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Un futuro radioso? Sì, ma per gli ex-generali
Economia di guerra
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Un futuro radioso non si prospetta per l’Italia, “nè quantomeno sereno”, sentenzia il FMI. Ma per qualcuno un futuro raggiante e pieno di prospettive c’è: per gli ex-generali in pensione (dorata). Dopo una breve pausa, giusto per godersi un po’ di respiro dopo le estenuanti battaglie (tra le scartoffie?) e per farsi qualche viaggetto con la consorte approfittando del lauto TFR. Così, mentre il paese litiga sulla riforma del lavoro, sulla cancellazione dell’art. 18 e sugli effetti di un possibile anticipo di TFR in busta-paga, la Commissione Difesa della Camera discute oggi una proposta di legge (A.C. 2428) che intende introdurre alcuni limiti (non certo vietare, ci mancherebbe!) “all’assunzione di incarichi presso imprese operanti nel settore della difesa da parte degli ufficiali delle Forze armate che lasciano il servizio con il grado di generale o grado equiparato”.
La materia è solo all’apparenza meno rilevante rispetto ad altre questioni che riguardano le spese militari, a cominciare dai cacciabombardieri F-35, e il settore della difesa del nostro paese. Ma non è di poco conto se si pensa anche solo agli interessi in gioco e ad alcuni casi recenti.
A partire dall’incarico di “consulente del nuovo comitato per le strategie internazionali” di Finmeccanica che avrebbe dovuto ricoprire l’ex ammiraglio ed ex-ministro della Difesa del governo Monti, Gianpaolo Di Paola (quello che in qualità di Segretario generale per la Difesa aveva firmato nel giugno del 2002 a Washington il primo accordo da un miliardo di euro per la partecipazione italiana al programma F35-JSF – qui la foto). Incarico “stoppato” dall’Antitrust per “incompatibilità” con il precedente incarico ministeriale, in base alla legge sul conflitto d’interessi. Chi è stato «titolare di cariche di governo» per 12 mesi non può avere incarichi in «società aventi fini di lucro che operino prevalentemente in settori connessi con la carica ricoperta» - recita la nota dell’Antitrust.
E un simile destino (e incarico) avrebbe riguardato anche l’ex Segretario generale della Difesa (Segredifesa), il generale di Squadra aerea Claudio Debertolis riconosciuto sostenitore della partecipazione italiana al programma per i caccia F35 e per la costante opera di disinformazione nei confronti del Parlamento sul medesimo programma (a partire dai “15 miliardi di dollari di realistiche opportunità” per le nostre industrie oltre ai già famosi “10mila posti di lavoro”).
A fronte di questi casi, e di qualche precedente (come quello dell’ex generale di corpo d’armata Giulio Fraticelli che fino al 2005 aveva ricoperto la carica di Capo di Stato maggiore dell’Esercito e dopo otto mesi era stato nominato presidente di Oto Melara) la Commissione Difesa sta cercando di porre dei limiti agli incarichi in aziende militari per gli ex ufficiali delle FF.AA. in pensione.
La Commissione appare principalmente preoccupata del fatto che un ex-generale possa far acquistare al ministero della Difesa sistemi d’armamento non strettamente utili né necessari al fine di promuovere una sua personale successiva carriera in qualche azienda del settore militare. E per cercare di impedirlo propone, tra le altre cose, di far passare un breve lasso di tempo (tre anni) prima che un ex-ufficiale possa assumere un qualche incarico in tali aziende.
Ben diversa e più ampia la preoccupazione di Rete Disarmo che in un comunicato ha definito la proposta “necessaria ma insufficiente”. Due sono le considerazioni principali di Rete Disarmo.
La prima riguarda il ruolo di un ufficiale di alto grado nelle nostre FF.AA.. Tale ruolo permette ad una persona di acquisire informazioni altamente sensibili sia di tipo militare, sia sui sistemi d’arma allo scopo specifico della difesa del nostro Paese: “Si tratta di informazioni che non appartengono a un singolo, ma allo Stato e sono a disposizione del singolo ufficiale solo ed esclusivamente per quello scopo” – sostiene Rete Disarmo. “Ogni altro uso di queste informazioni, proprio perché può rischiare di compromettere la sicurezza del nostro Stato, va limitato e chiaramente regolamentato” – si legge nella lettera che Rete Disarmo ha inviato nei giorni scorsi all’On. Carlo Galli (primo firmatario della Proposta di Legge) e ai componenti della Commissione Difesa della Camera dei Deputati.
La seconda considerazione riguarda la struttura dell’industria italiana, europea e mondiale della difesa che vede oggi tutte le industrie nazionali, anche quelle europee, in forte competizione tra loro: ciò significa che chi ha acquisito determinate informazioni sensibili diventa appetibile come “collaboratore” per i competitors.
Alla luce di questa riflessione, Rete Disarmo sottolinea che ad un ufficiale in congedo, per la tipologia di lavoro svolto nelle Forze Armate e per le informazioni sensibili acquisite durante tale servizio, “non dovrebbe essere permesso in alcun caso di trasferire competenze e conoscenze riservate in un’industria così delicata come quella degli armamenti”. Per questo motivo, anche se in alcuni aspetti migliorativa, Rete Disarmo non ritiene soddisfacente la normativa proposta in Commissione alla quale chiede di accogliere i vari emendamenti che intendono rafforzare e migliorare la proposta di legge.
In particolare, Rete Disarmo invita il Parlamento a considerare almeno tre integrazioni migliorative. Innanzitutto la possibilità di impiego in ambito industriale di un ex-ufficiale delle Forze armato dovrebbe essere consentita dopo un lasso di tempo più lungo di quanto previsto dal testo attuale (cioè di soli tre anni) ed, in secondo luogo, esclusivamente presso le industrie nazionali, al fine di evitare trasferimento di conoscenze riservate e sensibili al di fuori del nostro Paese; dovrebbe infine riguardare tutte le imprese e holding con sede in Italia o all’estero che hanno al loro interno settori di produzione di sistemi militari e di armamenti o ad essi collegati.
Inoltre Rete Disarmo evidenzia che la normativa dovrebbe valere anche per rapporti di consulenza occasionale che dovrebbero essere forniti solo previo controllo statale con documentazione di tutte le fasi per un successivo controllo parlamentare.
“Riteniamo comunque necessario un rafforzamento della normativa attuale e, in questo senso, consideriamo positiva l’interlocuzione con i promotori della proposta di legge perché sta andando ad affrontare uno dei temi che per anni non sono stati nemmeno sfiorati dalla discussione parlamentare e soprattutto perché è urgente sanare la reiterata elusione della Legge n. 185 del 1990 che già prevedeva per i dipendenti pubblici l’impossibilità di assumere cariche dirigenziali e incarichi di consulenza in imprese operanti nel settore degli armamenti per un periodo di tre anni successivo alla cessazione del rapporto di lavoro” – conclude la nota di Rete Disarmo.
Insomma, benvenga l’intento di sanare la questione. Ma se si vuol finalmente legiferare, facciamolo bene. E non con un occhio di riguardo per i soliti noti.
Giorgio Beretta
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