Cura e giustizia sociale

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In Care and Capitalism (Cura e Capitalismo), Kathleen Lynch analizza le profonde contraddizioni del capitalismo neoliberista: un sistema che prospera sull’individualismo, il profitto e la produttività, ma che svaluta sistematicamente il lavoro relazionale che sostiene la vita umana. Attingendo alla sociologia, alle teorie femministe e all’etica della cura, Lynch mostra come l’amore, la cura e la solidarietà, ciò che lei definisce «eguaglianza affettiva», siano marginalizzati in nome dell’efficienza di mercato. In un’epoca in cui le lavoratrici e i lavoratori della cura sono sovraccarichi, sottopagati e resi invisibili, la sua critica fa eco alle lotte crescenti di chi sostiene, con il proprio lavoro, sia le famiglie che le economie. La sua proposta di un paradigma fondato sulla cura rappresenta una radicale riformulazione della giustizia e del benessere collettivo in un mondo dominato dalla mercificazione e l’indifferenza. 

Il suo libro introduce il concetto di eguaglianza affettiva, una critica profonda al modo in cui il capitalismo neoliberista svaluta sistematicamente il lavoro emotivo e relazionale, spesso svolto da donne e gruppi marginalizzati. Questo concetto si distingue sia per la sua portata teorica che politica, sfidando le narrazioni individualistiche delle economie moderne e mettendo in luce il lavoro invisibile ma essenziale della cura. Come si è formato questo concetto nel suo percorso e perché è centrale nella sua critica al capitalismo?

Si è formato in tre modi diversi: attraverso l’esperienza, la ricerca empirica e la teoria. Partiamo dall’esperienza. Nei primi anni Duemila, ho co-curato un libro con alcune colleghe, Equality: From Theory to Action. Credevamo nella ricerca emancipatoria, dialogica. In quel periodo organizzammo una grande conferenza con oltre 300 persone, accademici e rappresentanti della società civile, dove presentammo diverse idee su giustizia ed eguaglianza sociale. Ci fu una forte critica alle teorie convenzionali della giustizia.

Mi colpì profondamente quanto molte persone, anche attive nelle politiche di classe, genere, sessualità e disabilità, sentissero che le teorie esistenti non rappresentavano pienamente le loro vite, soprattutto nelle relazioni di cura. Fu un momento decisivo. Ricordo di aver detto durante un incontro: «La dimensione affettiva è trascurata; dobbiamo sviluppare un concetto che renda conto della vita relazionale». Da lì prese forma il concetto di eguaglianza affettiva...

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