Chinua Achebe: “anche il leone deve avere chi racconta la sua storia. Non solo il cacciatore”

Stampa

"In compagnia dei libri di Chinua Achebe crollavano le mura della prigione”. Nelson Mandela ha così ricordato, prima del suo recente ricovero, uno dei maggiori scrittori, poeti e saggisti africani, scomparso lo scorso 21 marzo all’età di 82 anni negli Stati Uniti, dove da anni insegnava al Bard College e alla Brown University. E per molti Albert Chinualumogu Achebe, meglio conosciuto solo come Chinua Achebe, era il “Nelson Mandela” della letteratura. Grazie a lui il mondo ha cambiato il suo modo di percepire l’Africa ed in particolare il Biafra della cui diaspora era il figlio più conosciuto, capace di ricordarci nei suoi libri come anche il leone deve avere chi racconta la sua storia. Non solo il cacciatore”, un detto ancestrale che evoca l’istanza di guardare all’Africa senza pregiudizi e stereotipi, andando al di là di una visione paternalistica, ammantata solo di carità.

Per il suo valore Achebe aveva ricevuto nel 2002 il Premio per la Pace durante la Fiera del Libro di Francoforte e, nel 2007, il prestigioso Man Booker International Prize per il suo “contributo alla letteratura a livello mondiale”, oltre ad essere più volte associato a un possibile Nobel per la letteratura, andato in passato a un altro autore nigeriano, Wole Soyinka (il primo nero africano ad aver ricevuto il più alto riconoscimento per uno scrittore) che in una breve nota ha parlato “di una perdita enorme, nel contempo universale ed intensamente personale”. “Abbiamo perso un fratello, un collega, un pioniere e un valoroso combattente. Del quartetto di pionieri della letteratura contemporanea nigeriana, due voci si sono ormai spente, prima quella del poeta Christopher Okigbo, e ora quella di Achebe” ha spiegato il Nobel Soyinka. Ma anche gli autori di nuova generazione si sono fatti sentire con le parole di Chimamanda Adichie che ha pubblicato una toccante elegia nella sua lingua madre Igbo. Adichie che è generalmente considerata l’erede più promettente di Achebe nella narrativa in lingua inglese, nella sua dedica, lo ha descritto come “un grande pensatore, una mente brillante e un animo gentile”, definendo la sua morte come la chiusura di un capitolo importante nella storia non solo culturale della Nigeria.

E non poteva essere altrimenti. Nato il 16 novembre del 1930 da una famiglia di etnia Igbo, fin da giovane, all’Università di Ibadan, si cimentò a smontare l’ideologia coloniale dei romanzi inglesi e cominciò a raccontare “la parte del leone” con opere quali Things fall apart (Il crollo), No longer at ease (Ormai a disagio), A man of the people (Un uomo del popolo) e Arrow of God (La freccia di dio). Proprio il suo primo romanzo Il crollo del 1958, tradotto in più di cinquanta lingue e venduto in oltre 10 milioni di copie confermandosi come uno dei romanzi più letti del XX secolo, è diventato una sorta di risposta al famoso Cuore di tenebra di Joseph Conrad, opera di solito ritenuta espressione di un approccio “illuminato” verso l’Africa e gli africani, ma che per Achebe evidenziava un neanche tanto latente razzismo. Senza fare sconti alle debolezze e all’opportunismo del proprio popolo, il capolavoro di Achebe narra le vicissitudini di una famiglia nigeriana attraverso i decenni che vanno dalla tradizione ancestrale di inizio ’900, passano per il colonialismo fino ad arrivare alla modernità, mettendo in luce il disadattamento delle vecchie generazioni e la frustrazione delle nuove di fronte alla corruzione e alla perdita dei valori delle origini dopo il contatto con il mondo dei “bianchi”.

Ma solo pochi mesi prima della sua morte, ha ricordato l’Associazione Popoli Minacciati (Apm), questo padre della narrativa africana ha lasciato in eredità al mondo, e in particolare alla sua gente, il libro There was a country. A personal history of Biafra. Nel libro Achebe ricorda la tragedia del Biafra, il genocidio avvenuto tra il 1967 e il 1970, che all’epoca scosse profondamente l’opinione pubblica mondiale, ed evidenziò le responsabilità dirette dei governi di Gran Bretagna e Unione Sovietica che per motivi economici sostennero il governo nigeriano fino alla vittoria finale sulla Repubblica del Biafra. Achebe nel libro ha ricostruito “le responsabilità del governo britannico di Harold Wilson”, ma per contro anche il turbamento e la partecipazione della popolazione britannica alla crisi.

 “Quasi 30 anni prima del Ruanda e del Darfur - ha scritto Achebe - più di due milioni di persone, madri, bambini, neonati e civili persero la vita a causa di una politica inauditamente crudele, condotta dal governo nigeriano. La peggiore misura della sua politica fu adottare la fame come arma da guerra. […] I costi in termini di vite umani l’hanno resa una delle più sanguinose della storia dell’umanità”.



Una denuncia non casuale che negli anni ha portato Achebe a criticare puntualmente i dittatori militari che hanno governato la Nigeria e a denunciare la corruzione e l’incapacità delle istituzioni al potere, tanto che per ben due volte ha respinto le offerte da parte del Governo di Abuja di concedergli una onorificenza nazionale, citando come motivazione “le deprecabili situazioni politiche del Paese, in particolare quelle del suo stato natale Anambra”. Nel 2004, infatti, rifiutò il titolo onorifico di Commander of the Federal Republic assegnatogli dall'allora presidente nigeriano Olusegun Obasanjo, esprimendo il suo sconcerto e costernazione verso un sistema politico che ha trasformato la Nigeria in un “feudo in bancarotta e senza legge”. Le stesse motivazioni che lo portarono, nel 2011, a rifiutare un altro riconoscimento dall'attuale presidente Goodluck Jonathan.

Ora l’Apm ha auspicato che il terribile genocidio del Biafra e l’eredità letteraria ed umana di Chinua Achebe “possa fungere da monito e spingere l'umanità almeno ad aiutare in tempo le vittime odierne e future di tutti i genocidi.

 La Nigeria in particolare continua ad essere distrutta dagli interessi economici. La distruzione in corso ad opera delle multinazionali petrolifere sfrutta una popolazione indifesa e distrugge irreversibilmente l’ambiente, rendendolo completamente inabitabile per chi è costretto a viverci”. È ora che la politica mondiale si impegni per porre fine a questo crimine senza fine, partendo dall’esempio di chi ha portato l’Africa al resto del mondo e amava ricordare che “Fra gli Igbo c’è un proverbio: un uomo che non sa dire dove la pioggia lo ha colpito non sa neppure dove il suo corpo si è asciugato. Lo scrittore deve dire alla gente dove la pioggia lo ha colpito” e indicando il punto Achebe ci aveva spiegato che l’Africa non è povera, ma semmai impoverita e che l’Africa non chiede beneficenza, semmai invoca giustizia.

Alessandro Graziadei

Commenti

Log in or create a user account to comment.

Ultime su questo tema

I ricchi diventano sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri

28 Gennaio 2025
I 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG), mirano, tra le altre cose, ad aiutare le nazioni in via di sviluppo a sradicare la povertà estrema entro il 2030. Ma questo obiettivo ha fatto pochi o...

Come prima cosa: casa

13 Gennaio 2025
Questo mese nel podcast ALTRO MODO parliamo di Housing First, un’innovativa alternativa per le persone senza dimora. (Michele Simeone)

Domani segui online la prima Maratona Internazionale Sfratti Zero!

10 Ottobre 2024
11 ottobre, dall’alba al tramonto, una Maratona globale raccoglierà le voci di chi sta resistendo e lottando per il diritto alla casa. (Miriam Rossi)

Muretti a secco: una tradizione ecosostenibile

18 Settembre 2024
Sono costruzioni ecologiche, esteticamente belle e capaci di tramandare saperi e tradizione. (Alice Pistolesi)

Una dignità senza pari

06 Luglio 2024
Nel novembre 2019, seguendo le principali rotte dei migranti/profughi lungo i confini d’Europa, ho trascorso un mese in Senegal con i “ritornanti”. (Matthias Canapini)

Video

Crozza a Ballarò denuncia gli stipendi da fame dei ricercatori