Desaparecidos: ergastolo a Roma per 5 ex ufficiali argentini

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La Corte d'Assise di Roma ha condannato all'ergastolo cinque ex ufficiali della Marina argentina accusati di omicidio volontario plurimo premeditato in relazione alla morte di tre cittadini di origine italiana, scomparsi in Argentina nel periodo della dittatura militare. Si tratta di Jorge Eduardo Acosta, Alfredo Ignacio Astiz, Jorge Raul Vildoza, Hector Antonio Febres e Antonio Vanek. Gli ufficiali sono stati condannati per la morte di tre desaparecidos avvenuta in Argentina tra l'agosto del 1976 e il dicembre 1977. L'accusa è quella di avere sequestrato, torturato e poi ucciso Angela Maria Aieta, sequestrata il 5 agosto del 1976 e Giovanni e Susanna Pegoraro, sequestrati il 18 giugno del 1977 nell'ambito del "processo di riorganizzazione nazionale" seguito al golpe del marzo 1976 in cui ebbero un ruolo diversi ufficiali della Marina argentina riuniti presso la Escuela Superior de Mecanica de la Armada (Esma). Ma la sentenza per essere eseguita deve diventare definitiva e che gli imputati siano estradati in Italia. L'Italia chiederà l'stradizione: la richiesta è "giusta perchè una sentenza non può restare sulla carta" - ha dichiarato il Ministro degli esteri Massimo d'Alema in una intervista al quotidiano argentino La Nacion.

Un fragoroso applauso del pubblico presente oggi nell'aula bunker di Rebibbia è partito alla conclusione della lettura del dispositivo di sentenza. La sentenza è stata pronunciata dalla Seconda Corte d'Assise di Roma presieduta da Lucio Mario D'Andria. Il pm Francesco Caporale aveva chiesto 4 ergastoli e un'assoluzione per Vanek non essendoci prove sufficienti per una sua condanna. La corte è andata anche oltre, prevedendo il risarcimento dei danni, per ciascuna delle parti civili, pari a 100mila euro. Agli imputati è stata inflitta anche la pena accessoria di un anno di isolamento e l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. La sentenza - ha disposto la corte presieduta da Mario Lucio D'Andria - sarà pubblicata sui maggiori quotidiani italiani. Gli imputati, insieme con l'ammiraglio Emilio Eduardo Massera, che viene processato a parte, essendo stata la sua posizione stralciata perche' in precarie condizioni di salute, e con altre persone non identificate, faceva parte del "Gruppo de Tarea 3.3.2." durante la dittatura militare argentina del marzo '76. Questo gruppo operava presso la "Escuela superior de mecanica de la armada" (Esma).

Un ampio dossier di Selvas.org ricostruisce l'evoluzione del processo e le persecuzioni del regime militare argentino che riguardarono tutti gli oppositori politici del regime e in particolare i simpatizzanti di sinistra. All'epoca del sequestro Susanna Pegoraro era incinta. Dopo il parto la bambina le fu sottratta e venne affidata ad un ex ufficiale del regime: è stata rintracciata alcuni anni fa. La magistratura ha già processato altri ufficiali argentini accusati di essere implicati nella scomparsa di cittadini con passaporto italiano durante gli anni della dittatura, con una storica sentenza del 2000. Ancora nessun colpevole, però, è stato estradato in Italia, inizialmente perché i casi erano coperti da amnistia e successivamente, quando questa fu revocata, perché i sospetti cominciarono a dover rispondere delle stesse accuse in Argentina.

Particolarmente felice Estela Carlotto, presidente dell'associazione delle nonne di 'Plaza de Mayo', luogo simbolo della protesta dei familiari delle vittime della repressione in Argentina. "E' una emozione incredibile, non di allegria ma di dolore che comunichiamo al mondo - ha detto - in Italia c'ègiustizia. Oggi e' stato riconosciuto il dolore delle famiglie delle tre persone che non sono piu' con noi e forse da oggi avranno piu' forza per andare avanti. Spero che con questa sentenza si muova anche la giustizia argentina". In occasione del 30° anniversario del golpe in Argentina, Selvas.org ha dedicato un'intervista alla 'nonna coraggio' Estela Carlotto, Presidente delle Nonne di Plaza de Mayo, che continua a chiedere giustizia per la figlia Laura, assassinata nel 1978.

"La dittatura ha attuato un piano di torture e di omicidi che ha fatto 30.000 vittime" - ricorda Estela Carlotto. "L'hanno fatto mettendo in piedi più di quattrocento campi di concentramento. Gli argentini antifascisti venivano presi e rinchiusi in quei campi dove li attendeva la morte, potevano morire di stenti, di torture, potevano essere fucilati o gettati nell'Oceano con i "voli della morte". Anche quella fu una morte clandestina. Nessuno ci ha mai restituito i loro cadaveri" (...) "Nel mio caso il 26 novembre 1977 mi hanno sequestrato mia figlia Laura, di 23 anni, che studiava Storia a La Plata e militava nella Gioventù Universitaria Peronista, quando era in cinta di due mesi. Fu vista nel Centro di Detenzione Clandestina di La Chaca nella città di la Plata da vari testimoni. Diede alla luce mio nipote Guido il 26 giugno 1978. Due mesi dopo la nascito di mio nipote, Laura fu portata in una strada vicino a Buenos Aires e qui assassinata. Il suo corpo mi fu consegnato lo stesso giorno dell'assassinio con la menzogna di una morte durante uno scontro a fuoco tra forze dell'ordine e terroristi". [GB]

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