Angola: una nuova giustizia per i minori

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Il 16 giugno, in occasione della Giornata del bambino africano, viene inaugurato il Tribunale per i minori in Angola, promosso dall'UNICRI (Istituto delle Nazioni Unite per la ricerca sulla Criminalità e la Giustizia) con il sostegno della Cooperazione Italiana allo Sviluppo e in collaborazione con le istituzioni locali e le Organizzazioni non governative italiane (CIES e VIS).

Un evento significativo per un paese che esce estenuato da quasi un trentennio di guerra civile e che ha visto i minori vittime di un'immensa catastrofe umanitaria, che non ha lasciato margini per la tutela dei loro diritti. La notizia della fine della guerra in Angola è quasi passata inosservata; solo perché si è trovata - come membro non permanente - a intervenire al Consiglio di Sicurezza in merito all'Iraq, l'Angola ha riacquistato, per breve tempo, una posizione di qualche rilievo nel panorama internazionale.

Ad un anno dalla cessazione delle attività belliche, gli analisti ritengono che la pace non sia ancora garantita in Angola e che l'estrema povertà di questo paese sia tra le principali ragioni di instabilità. Il 2003 sarà l'anno in cui si discuterà della prospettiva delle elezioni (presidenziali e legislative). Ma le vere vittime della passata guerra civile in Angola sono i bambini: si calcola che oltre 100.000 bambini vivano lontani dalle loro famiglie o dalle comunità di origine. Molti di loro sono bambini di strada esposti al rischio dello sfruttamento sessuale, delle violenze e del lavoro forzato. Molti minori sono stati reclutati come soldati, violando la legge angolana ed inernazionale. Il sistema giudiziario minorile ha cessato di operare da oltre dieci anni e nel frattempo i minori sono stati processati dai tribunali previsti per gli adulti. Sebbene i bambini non siano legalmente responsabili fino ai 16 anni, i minori erano destinati a prigioni o stazioni di polizia nelle stesse celle degli adulti e solo una piccola minoranza di loro poteva esercitare il diritto di apparire di fronte a un tribunale. Le prigioni, anche per gli adulti, sono in condizioni drammatiche: mancano il cibo e i medicinali, non sono previste attività didattiche o ricreative che favoriscano un minimo di reinserimento sociale.

Il progetto presentato dall'Unicri si basa su una strategia volta al ripristino, almeno parziale, del sistema giudiziario anticamente esistente in quel Paese: il meccanismo di riconciliazione comunitaria. Il programma ha sviluppato due componenti: la prima nell'area
legale-istituzionale (amministrazione della giustizia minorile, creazione del tribunale e verifica della sua operatività), la seconda in quella sociale (sviluppo e lotta alla povertà attraverso prevenzione e protezione dei diritti dei minori - soprattutto attraverso famiglie e comunità). Il Tribunale per i minori è stato concepito come strumento collegato al tessuto sociale. I giudici, nell'emettere la sentenza, faranno ora ricorso a elementi quali il profilo psicologico e le condizioni di vita dei giovani imputati. Scopo dell'intervento è anche quello di garantire la preparazione dei magistrati, giudici, difensori, educatori, forze dell'ordine e operatori sociali. Il programma ha permesso la creazione di meccanismi di reintegrazione dei minori, favorendo il ritorno alle famiglie d'origine o l'inserimento nelle strutture e nelle associazioni tramite processi di formazione professionale. Sono stati promossi comitati per una maggiore conoscenza dei diritti dei minori, un Osservatorio sulla condizione dei minori a Luanda e attività di formazione per gli operatori che si dedicano all'educazione e preparazione professionale.

In questi giorni l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha lanciato un progetto di informazioni radiofoniche sulle procedure di rimpatrio, destinato alle migliaia di rifugiati intenzionati a rientrare in Angola. Secondo le stime dell'UNHCR, i rifugiati sarebbero circa 440,000, molti dei quali presenti in Zambia e in Congo (R.D.).

Fonti: Nigrizia, UNICRI, CIES, VIS, Human Rights Watch, AllAfrica.com, UNHCR;

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