In Italia 1,5 milioni di conti multietnici

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Negli ultimi due anni, pur in un contesto di crisi, in Italia c'è stato un ulteriore aumento dei conti correnti intestati agli immigrati, passati da 1,4 milioni a 1,5 milioni. Con un aumento di quasi 111 mila unità (+7,9 per cento) rispetto al 2007. A rivelarlo è un rapporto appena pubblicato dall’Associazione bancaria italiana e dal Centro studi di politica internazionale (Cespi).

Per usare il linguaggio degli esperti, gli immigrati sono quindi più “bancarizzati” rispetto al passato. «I dati del sistema bancario non comprendono Banco Posta, che in questi giorni ha annunciato che 700mila libretti di risparmio sono stati aperti da immigrati regolari» afferma Andrea Stocchiero, ricercatore del Cespi. «Facendo i conti si arriva al 75% degli immigrati titolari di un conto in Italia.

L’impressione è che l’inclusione finanziaria degli immigrati sia cresciuta notevolmente negli ultimi due anni, soprattutto rispetto agli strumenti più semplici. Alcune banche hanno cominciato a orientare servizi verso i clienti immigrati, anche se restano ancora indietro rispetto al settore delle rimesse». In Italia gli immigrati continuano a inviare soldi a casa attraverso le agenzie di Money Transfer e i canali informali, soprattutto quando si tratta di somme ridotte: l’ammontare di rimesse gestito dalle banche è di 210 milioni di euro su un totale oltre 6 miliardi inviati ogni anno.

E’ proprio il settore delle rimesse a riservare delle sorprese. Ci si aspettava un forte calo dei soldi inviati all’estero, invece gli immigrati hanno stretto i denti e le rimesse hanno retto il colpo della crisi. I lavoratori stranieri in Italia hanno continuato a risparmiare e mandare i soldi a casa, anche se l’incremento dal 2008 al 2009 è inferiore rispetto agli anni precedenti.

Un’altra rivelazione del rapporto di Abi e Cespi è che i piccoli imprenditori immigrati correntisti sono aumentati del 62% rispetto al 2007. Un balzo che gli esperti collegano alla crisi economica: «La popolazione migrante potrebbe aver fatto fronte all’aumento del tasso di disoccupazione e della precarietà lavorativa sviluppando attività imprenditoriali». In particolare le comunità africane e asiatiche «sembrano mostrare una maggiore vivacità», hanno la capacità di innovarsi e inventare attività in proprio.

Una vivacità solo in piccola parte intercettata dalle banche. «I conti correnti di immigrati titolari di “small business” sono arrivati a un totale di 22mila. Tuttavia in Italia le imprese immigrate censite sono ben 150mila, ciò significa che il sistema bancario non ha ancora gli strumenti adeguati per intercettare il rischio dell’impresa immigrata» commenta Andrea Stocchiero.

Un altro dato riportato dall’indagine Abi-Cespi è che gli immigrati accedono sempre di più alla micro finanza e al microcredito e che il 55% degli sportelli bancari italiani offre un servizio di questo tipo.

«Rispetto alla crisi sono interessanti anche gli ultimi dati Istat sul lavoro» afferma Stocchiero. «La disoccupazione è aumentata, però se si va a disaggregare il dato si scopre che per i lavoratori immigrati l’occupazione è addirittura aumentata. Come a dire che in questo periodo difficile chi ha assorbito meglio la crisi ed è riuscito in qualche modo a riciclarsi sono proprio gli immigrati».

Emanulea Citterio

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