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Youtube ed il braccio di ferro tra Casa Bianca e Pentagono
ICT Tecnologie informatiche
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Riguardo la morte dell’ambasciatore americano Chris Stevens circolano diverse tesi. Anzi, diversi video. La prima verità, conosciuta dai più, parla dell’assalto di terroristi al consolato di Bengasi causa il film “blasfemo” su Maometto pubblicato su Youtube. La tesi sembra poco convincente in quanto si tratta di un trailer di 13 minuti e 51 secondi vagamente parodistico del kolossal “Risala” prodotto e finanziato proprio da Gheddafi nel 1976 in due versioni, una araba e una inglese.
Secondo alcuni analisti il film blasfemo c’entra come i cavoli a merenda. L’ambasciatore in questione, con tutti i dovuti distinguo, era una specie di Arrigoni americano, non particolarmente amico di Israele, convinto che l’estremismo islamico e il terrorismo potessero essere curati con la medicina omeopatica di un regime change gestito dalla Fratellanza Musulmana. Uno che voleva diventare ambasciatore in Iran, dove gli americani non hanno alcuna rappresentanza diplomatica, per continuare la politica della mano tesa all’Islam propugnata da Obama nel famoso discorso del Cairo. Insomma, uno che aveva contribuito personalmente alla caduta di Gheddafi, e che ora sarebbe stato ringraziato e ripagato con lo scempio del suo corpo in vita e poi del suo cadavere nella stessa identica maniera che ha caratterizzato il linciaggio di Gheddafi.
Un altro indizio che non ci fa propendere per il trailer blasfemo è il fallito attentato, avvenuto a giugno contro l’ambasciatore inglese e l’ambasciata americana. Vi fu, quindi, un precedente contro l’anglofonia e non vi fu, allora, alcun film a scatenare le masse. Piuttosto un “sistema di sicurezza” che ha tenuto a giugno ed a settembre ha fatto acqua.
La terza tesi, invece, tira in ballo, come causa scatenante, ancora un film su Youtube. Non si tratta di quello blasfemo su Maometto ma un video diffuso su Internet da Ayman al Zawahiri per l’undicesimo anniversario dell’11 settembre. Qui, il capo di al Qaida conferma la morte del suo comandante Abu Yahia al Libi ucciso in Pakistan da un drone. A dirlo è nientemeno che Noman Benotman, analista della Quilliam Foundation. Egli è convinto che quanto è successo al Consolato sia collegato direttamente alle dichiarazioni di questo nuovo film ove il capo di al Qaida, in seguito alla morte di Abu Yahia al Libi, affermò: “Il suo sangue vi chiama, e vi spinge e vi incita a combattere e a uccidere”. È considerato un “via libera” all’esecuzione dell’attacco contro gli americani.
All’inizio dell’estate le brigate hanno messo su Youtube il video del primo attacco al Consolato di Bengasi, datato 5 giugno, una serie di esplosioni notturne inframmezzate da spezzoni di Osama bin Laden e Zawahiri, tanto per chiarire la linea ideologica senza possibilità di equivoci. Nel video il gruppo afferma di aver lanciato l’attacco in risposta alla notizia della morte di al Libi, colpito da un drone in un’area tribale del Pakistan. Per questo motivo martedì le parole di Zawahiri sono suonate sospette, a tre mesi di distanza. Nel video si dice che l’attacco è stato lanciato in corrispondenza con i preparativi per l’arrivo di un funzionario di alto livello del Dipartimento di Stato. “La scelta di tempo – scrisse Benotman in un report a giugno – indica che il gruppo segue e raccoglie attivamente informazioni sulle attività diplomatiche nel paese”.
La risposta di Obama al linciaggio del suo ambasciatore non s’è fatta attendere, come tutti sappiamo, con un perentorio “Make no mistake, justice will be done". Per fortuna si tratta più operazioni muscolose che di attacchi modello Ronald Reagan (1986) che ordinò il bombardamento della Libia dopo l’attentato ordinato dal regime di Gheddafi a una discoteca tedesca frequentata da soldati americani o modello Bill Clinton (1998) che ordinò il bombardamento di sei campi di al Qaida in Afghanistan e di un sito in Sudan dopo gli attentati a due ambasciate in Africa.
Nonostante le pressioni del Pentagono ad oggi non è partito alcun Tomahawk dalle due navi da guerra - la Uss Laboon e la Uss McFaul - site nelle acque extraterritoriali fuori Bengasi.
Il Presidente ha dovuto comunque reagire in quanto, dopo la morte dell’ambasciatore, stava perdendo consensi nel pieno della campagna elettorale. Il tutto, infatti, accadde all’indomani della Democratic Nomination ed a cavallo dell’11 settembre che, ormai, è una data troppo simbolica per gli USA. La vicenda ha dato respiro all’oppositore Mitt Romney.
Inoltre le continue deroghe sull’Iran sembrò indebolire Obama nei confronti sia di Israele che dell’elettorato guerrafondaio Usa che, a prescindere dalla disputa, tifa da sempre Pentagono.
Il braccio di ferro tra Casa Bianca e Pentagono stava arrivando al limite. Per “The post“ per Obama si stava ripetendo ciò che accadde a Jimmy Carter e si stava materializzando di nuovo l’incubo della cattiva gestione della crisi degli ostaggi all’ambasciata in Iran: ciò costò la presidenza al 39° inquilino della White House. Un vero e proprio fantasma per il presidente in carica.
Per fortuna è intervenuto il nipote di Jimmy Carter stesso, sempre attraverso Youtube, a calmare le acque. Egli riesce a veicolare il video ove Mitt Romney denigrava la parte più povera della popolazione americana facendo schizzare sui sondaggi Obama e rendendo più forte, di conseguenza, la casa Bianca sul Pentagono. Per ora alcun Tomahawk prenderà il volo né contro i campi di al Qaida in Libia e né per Teheran.