Il dossier Iran sul tavolo Onu

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Foto: Unsplash.com

Di Gianna Pontecorboli da New York

In una Assemblea Generale dell'Onu piena di tensioni, la decisione sul destino delle sanzioni nei confronti dell'Iran ha rappresentato, per molti versi, un percorso scontato. All'ombra dei conflitti a Gaza e in Ucraina, però, proprio lo scontro sulle penalità reimposte a Teheran per il suo mancato rispetto degli accordi firmati nel 2015 ha dato un segnale preciso sui preoccupanti fallimenti della diplomazia sotto il tetto del Palazzo di Vetro ma anche qualche piccola speranza di apertura. E anche se nessuno sembra aver preso sul serio l'invito di Trump e Netanyahu all'Iran di unirsi un giorno agli accordi di Abramo, ha segnalato che la discussione potrebbe essere appena iniziata. “Nello scenario del conflitto in corso a Gaza e dell’instabilità del Medio Oriente, un collasso della questione nucleare potrebbe innescare una nuova crisi di sicurezza regionale, in contrasto con l'interesse comune della comunità internazionale”, ha avvertito Geng Shuang, vice ambasciatore della Cina all'Onu.

Apparentemente, il percorso della vicenda è stato quello previsto dagli esperti già da quando, con una mossa non del tutto inaspettata, la Germania, la Francia e la Gran Bretagna, i cosiddetti E3, avevano chiesto a fine giugno, dopo gli attacchi israeliani e statunitensi e la successiva decisione iraniana di sospendere le ispezioni dell’agenzia atomica IAEA, di mettere in atto la procedura dello “snapback”, cioè il termine della sospensione delle sanzioni garantita dall'accordo JCPOA. Quando, la settimana scorsa, il grande raduno annuale dei capi di Stato e di governo dei 193 paesi membri dell'Onu è cominciato, la diplomazia si è messa in moto con una serie di incontri protetti dalla riservatezza per evitare un passo potenzialmente doloroso e pericoloso per tutti. Tutti hanno parlato con tutti, anche se i colloqui a porte chiuse non hanno evitato le mosse già messe in programma...

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