peso nascosto del cibo industriale

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Foto: Unsplash.com

Cibi ultra-trasformati: passa attraverso la loro definizione il modo nuovo di indagare il rapporto tra alimentazione e obesità introdotto Carlos Monteiro, professore di Nutrizione e salute pubblica dell’Università di San Paolo, in Brasile. Monteiro elabora il concetto a partire da un’osservazione: mentre calavano gli acquisti di zucchero e grassi, aumentavano il tasso di obesità e la diffusione del diabete di tipo 2. Il focus di indagine si è spostato così sull’industria di trasformazione alimentare scoprendo come zuccheri e grassi avessero trovato un nuovo modo di arrivare alle tavole dei brasiliani. 

Dal suo studio emerse che prodotti come le crocchette di pollo del fast food, le salsicce vegane, zuppe e hamburger pronti, le barrette proteiche per gli sportivi spesso contengono elevate quantità di zuccheri, grassi e sale, con l’aggiunta di additivi in abbondanza per migliorarne la palatabilità. 

Si tratta di cibi che corrispondono alle logiche di profitto di un mondo produttivo che si regge su una proposta alimentare standardizzata e industriale. Questi cibi ultra-lavorati fanno male alla nostra salute, sebbene siano ormai popolari al punto da essere entrati a far parte dei ricordi d’infanzia di tanti nuovi adulti, perché molto pratici, veloci da preparare e spesso anche economici. 

L’esempio di Paesi che hanno introdotte tasse sullo zucchero dimostrano come queste, quando ben scritte, non hanno effetto solo dal lato dei consumatori, ma attivano processi che spingono l’industria a ripensare ai processi produttivi, riducendo lo zucchero o cercando alternative. La sugar tax, la cui entrata in vigore è stata posticipata al 1 gennaio 2021 dal Decreto Rilancio, è quindi sicuramente un modo di approcciare il problema, ma non rappresenta la soluzione. 

Stagionalità e produzioni locali sono infatti l’alternativa sostenibile a questi prodotti nella lotta al sovrappeso e all’obesità infantile. Una battaglia che va affrontata a partire dall’inserimento dell’educazione alimentare e sensoriale nei programmi scolastici per abituare il palato dei bambini ai gusti naturalmente dolci e inserire percorsi che permettano ai più piccoli di riconoscere i sapori autentici degli alimenti, fare pratica con la stagionalità dei prodotti, imparare a definirne la qualità. A partire da un sistema di mense scolastiche che guardino anche ai concetti di sostenibilità e rapporto con il territorio, privilegiando produzioni locali da piccole aziende agricole e artigiane.

Giorgia Canali da Slowfood.it

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