Senza giustizia non c’è pace. Il punto

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Immagine: Unsplash.com

Il Risiko mondiale si gioca anche sul filo del ricordo delle tragedie andate che non hanno ricevuto giustizia, dei crimini commessi grazie alla passività di chi poteva evitarli. Come a Srebrenica, nella Bosnia Erzegovina, esattamente trent’anni fa. Dal 11 al 15 luglio, la strage assurda venne portata a termine davanti agli immobili caschi Blu delle Nazioni Unite. Quasi 10mila uomini, musulmani, vennero uccisi in soli cinque giorni dalle milizie serbo ortodosse guidate dal pazzo generale Ratko Mladic, con la benedizione del leader ultranazionalista Radovan Karadzic. I due sono stati condannati per quei crimini, ma laggiù, a Srebrenica, ancora oggi le madri, le mogli, le sorelle di quei morti ammazzati vedono passare liberi e impuniti i carnefici dei loro cari. Non c’è stata giustizia, in Bosnia. E senza giustizia non c’è pace.

Nel Risiko contemporaneo la Bosnia di Srebrenica resta una vergogna e si è trasformata in una polveriera che potrebbe esplodere. La guerra è latente fra i tre popoli che la abitano e che si erano massacrati fra il 1992 e il 1995. Lì, in quegli anni, è iniziata la morte del diritto internazionale e di quel diritto umanitario che a Gaza sono stati definitivamente sepolti, assieme a chi li rappresentava: l’Onu.

Gli Stati Uniti di Trump e l’Israele di Netanyahu stanno completando l’opera di annientamento dei Palestinesi. Stanno apertamente cercando Paesi in grado di ospitarli. Le due amministrazioni parlano ufficialmente di favorire una “emigrazione volontaria”. Gli osservatori internazionali raccontano di un preciso progetto di pulizia etnica. La cosa è emersa nell’incontro che il capo del governo israeliano ha avuto a Washington con il presidente Usa. Netanyahu ha ribadito che gli israeliani non vogliono un stato palestinese come vicino di casa, dopo quello che è successo il 7 ottobre 2023. Qualcuno ha ricordato come lui, da sempre, abbia dedicato la propria carriera politica ad impedire la nascita di uno stato palestinese. A margine dell’incontro, Netanyahu ha mostrato a Trump la lettera che il governo israeliano ha scritto per candidare il presidente statunitense al Nobel per la Pace. In pochi giorni, è  la seconda candidatura, dopo quella proposta dal governo della Repubblica Democratica del Congo.n pochi giorni, è la terza candidatura, dopo quella proposta dal Pakistan e dal governo della Repubblica Democratica del Congo.  È interessante vedere come degli stragisti poco sensibili ai diritti umani - cioè i governanti di Kinshasa e Tel Aviv - siano concordi nel ritenere Trump, con le sue aggressive politiche fatte di minacce e bombardamenti, un paladino della pace.

Nel frattempo, nella Striscia di Gaza la strage continua. Secondo l'ufficio stampa del governo di Gaza, nei primi due giorni di questa settimana le forze armate israeliane avrebbero ucciso più di 300 palestinesi. Almeno una trentina di loro sarebbero morti mentre cercavano di avere aiuti alimentari nei controversi centri gestiti dalla Gaza Humanitarian Foundation (GHF), l’organizzazione sostenuta dai governi israeliani e statunitensi. Una strage, questa nei centri di assistenza, che prosegue nell’indifferenza generale e senza cenni di condanna da parte degli alleati di Israele e Usa. Altre 16 persone sono, invece, morte nell’attacco alla scuola Mustafa Hafez, che dava rifugio agli sfollati, a ovest di Gaza City. 

Sull’altro grande fronte del Risiko planetario, in Ucraina, la guerra continua senza sosta. Sono riprese le forniture di proiettili statunitensi a Kiev, proprio mentre Mosca ha intensificato gli attacchi aerei sulla popolazione e aumentato la pressione militare al fronte. L’esercito ucraino sembra reggere, ancora e, contemporaneamente, quello di Mosca continua a mettere in mostra i limiti della macchina bellica russa. A dispetto di ciò, la Russia resta il “grande nemico” per l’Europa. La corsa al riarmo è l’asse portante delle politiche economiche dell’Unione dei prossimi anni. E sul fronte della deterrenza nucleare, Inghilterra e Francia hanno raggiunto un’accordo per “proteggere l’Europa da qualsiasi minaccia estrema”. Si stima che i due Paesi abbiano nei propri arsenali circa 515 bombe nucleari: 290 testate Parigi, 225 Londra. Il presidente Macron ha firmato l’intesa ieri, dopo tre giorni di visita nella capitale inglese e al termine di un incontro bilaterale con il premier Starmer. L’accordo prevede che ogni arsenale resti sono il controllo nazionale, ma che possano essere coordinati in caso di necessità e di attacco esterno. 

Le tensioni e gli scontri sembrano crescere anche altrove. Sudan, Myanmar, Libia, Yemen sono ancora zone di guerra. In Africa si combatte anche in Nigeria. In settimana, alcuni attacchi non correlati, condotti da gruppi jihadisti nel nord-est e nel nord-ovest del Paese, hanno ucciso 28 persone. In Somalia, due importanti comandanti del gruppo terroristico al-Shabaab sono stati uccisi martedì, in un'operazione pianificata e condotta dall’esercito regolare. Si tratta di Ali Xabad e Mohamed Adow. Entrambi avevano un ruolo importante nell'organizzazione delle attività terroristiche in alcune regioni della Somalia. Poco distante, l’Etiopia ha annunciato che in settembre verrà inaugurata Gerd, la più grande diga d’Africa, che regolerà il flusso del Nilo. Attorno al progetto ci sono stati da sempre malumori e minacce da parte di Egitto e Sudan. Temono di restare senz’acqua. E alla paura potrebbero rispondere con la guerra.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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