Un risiko mondiale è in pieno svolgimento

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Immagine: Atlanteguerre.it

Mentre la guerra in Ucraina è arrivata al giorno 701, appare sempre più evidente come il risiko mondiale sia in pieno svolgimento. La partita è iniziata e, dispiegando la carta del Mondo, si scopre che lo scontro è potenzialmente ovunque.

I contendenti li abbiamo definiti e nominati una settimana fa. Da un lato ci sono i “filo-americani”, cioè il blocco che vede in testa gli Stati Uniti – padroni del 25% dell’economia mondiale – con gli alleati Unione Europea, Canada, Australia, Giappone, naturalmente Ucraina, Israele e una manciata di altri Paesi. Dall’altro lato ci sono gli “alternativi”, guidati dalla Cina - che controlla il 18% dell’economia planetaria – con in Paesi del Brics, ormai allargato a 11 e con ovviamente la Russia e Paesi sparsi di Americhe, Africa e Asia.

Queste le formazioni che vogliono il controllo del Pianeta. I secondi, cioè gli “alternativi”, contendono il dominio mondiale ai “filo-americani”, mettendo in campo politiche economiche aggressive e seduttive, cercando di sostituire con una nuova valuta il dollaro nel commercio mondiale. Di fatto, siamo ad una contesa militare vera e feroce, che vede nella guerra in Ucraina il tavolo di confronto ormai più antico, ma che ha a Gaza, nel mar Rosso e, sottotraccia, in Africa,  gli altri teatri di scontro. Parlare dell’Ucraina in modo isolato, come teatro esclusivo e a parte, non ha più senso, non racconta davvero nulla.

Per questa ragione, il racconto della guerra fra Kiev e Mosca sarà da ora in poi parte di racconti più ampi e complessi. Ogni scontro in essere appare collegato e apre una finestra sul complessivo confronto mondiale. E’ fondamentale capire cosa sta succedendo, dove possiamo andare.

Iniziamo comunque dall’Ucraina: in termini strettamente militari, si muove poco. I due eserciti mantengono le posizioni e le offensive non guadagno reali punti di vantaggio strategico. Il risultato, dicono gli osservatori, è una guerra che sta senz’altro logorando più Kiev di Mosca. Nell’immediato, molti analisti immaginano una flessione degli aiuti militari da parte di Unione Europea prima e Stati Uniti poi. In settimana il Pentagono ha ammesso di non avere più fondi per le forniture militari a Kiev. Quindi, nel medio periodo, la previsione vede nella vittoria russa la conclusione della guerra, con una sconfitta che peserà ovviamente su Kiev, che perderà territorio e parte della sovranità e sugli Stati Uniti, meglio sulle loro politiche economiche.

Una Russia trionfante, infatti, consoliderebbe il proprio ruolo di leader continentale in Europa, giusto lungo il confine con la Nato e aprirebbe la strada alle vie commerciali alternative fra Asia e Europa stessa. Quali? Due sostanzialmente. Una via terra, seguendo la Via della Seta lanciata da Pechino nel 2013 e in fase di realizzazione. L’altra via mare, lungo quella rotta artica che si sta creando a Nord, grazie al cambiamento climatico e allo scioglimento dei ghiacci. Una rotta che passa proprio a Nord della Russia e che consente il collegamento fra Asia ed Europa con il 40% di costi in meno.

Questo renderebbe, ad esempio, meno importante il Canale di Suez, con il travagliato passaggio dalla sua porta: il Mar Rosso. È  lì che si combatte un’altra, contemporanea, battaglia fra le due fazioni mondiali. Gli houthi sciiti, alleati dell’Iran, membro del Brics, ostacolano i passaggi dei mercantili dei Paesi alleati a Israele, in nome della solidarietà ai palestinesi. La reazione militare di Usa ed Europa e’ stata immediata, con l’invio di una flotta mista a pattugliare il tratto di mare e costanti bombardamenti aerei sullo Yemen, per distruggere le postazioni houthi. Solo il 24 gennaio, per citare una giornata di normale tensione, dalla costa yemenita sono partiti attacchi contro due navi mercantili, con tre razzi lanciati. La risposta statunitense e inglese è stata in otto diversi attacchi aerei contro obiettivi houthi. La realtà è che il traffico marittimo bloccato o in pericolo rischia di costare caro, soprattutto agli europei. Da lì, da quel mare, arrivano infatti buona parte delle scorte in termini di materie prime.

È un diabolico gioco a scacchi che sta, giorno dopo giorno, coinvolgendo altre aree: la Siria, l’Iraq, il Pakistan e che, come sempre, colpisce soprattutto i civili. Lo sanno a Gaza, dove l’operazione di polizia di Israele ha ucciso, ad oggi, oltre 25mila esseri umani e ne ha feriti quasi 65mila. Lo sanno in Ucraina, dove le organizzazioni umanitarie spiegano che le fasce più deboli della popolazione, soprattutto gli anziani, sono sempre più a rischio, costrette a subire condizioni di vita inaccettabili. All’orizzonte non appaiono soluzioni: il nuovo risiko mondiale, in fondo, è appena cominciato.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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