Coronavirus, crescono i contagi in Africa

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Foto: Unsplash.com

dati dell’Organizzazione mondiale della sanità dicono che, al 12 marzo, si registrano 147 casi  di coronavirus e 20 morti in Africa. Quindici i paesi dove si è riscontrato il contagio. Più della metà in Egitto (67 con 8 morti) e un quinto in Algeria (25 con 5 morti). Seguono il Sudafrica (13 con 6 morti), dove il primo caso identificato è stato un uomo di 38 anni che aveva soggiornato in Italia, la Tunisia (6 casi), il Marocco (5), il Senegal (4) il Burkina Faso, il Camerun e la Nigeria (2 casi ciascuno); poi, con un solo caso ciascuno, Costa d’Avorio (il paziente è deceduto), Repubblica democratica del Congo e Togo. Ma i numeri sono, purtroppo, in continuo aumento.

Pur di fronte a cifre modeste, Pierre-Marie Girard, direttore della Rete internazionale degli Istituti Pasteur, stima che il virus circoli nel continente, dove peraltro lavora un milione di cinesi, impegnati soprattutto nella costruzione di infrastrutture in vari paesi. E, secondo Marc-Alain Widdowson, direttore dell’Istituto delle malattie tropicali di Anversa (Imt), «è praticamente certo che ci sono più casi di quelli diagnosticati e resi noti, perché, come è ormai appurato, i sintomi possono essere leggeri o non esserci del tutto».

«In Africa – analizza il direttore dell’Imt – dove ci sono tassi elevati di malattie di base non trattate, per esempio la tubercolosi, c’è il rischio reale che ci si ammali più gravemente. Rimane il fatto che la popolazione africana è più giovane e dunque è possibile che ci siano meno morti, se si confermerà il dato che a morire sono in prevalenza persone anziane».

C’è da augurarselo, anche perché in molti paesi del continente gli ospedali sono impreparati ad affrontare una situazione di emergenza. Ancora Widdowson: «I posti letto dei reparti di terapia intensiva non sono numerosi nella maggior parte degli ospedali: la capacità di questi reparti sarebbe facilmente superata.

Inoltre, i controlli dell’infezione in molte realtà non sono completamente applicati a causa della mancanza di risorse e di strumentazioni adeguate, sebbene le epidemie negli ospedali costituiscano un rischio reale». Da rilevare poi che le magre risorse di cui dispongono i sistemi sanitari sono già assorbite dalla lotta ad altre malattie, si pensi al colera, a ebola o all’aids.

Secondo il professor Widdowson, è necessario sostenere finanziariamente e con dotazioni tecniche il Centro africano di controllo delle malattie (Africa Cdc) di Addis Abeba che ha formato tecnici di laboratorio di 43 paesi africani ai test del coronavirus, e rafforzare i sistemi sanitari. Intanto sul terreno si sviluppano risposte specifiche. L’Etiopia e la Rd Congo hanno deciso di mettere in quarantena i viaggiatori provenienti dai paesi dove il virus è più diffuso. All’aeroporto di Entebbe (Uganda) i viaggiatori in arrivo sono cosparsi di disinfettante dalla testa ai piedi. Anche Kenya e Tanzania hanno aperto centri dove ospitare persone in quarantena.

La Federazione tanzaniana di calcio ha vietato le strette di mano tra i giocatori. Ghana e Gabon hanno imposto il divieto temporaneo di viaggiare ai loro cittadini. E la Tunisia ha interrotto la circolazione di traghetti verso l’Italia. Lo Zimbabwe, per parte sua, ha minacciato di espellere i viaggiatori stranieri sprovvisti di certificato medico.

Annullati anche numerosi avvenimenti. Tra questi la Lega africana di basket, che doveva cominciare il 13 marzo a Dakar, mentre il campionato marocchino di calcio si gioca a porte chiuse. Il parlamento nigeriano si è invece posto in congedo per due settimane.

Le conseguenze cominciano a farsi sentire sull’economia. A causa del blocco di molte attività produttive in Asia, il 70% dei carichi di petrolio nigeriano e angolano non trovano acquirenti dall’inizio di marzo. E al 10 marzo, a causa della chiusura delle linee aeree verso l’Asia, le perdite delle compagnie aeree africane ammontavano già a 400 milioni di dollari.

Da Nigrizia.it

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