Addio plastica. Nasce il primo supermercato “biodegradabile” al mondo

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Life in plastic, it’s fantastic recitava – ormai vent’anni fa – il motivetto di una canzone famosissima. Da tempo però abbiamo smesso di pensarla così, per molte ottime ragioni: ogni anno nel mondo si producono oltre 300 milioni di tonnellate di plastica, 8 milioni dei quali finiscono negli oceani, con quel che ciò significa anche per l’alimentazione umanaNel complesso se ne ricicla appena il 14% (si arriva al 30% in Europa), motivo per cui l’Unione Europea ha dato il via a un’offensiva che dovrebbe portare entro il 2030 a far sì che tutti gli imballaggi immessi sul mercato siano riciclabili e riutilizzabili.

Nel frattempo, c’è chi si porta avanti col lavoro. Ad Amsterdam ha aperto, all’interno del supermercato biologico Ekoplaza, il primo reparto al mondo interamente “plastic-free”. L’offerta coinvolge 680 prodotti tra carne, riso, salse, latticini, frutta e verdura, tutti confezionati con imballaggi in vetro, metallo, carta e materiali biodegradabili di origine vegetale chiamati “biofilm”, che si scompongono entro dodici settimane. L’esperimento, assicura la catena olandese, verrà replicato al più presto anche negli altri 74 punti vendita nel Paese. L’idea di un reparto plastic-free nasce dalla collaborazione di Ekoplaza con il gruppo ambientalista A Plastic Planet. Il confondatore Sian Sutherland, intervistato dal Guardian, commenta così l’iniziativa: «Per decenni hanno venduto ai consumatori la bugia che non possiamo vivere senza plastica nel cibo e nelle bevande. Un reparto privo di plastica cancella questa falsa convinzione. Finalmente possiamo vedere un futuro in cui il pubblico può scegliere se acquistare plastica o meno. Allo stato attuale non abbiamo scelta».

Nel 1964 la produzione di plastica nel mondo ammontava a 15 milioni di tonnellate, mentre nel 2014 si era arrivati a 311 milioni di tonnellate. Un boom che da un certo punto di vista ha propiziato progressi prima inimmaginabili nella diffusione dei prodotti agroalimentari, ma di cui ora ci troviamo a pagare il prezzo (ben più ingente del costo dei sacchetti bio). Che la grande distribuzione prenda atto di tutto questo è più che auspicabile. Ed è positivo che siano i consumatori a chiedergliene conto quando questo non succede, specie se si tratta di aziende che tengono alla propria immagine “virtuosa”. Negli Stati Uniti, la catena di supermercati biologici Whole Foods è finita nell’occhio del ciclone un paio d’anni fa dopo che un’utente di Twitter ha postato l’immagine di una confezione di arance già spelate, avvolte nella plastica. Il post originale è stato ritwittato 54mila volte, dando la stura a commenti ironici di ogni sorta, a partire da quello dell’autrice della foto: «Se solo la natura avesse pensato a coprire queste arance con la buccia, così da non costringerci a sprecare tutta quella plastica!».

Alla fine, Whole Foods ha preso atto del passo falso con una dichiarazione: «Decisamente un nostro errore. Vi abbiamo ascoltati, e lasceremo le arance nella loro confezione naturale: la buccia». Speriamo che, a distanza di tempo, anche questo sia servito da lezione.

Andrea Cascioli da Slowfood.it

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