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Lotta all’ebola: lo stile italiano che può fare la differenza
Malattie dimenticate
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Torna a peggiorare l’epidemia di ebola in Sierra Leone. Tranne in un distretto, quello di Pujehun, dove l’ospedale gestito da Medici con l’Africa Cuamm è sempre rimasto aperto. Qui da oltre un mese non ci sono più casi. Un risultato che non è passato inosservato: l’organizzazione italiana è stata invitata insieme ai capi di Stato e alle delegazioni delle agenzie delle Nazioni Unite alla Conferenza di alto livello per la lotta all’ebola organizzata dall’Unione europea, che si è svolta il 3 marzo a Bruxelles.
«Qui la chiamano “the lesson learnt”, la lezione imparata nella lotta contro l’epidemia di ebola» racconta in presa diretta da Bruxelles don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm, «c’è molta attenzione nei confronti dei casi che hanno funzionato, delle procedure seguite e di cosa è stato determinante per far arretrare il virus. Forse nel nostro caso c’è stata anche una dose di fortuna ma il fatto di aver tenuto sempre aperto l’ospedale ha rafforzato il sistema sanitario e soprattutto ha creato un rapporto di fiducia con la comunità locale, che in questi casi è uno dei fattori fondamentali per arginare l’epidemia».
Il summit di Bruxelles ha radunato oltre ottanta delegazioni di paesi africani, europei e di organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite, il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, fra cui i presidenti di Guinea, Sierra Leone, Liberia e Congo, i Paesi interessati dall’epidemia. L’obiettivo che è stato dichiarato è proprio quello raggiunto nel distretto di Pujehun: arrivare a “zero casi”.
Eppure in Sierra Leone una battaglia che sembrava essere arrivata a buon punto ha segnato una battuta d’arresto. All’inizio di gennaio i nuovi casi di contagio erano scesi a 6 a settimana, mentre nell’ultima settimana di febbraio l’Organizzazione mondiale della sanità ne ha rilevati 63. Ed è stato proprio il caso della Sierra Leone che ha fatto dire all’Oms che è troppo presto per dichiarare sconfitta l’epidemia.
«Riuscire a coinvolgere efficacemente le comunità rimane una sfida in diverse aree geografiche», si legge nel bollettino dell’Oms. Lo dimostrano i casi scoperti post mortem: in Guinea e Sierra Leone in una settimana sono stati individuati 16 nuovi casi attraverso i testi svolti su persone morte nelle comunità senza che nessuno desse l’allerta sul virus, e per l’Oms ciò indica che «un numero significativo di individui è ancora impossibilitato o riluttante a cercare un trattamento».
Se il “sistema Italia” ha funzionato nella lotta all’Ebola non lo si deve ai fondi stanziati, non paragonabili a quelli impiegati da Stati Uniti, Gran Bretagna e Cina, ma alla presenza sul campo.
«Quello che ci ha fatto fare progressi in Sierra Leone è lo stile dei nostri operatori che è fatto di vicinanza insieme a una forte competenza, e credo che questo sia stato riconosciuto a Bruxelles» afferma don Dante Carraro.
Non è un caso che la delegazione italiana a Bruxelles abbia invitato sia Medici con l’Africa Cuamm che Emergency, impegnata anch’essa sul campo a Freetown, a condividere i propri risultati durante il summit. Così come non lo è il fatto che il presidente della Sierra Leone Ernest Bai Koroma si sia mosso di persona per andare a vedere il lavoro che Medici con l’Africa Cuamm sta facendo a Pukehun, visitando a novembre il centro di isolamento creato dalla ong per trattare i malati e fermare il contagio.
Il medico di Emergency guarito dal virus Ebola, Fabrizio Pulvirenti, donerà il suo sangue, che ormai contiene gli anticorpi attivi contro il virus, per creare plasma in grado di guarire i malati in Sierra Leone. C’è anche chi non ce l’ha fatta e ha pagato con la vita la scelta di restare a fronteggiare l’epidemia: «Penso a tanti infermieri e operatori sanitari sierraleonesi che lavorano con noi, ragazzi con meno di trent’anni» dice don Dante, «alcuni di loro non ci sono più e sono esempi luminosi e nascosti di chi ha deciso semplicemente di fare il proprio dovere». L’Italia migliore, quella che si è vista a Bruxelles, è quella che sta con loro.
Emanuela Citterio

Giornalista professionista, si occupa in particolare di innovazione sociale, sostenibilità ambientale e terzo settore, cooperazione internazionale, Africa. Realizza progetti editoriali, di informazione, comunicazione e sensibilizzazione, sia in italiano che in inglese, in collaborazione con partners istituzionali e privati. È fondatrice di una campagna di advocacy sui temi della finanza sostenibile (www.sullafamenonsispecula.org). Ha viaggiato in una decina di Paesi africani