Sud Sudan, l’indipendenza compie un anno

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La più giovane nazione del mondo festeggia il 9 luglio il primo anniversario di indipendenza dal Sudan. Ma quasi 50 anni di guerre civili hanno reso il Sud Sudan anche uno dei paesi più poveri e sottosviluppati. Le prospettive di pace che la separazione dal nord avrebbe dovuto portare sono state svilite - e continuano ad esserlo - dal continuo conflitto tra le due parti, tuttora incapaci di accordarsi sui comuni confini e sulla suddivisione delle risorse petrolifere.

Tanti fiori sono stati piantati e molti edifici sono stati ridecorati nella capitale Juba e in altre aree del paese. Ma è come se alle celebrazioni sia stata messa la sordina. La persistente insicurezza, la dilagante corruzione in tutte le sfere dell'amministrazione pubblica e la debilitante crisi economica rendono difficile il compito di costruire la nazione. «In verità - ha detto il presidente Salva Kiir nel suo primo discorso alle Nazione Unite - anche prima delle devastazioni della guerra civile, la nostra nazione non poteva vantare molte cose su cui ricostruire».

La mancanza di scuole, di servizi sanitari, di strade, di posti di lavoro e di opportunità per i giovani, e la presenza di un incalcolabile numero di armi, alimentano una serie di sanguinosi scontri interetnici.

In teoria, il Sud Sudan possiede le risorse necessarie per uscire dal baratro in cui si trova. Al momento dell'indipendenza, si è trovato in mano tre quarti delle riserve petrolifere dell'ex Sudan. Lo scorso gennaio, tuttavia, il governo di Juba ha preso la drastica decisione di chiudere completamente le operazioni di estrazione e pompaggio del greggio. Il prezioso liquido veniva trasportato verso i porti del Sudan, ma non si era raggiunto un accordo su quanto queste operazioni dovessero costare. La chiusura ha privato il Sud Sudan del 98% delle sue entrate. È quasi impossibile oggi avere valuta estera per acquistare cibo e altri beni dall'estero. L'inflazione è dell'80%.

Juba accusa Khartoum di continuare a bombardare il proprio territorio e sostenere gruppi ribelli. In aprile, le forze regolari sud-sudanesi hanno preso il controllo dei campi petroliferi di Heglig, dando inizio a feroci scontri con l'esercito del nord. L'Unione africana ha condannato «la illegale occupazione» da parte del sud, tacendo scandalosamente i raid aerei di Khartoum perfino contro campi per sfollati in mano alle forze di pace dell'Onu. Se non altro, questo ha dimostrato quanto il Sud Sudan abbia perso in termini di quell'appoggio internazionale che godeva al momento dell'indipendenza (9 luglio 2011). L'Onu, tuttavia, ha minacciato sanzioni contro ambedue gli stati.

Non mancano critiche contro i leader di Juba da parte della stampa libera, gruppi impegnati per i diritti umani e governi stranieri. Una lettera di Kiir, in cui si chiede al 75% dei responsabili governativi di restituire 4 miliardi di dollari rubati all'erario statale, ha causato un forte imbarazzo e rivelato le reali dimensioni delle corruzione nell'amministrazione in Sud Sudan.

Ma Peter Biar Ajak, direttore del Centro di analisi strategica e di ricerca di Juba, crede che la tanto sbandierata lotta alla corruzione («siamo corrotti, sì, ma almeno noi lo riconosciamo») possa essere una distrazione: «È impossibile perseguire chiunque. Dopo gli odierni ladri del sud, si accuseranno i nordisti, i britannici e i turchi... Abbiamo bisogno di guardare un tantino più in là e preparare un cambio generazionale. Solo generazioni davvero libere sapranno donare a questo nostro paese uno vero sviluppo».

La rete Campagna Italiana per il Sudan, attiva dal 1994 nel sostenere il processo di pace, ha pubblicato Sud Sudan, un anno di interdipendenza (.pdf) un breve dossier che delinea la complessità del processo di costruzione nazionale e del consolidarsi di relazioni pacifiche e di reciproca fiducia e rispetto tra Juba e Khartoum.

Franco Moretti da Nigrizia

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