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Quando le abilità in campo sono quelle di tutti
Stili di vita
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Tutto è cominciato qui. Con un’esperienza che ho scelto di fare un paio di anni fa, inizialmente attratta dalla presentazione e dalle fotografie viste sul sito, ma soprattutto dalle metodologie adottate presso The Asha Centre per le attività proposte nella cornice magica di un paesino della campagna inglese del Gloucestershire. Da lì mi si è aperto un mondo, fatto di sperimentazioni biodinamiche e di messa in pratica della permacultura, di workshop internazionali per la pace e l’intercultura, di seminari e laboratori di approfondimento interreligioso, di relazioni comunitarie costruite con realtà vicine e lontane (un modus operandi – et vivendi – che ricorda per alcuni aspetti quello di Fondazione Fontana). E, tra queste possibilità, una in particolare mi ha colpito, come solo le cose più autentiche hanno il potere di fare, con la dolcezza e la forza di un “lavorare insieme” che porta frutti impensabili. Se a settimane alterne presso The Asha Centre si avvicendano gruppi di persone desiderose di imparare e motivate a condividere le proprie esperienze e la propria vita accompagnate dalla guida di formatori ed educatori, è in quelle “weeks off” come le chiamano loro, le settimane di pausa e di riassestamento, che si assaporano le dinamiche e i ritmi del lavoro di tessitura che il Centro persegue sul territorio. Nello specifico con alcune realtà che si occupano di quelle che ormai siamo abituati a chiamare “disabilità”, ma che sempre più spesso mettono in luce abilità diverse, nuove, necessarie a far crescere la comunità e a renderla consapevole di tutte le sue potenzialità.
Vi parlo allora del Camphill Village Trust del Grange Village, sulle sponde del Severn e al limitare della foresta di Dean, un luogo in cui molteplici opportunità vengono offerte a persone di ogni età che abbiano difficoltà di apprendimento e altri special needs (bisogni speciali), ognuna enfatizzando la centralità della persona e ottenendo da questo approccio un ampliamento degli orizzonti di ciascuno, una comunità aperta e un pensiero che punta fiducioso al futuro. Benefici che, attraverso la produzione di oggetti di artigianato, i laboratori teatrali e le attività di cura degli animali della fattoria, indubbiamente contribuiscono al raggiungimento dei traguardi individuali e contemporaneamente alla diffusione di un senso di responsabilità reciproca che integra nella comunità il significato profondo di una vita condivisa. Chi frequenta, abita o lavora al Grange Village una volta alla settimana visita l’Asha Centre e lì, mani nella terra, si lascia andare a qualche ora di garden therapy, piantando fiori e raccogliendo i frutti degli orti e delle serre e traendo da questi semplici gesti, svolti assieme agli operatori e agli ospiti, preziosi momenti di serenità e di peer-to-peer education. Quelle come The Grange sono realtà che includono sistemazioni residenziali indipendenti e scuole giornaliere, sono convenzionate con alcuni college per l’educazione degli adulti e promuovono il riconoscimento e il potenziamento di quelle qualità individuali che sono le fondamenta per una vita piena.
E non è certo un approccio raro nella regione. A un’ora di macchina si trova The Ruskin Mill Trust, persone diverse, modalità analoghe. Incontri a tu per tu con le capre e le mucche della fattoria, con le serre di zucche e i cavalli dei campi vicini, laboratori di lavorazione del legno e dei metalli, atelier di filatura e colorazione della lana: una serie di attività per garantire programmi e percorsi individualizzati a persone oltre i 25 anni con difficoltà comportamentali e di apprendimento – persone che le istituzioni troppo spesso abbandonano a se stesse e alle eventuali famiglie una volta raggiunta la maggiore età.
La sensazione è quella che, come ad esempio nella pet therapy, il contatto con la natura e, attraverso la natura, con la comunità, sia la strada giusta per un profondo e indiscusso coinvolgimento nella società delle abilità di ciascuno, qualunque esse siano e in qualsiasi modo vengano espresse. Un approccio non nuovo che a livello europeo e internazionale non può prescindere dalla riflessione e dalla pratica attuata all’interno delle comunità L’Arche, fondate da Jean Vanier (qui un’intervista esclusiva raccolta in occasione dell’edizione 2014 de La pietra scartata) e fucina di sperimentazione di un approccio comunitario alle differenze di ognuno, siano esse relative alle capacità fisiche o a quelle mentali di ciascuna persona.
Esperienze che, come ad esempio quella della Cooperativa Samuele o quelle costruite in collaborazione con il Centro di Salute Mentale di Trento, nascono anche per far fronte alla sfida di coniugare l’aspetto economico tipico di qualsiasi impresa con l’aspetto sociale, nella direzione di conciliare l’attenzione verso chi nel mondo del lavoro fatica ad inserirsi con le necessità di una società che, spesso prostrata alla logica di mercato, ignora il bisogno di inclusione sociale che rimane come condizione indispensabile trasversale a ogni comunità.