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Come è lo stato di salute di Mumbai?
Malattie dimenticate
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MUMBAI - Come si sta a Mumbai? Quali sono le condizioni di salute dei suoi 20 milioni di abitanti?
Abbastanza buone, anche se non basta la brezza dell’oceano a mandare via quelle nuvole di smog soffocanti che creano non pochi problemi respiratori a chi nel traffico ci passa tutto il giorno. Non ho ancora incontrato un autista di rikshaw che non avesse la tosse e per strada molti indossano un foulard, per le donne si chiama dupatta, è la stola che riveste molte funzioni, o addirittura una mascherina per proteggersi.
Colpi di tosse a parte, la situazione sanitaria di Mumbai pare essere buona. Gli ospedali sono efficienti, anche se il traffico rende complicati gli spostamenti di emergenza delle ambulanze.
Per quanto riguarda le buone notizie a gennaio l’India è stata ufficialmente dichiarata “polio-free”, ovvero libera dalla poliomielite, una malattia infettiva causata da un virus che attacca il sistema nervoso normalmente nei bambini sotto i cinque anni e che, all’inizio, causa febbre, mal di testa, vomito, diarrea, dolore alle gambe e al collo e poi si trasforma in paralisi, solitamente agli arti inferiori.
Si trasmette per via orale, attraverso feci infette. Non c’è cura ma esiste un vaccino in gocce che viene somministrato il primo anno di vita e poi con un richiamo a cinque anni.
Perché un Paese sia dichiarato “polio-free” è necessario che non siano registrati casi di malattia negli ultimi 3 anni. E l’india ci è riuscita grazie a un piano governativo di vaccinazione, supportato anche da Unicef e da alcune ONG che hanno condotto programmi di sensibilizzazione passando soprattutto attraverso i leader delle comunità religiose. In alcuni villaggi è però difficile abbattere la resistenza degli abitanti che credono che il vaccino porti all’infertilità e lo rifiutano.
Per una malattia che se ne va, alcune restano. A Mumbai in particolare ci sono ancora casi di lebbra. Al Vimala Dermatological Centre di Versova, suor Bertilla, occhi grigi come l’abito, ma vivacissimi, da 44 anni in India, racconta: “Siamo riusciti a fare prevenzione, andando a raccontare nelle fabbriche e nelle scuole spiegando cosa si deve fare se si avvista una macchia sulla pelle. Perché la lebbra è una malattia subdola, colpisce senza che ce ne si accorga e quando te ne accorgi è troppo tardi”. I casi di lebbra sono però passati da 16 su 10.000 abitanti del 1976 a uno su 10.000 lo scorso anno.
Sulla malaria e sul dengue si fa molta prevenzione. Manifesti affissi all’ingresso delle abitazioni invitano a cambiare acqua ai vasi frequentemente, non lasciare acqua stagnante e buttare via bottiglie di plastica, contenitori e gusci di cocco che possono trattenere l’acqua piovana.
Negli slum continuano a essere frequenti i casi di malnutrizione nonostante il lavoro di alcune ONG.
In aumento, insieme alla crescita della classe media, le malattie del benessere: ipertensione, diabete, obesità, ipercolesterolemia, soprattutto fra i più giovani, complici una vita sedentaria e un cibo troppo abbondante e spesso confezionato.
E c’è anche chi con la medicina vuole curare la più grande malattia dell’India: la povertà. Barefoot Acupunturists, è un’associazione che cura con l’antica arte cinese dell’agopuntura i 35 tipi di dolori e problemi più comuni dagli abitanti degli slum che per sopravvivere fanno spesso lavori molto pesanti fisicamente e hanno problemi di schiena e di articolazioni. Per loro una seduta costa 20 rupie, 2 centesimi di euro, ma aiuta a migliorare le condizioni di vita.