Zuppa mediterranea

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Foto: A. Graziadei

Il decennio 2014-2024 è stato il più caldo mai registrato per le acque, con temperature anomale particolarmente evidenti nel Pacifico tropicale, nell’Atlantico settentrionale e soprattutto nel bacino del Mediterraneo. Il Mare nostrum, per le sue caratteristiche geografiche e climatiche, è oggi considerato uno dei principali hotspot climatici a livello globale, cioè un’area in cui gli effetti del riscaldamento globale sono amplificati. Essendo un mare semi-chiuso, con un limitato ricambio d'acqua, il Mediterraneo accumula calore con maggiore facilità, con conseguenze marcate, sia dal punto di vista meteorologico, che in tema di rischio ambientale. Ecco perché continua a scaldarsi e lo fa a un ritmo che va dal 20% al 50% più velocemente rispetto alla media globale, trasformandosi in una vera e propria “zuppa mediterranea”. Si tratta di un trend in continua crescita, se si considera che la velocità di riscaldamento dell’acqua nell’ultimo decennio è addirittura raddoppiata rispetto al precedente. Secondo i dati dell'IPCC si prevede che entro il 2100 la temperatura della superficie dell’acqua aumenterà dai 3.5° C ai 4.5° C in più rispetto ad oggi e gli effetti su uno dei principali “hotspot climatici” a livello globale potrebbe essere devastante. A fare il punto su una situazione sempre più allarmante è stata la Fondazione Marevivo, che da 40 anni si occupa di tutela del mare. Per Rosalba Giugni, Presidente di Marevivo “L’estate 2025 è iniziata con temperature ben più calde delle peggiori previsioni, che eserciteranno un’ulteriore pressione sugli ecosistemi già compromessi e sulle economie e società vulnerabili”, al punto che “Il Mediterraneo sta perdendo la capacità di rimescolamento delle acque e di raffreddamento e questo incide sulla sua funzione fondamentale di termoregolare il clima”.

Per Marevivo “Dall’inizio degli anni ‘80, le temperature medie della superficie del Mediterraneo sono aumentate in tutto il bacino, ma con forti differenze subregionali che vanno da +0,29 a +0,44°C per decennio. Per 2 °C di riscaldamento globale sopra il valore preindustriale, le temperature diurne massime nel Mediterraneo aumenteranno probabilmente di 3,3 °C”. Le conseguenze? Tante, forse troppe per un ecosistema così delicato, che nei prossimi anni risentirà di un'alterazione delle correnti fondamentali per il suo equilibrio climatico, visto che le acque più calde in superficie impediranno il rimescolamento con gli strati profondi ricchi di nutrienti. Ci sarà un innalzamento del livello medio del mare che verso il 2100 sarà probabilmente da 40 a 100 cm più alto che alla fine del XX secolo, questo causerà un aumento della frequenza e dell’intensità delle inondazioni costiere e dell’erosione. Il Mediterraneo subirà anche l'ingresso di nuove specie aliene invasive a scapito delle specie native. Triglie, sardine, acciughe e naselli, stanno già migrando verso nord o verso acque più profonde in cerca di temperature più adatte. Questo modificherà i cicli riproduttivi e minerà la sostenibilità e la biodiversità mediterranea con conseguenze economiche importanti soprattutto sulla pesca, con specie destinate a scomparire definitivamente. Infine il cambiamento climatico avrà probabilmente un impatto anche sul turismo, limitandolo a causa del susseguirsi di ondate di calore ed eventi meteorologici sempre più violenti durante l’alta stagione. Entro il 2100, il rischio di alluvione potrebbe aumentare del 50% e il rischio di erosione costiera del 13% in tutta la regione mediterranea. In conclusione, per Fondazione Marevivo “Se il Mediterraneo, uno dei principali hotspot climatici a livello globale, continuerà a scaldarsi sempre di più contribuendo a modificare l’equilibrio termico, non solo le specie marine ne subiranno le conseguenze, ma l’intera vita sulla Terra”.

Alla vigilia della Giornata mondiale del Mediterraneo, celebrata l'8 luglio scorso, anche Legambiente e Wwf hanno confermato che non siamo soltanto di fronte a un’estate calda, ma a una situazione di vera e propria crisi climatica mediterranea. Dalle analisi di Goletta Verde di Legambiente “Nel mese di giugno la temperatura media della superficie del mar Mediterraneo è stata pari a 24,3°C, la più alta media mensile registrata negli ultimi dieci anni nel solo mese di giugno con ben 1° sopra la media nel periodo considerato (giugno 2015 – giugno 2024)”. Preoccupa anche lo stato di salute del Mar Tirreno che ha fatto registrare sempre a giugno 2025 una temperatura media della superficie pari a 25,1°C, mentre il Mar Adriatico di circa 24,1°C in maniera quasi uniforme. Il messaggio lanciato da Goletta verde è chiaro e conciso e per Marcella De Mestria, responsabile di Goletta Verde “Non è caldo. È  crisi climatica”. Queste temperature sono “Un campanello d’allarme che non può passare inosservato perché comporta ricadute anche dal punto di vista economico. Per questo è più che mai urgente spingere per politiche e strategie di mitigazione e adattamento che includano anche il nostro prezioso e sempre più delicato Mar Mediterraneo”. Tornando ai dati raccolti da Legambiente, è stato realizzato un focus sul Mar Adriatico visto che Goletta Verde ha iniziato quest’estate il suo viaggio partendo proprio da qui. Andando nel dettaglio si nota come a giugno la parte più a nord del Mar Adriatico (dal Friuli-Venezia Giulia al Delta del Po in Veneto) e nel tratto di costa che va da Pescara, in Abruzzo, fino all’inizio Gargano, nei pressi del lago di Lesina, in Puglia, la temperatura media registrata è stata di 25,0°C mentre nel tratto di costa che va da Ancona a Pescara il valore medio è stato di 24,9°C. Valori che sono rispettivamente 1,0°C, 1,3°C e 1,2°C sopra la media del periodo 2015-2024. 

Per  Roberto Danovaro, professore di biologia marina all’Università Politecnica delle Marche e presidente della Comunità scientifica del Wwf Italia, “Il Mediterraneo copre meno dell’1% della superficie degli oceani globali e contiene lo 0,3% delle acque. È, quindi, una sorta di enorme “pozza”, con una profondità media di circa 1,5 chilometri (contro i quasi 4 km dei grandi oceani). Dato che è poco profondo, le sue acque si riscaldano a tassi superiori rispetto a quelli di ogni altro mare. In questo oceano in miniatura - ha sottolineato Danovaro - possiamo osservare i cambiamenti come fossimo in un gigantesco laboratorio naturale. In questo modo possiamo capite e prevedere anche la risposta dei grandi oceani ai cambiamenti globali”. Ad esempio è già possibile capire che gli effetti del riscaldamento del mare non si fermano alla vita marina: hanno un impatto diretto anche sul clima atmosferico. Mari più caldi aumentano l’evaporazione, rilasciando grandi quantità di vapore acqueo nell’atmosfera. "Questo vapore agisce come carburante per le precipitazioni, generando piogge più intense, ma spesso irregolari: si assiste così a episodi sempre più frequenti di precipitazioni violente, come nubifragi e alluvioni lampo, spesso concentrate in pochi minuti, soprattutto in aree costiere e urbane. Allo stesso tempo, i periodi di siccità possono allungarsi, rendendo le risorse idriche meno prevedibili e più difficili da gestire". Per il Wwf “Tutto questo sta accadendo oggi nel Mondo, con particolare virulenza nel Mediterraneo e quindi in Italia. Non passa giorno che, accanto ad un’afa estiva che risulta insopportabile già nel mese di giugno, si verifichino fenomeni intensi di pioggia, di grandine e folate di vento che creano danni alle cose e pericolo per l’incolumità delle persone”.

In Mediterraneo il cambiamento climatico sta quindi facendo bene il suo “lavoro”, non possiamo dire altrettanto delle strategie di prevenzione e mitigazione intraprese da una certa politica, ancora seriamente impegnata a "dubitare", in nome di interessi economici di corto respiro.

Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.

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